«Ci siamo accorti dell’esistenza di un diritto ad avere diritti solo quando sono comparsi milioni di individui che lo avevano perso e non potevano riacquistarlo a causa della nuova organizzazione globale del mondo. Questa sventura non derivava dai noti mali della mancanza di civiltà, dell’arretratezza e della tirannide; e non le si poteva porre rimedio perché non c’erano più sulla terra luoghi da “civilizzare”, perché, volere o no, vivevamo ormai realmente in un “unico mondo”. Solo perché l’umanità era completamente organizzata la perdita della patria e dello status politico poteva identificarsi con l’espulsione dall’umanità stessa.»
Le origini del totalitarismo, Hannah Arendt
Nel 2020, allo scoppiare della pandemia, la compagnia ErosAntEros, fondata da Davide Sacco, regista e music designer, e Agata Tomšič, attrice e dramaturg, si apprestava a festeggiare i suoi dieci anni di attività. L’occasione per riprendere il filo dei festeggiamenti e tornare nei teatri si riapre con Continuons le combat: un approfondimento speciale ospitato a Bologna, a cura di Marco De Marinis e organizzato da La Soffitta – Centro di promozione teatrale del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, in collaborazione con ERT / Teatro Nazionale. Tuttavia dal debutto di Sconcerto per i diritti avvenuto due anni fa, il tema non ha assolutamente perso attualità, anzi ha acquistato ancora più urgenza e necessità.
Per capire che tipo di approccio abbia la compagnia ErosAntEros, basti sapere che «porta avanti una poetica che si interroga sul presente, coniugando l’indagine su contenuti politicamente impegnati con una ricerca formale che oscilla tra finzione e realtà, tra passato e presente, per proiettarsi verso il domani». In particolare, negli ultimi anni, ha sviluppato un percorso attorno al tema dei diritti umani, delle migrazioni e delle rivoluzioni di cui il seguente lavoro è traccia. La compagnia si è inoltre sempre distinta per alcune delle sue pratiche che troviamo di nuovo in atto anche in Sconcerto per i diritti: la composizione atlantica, la lettura musicale del testo e il montaggio di diversi linguaggi scenici. In quest’occasione, al centro dello spettacolo Sconcerto per i diritti, c’è la tutela dei diritti fondamentali all’interno delle democrazie contemporanee europee.
A volte ci si lascia anestetizzare dalla portata dirompente di alcuni dispositivi giuridici di cui siamo premuniti. Le leggi sono pervase da una fissità che tendiamo a mandare a memoria meccanicamente, le richiamiamo in momenti di disperazione per invocare giustizia, non c’è tempo di soffermarsi sul potere retorico e poetico di certi messaggi. E invece, sul palco del DAMSLab del Dipartimento delle Arti di Bologna, le due attrici Agata Tomšič ed Emanuela Villagrossi hanno dato voce alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, mettendo in scena luci e ombre del repertorio giuridico alla base del comune accordo che gli stati membri si sono dati.
Non è facile capire quale sia il mondo da cui le due figure protagoniste di Sconcerto per i diritti provengano: entrambe le figure sembrano aliene sacerdotesse di un messaggio più umano che mai. Hanno casacche scure, dal taglio geometrico e asettico, guanti e stivali argentei da classico repertorio fantascientifico e una visiera che copre il volto illuminato da una striscia blu, che viene tolta nel momento in cui si apprestano a recitare gli articoli ponendo uno sguardo severo sul pubblico. Le vediamo interrogarsi su concetti quali Dignità, Libertà, Uguaglianza, Solidarietà, Cittadinanza, Giustizia, fedeli alla scaletta dettata dai titoli della Carta dei diritti. Le sentiamo andare in cerca di tracce di questi diritti nel nostro presente, trovando purtroppo dei risultati sconcertanti.
Il movimento sul palco di Sconcerto per i diritti si ambienta tra il gelo di lastre d’acciaio, forse navicelle spaziali o porte di passaggio, probabili ponti tra la dimensione misteriosa da cui provengono e la nostra. È proprio su queste lamiere elettrificate che si colloca un altro prodigio scenico: i colpi che le attrici assestano alle lastre vengono rielaborati dal vivo da Davide Sacco, divenendo strumenti per un’ambientazione sonora da cui scaturiscono rombi e scariche metalliche inflitte col vigore delle note della Nona Sinfonia di Beethoven. Ed è qui che quindi la sinfonia si incastra con i suoni metallici e subito la memoria sonora ci riporta alle immagini di miniere e acciaierie, fondamento dell’economia dell’Unione europea, nonché sua ragione di nascita, ai tempi di quella che fu la Ceca, Comunità europea del carbone e dell’acciaio.
Che cosa resta dell’Inno alla gioia, del suo appellarsi all’uguaglianza e alla rappresentanza tra i popoli? Che cos’è un diritto? Come viene tutelato? In che modo l’individuo entra in relazione con i limiti giuridici e politici con cui è organizzata la nostra società? Durante la visione di Sconcerto per i diritti, sono queste le domande che si aggiungono alle parole, ai suoni e ai video che si fondono costantemente sul palco. Si crea così un gioco di voci che possono essere stridule o roboanti, che usano come note i versi della Carta, le singole parole, sottolineando con accenti diversi l’aspetto straniante di parole come diritti, dignità, rispetto e giustizia nel distacco tra l’intento degli estensori della carta e il dato di realtà dell’Europa di oggi.
Oltre all’aspetto sonoro, che domina questo concerto anomalo e alienante, un altro tassello fondamentale sono infatti i disegni dell’artista-attivista Gianluca Costantini, premio “Arte e diritti umani” Amnesty International Italia 2019. Le opere di Costantini, che da anni denuncia con i suoi lavori le aberrazioni della nostra èra, sono proiettate sulle lastre, assieme a immagini di realtà e un vasto repertorio documentario, per svelare quanto i diritti dichiarati dalle nostre democrazie siano ancora ben lontani dall’essere davvero messi in atto: è qui che l’attualità e la cronaca irrompe nello spazio asettico del palco, mostrandoci volti di episodi tristemente noti come gli sbarchi e i naufragi nel Mediterraneo, il volto di Giulio Regeni, l’abbraccio di Ilaria Cucchi col fratello, immagini di lavoratori che lottano per i propri diritti sindacali e così via.
Assieme alla dirompente attualità data dell’armamentario di immagini e video sugli schermi, si nota anche un repertorio classico che a volte emerge nelle declamazioni delle due attrici, come ad esempio quando entrambe recitano la scena del naufragio di Enea sulle coste africane, riprendendo il passo virgiliano in cui, al contrario, è l’eroe occidentale ad arrancare per trovare salvezza sulla riva e a chiedere aiuto e ospitalità alla sponda opposta. Così come il famoso motto terenziano Homo sum, humani nihil a me alienum puto richiama un’antichità greco-romana la cui eredità sembra essere andata perduta, misurando lo scarto che su questo piano ci divide dalla società e dalla cultura antica.
Per chi volesse seguire la compagnia nella tournée, nel gennaio e febbraio 2022 a Genova e Lussemburgo, porterà in scena, con una nuova coproduzione internazionale e multilingua sulla storia dell’Unione europea, le migrazioni del passato, l’emergenza climatica e il futuro dell’umanità.
Crediti fotografici
Immagini di Filippo Manzini e Donato Aquaro