Parrucca bionda, enormi occhiali a coprire il viso, genere indefinito: JT LeRoy è una delle invenzioni più belle dei primi anni del Duemila e anche – e forse proprio per questo – la più grande truffa letteraria di sempre.
Prima di Instagram, prima di restare ore a spiare le vite degli altri (star, vicine di casa, ex fidanzati, poco importa) abbiamo divorato i suoi libri credendoli autobiografici e spiato sui giornali le rare apparizioni pubbliche, in quelle foto accanto alle star e chiedendoci: avrà davvero baciato Michael Pitt in un parcheggio? Solo che JT LeRoy non esiste, è la proiezione di una donna adulta, Laura Albert, scrittrice con un passato complesso, rifiutata dalle case editrici finché non si inventa un alter ego più giovane, carismatico e con tanto di avatar. Laura Albert ha messo in scena uno spettacolo incredibile, costringendo lettrici e lettori a porsi una domanda: che cos’è la finzione? Se – letteralmente – è ciò che si crea con l’immaginazione, non è ciò che facciamo ogni giorno fingendo, simulando, inventando vite diverse da raccontare sui social? Non è quello che fa ogni scrittrice o scrittore? Un anno fa sembrava che la letteratura non potesse prescindere dall’auto-fiction, oggi viene da chiedersi che differenza ci sia tra un autore che presta il proprio nome al protagonista del romanzo e uno che si inventa un personaggio a cui prestare la propria vita. Il confine tra realtà e immaginazione è sottile e la bellezza della letteratura è poterci ballare sopra, rimaneggiare la materia, creare nuovi mondi, portare il lettore fuori dalla comfort zone.
L’invenzione di JT LeRoy
Torniamo a JT LeRoy. Secondo la leggenda, Jeremiah LeRoy nasce nel 1980 in un paesino della Virginia occidentale da una madre 15enne, Sarah, che ne perde la custodia fino al compimento dei 18 anni, quando lo riprende con sé trascinandolo in un viaggio di degrado, droga, prostituzione, abusi, misticismo, bambini che fingono di essere bambine e vengono idolatrate come sante, ossa di pene di procione al collo come amuleto, parcheggi di roulotte, lumache come cuccioli di casa, candeggina che lava via i peccati. A 13 anni, abbandonato dalla madre, incontra Speedy e Astor (alcuni dei tanti alias di Laura Albert e Geoffrey Knoop), due musicisti falliti che lo accolgono. Su consiglio del terapista, Jeremiah inizia a scrivere la sua vita e i suoi racconti – firmati Terminator – arrivano al poeta e scrittore Dennis Cooper che lo trasforma in JT LeRoy. Il primo romanzo, Sarah (Fazi, traduzione di Martina Testa, ndr), diventa un cult e le star si contendono la sua amicizia: Winona Ryder, Bono Vox, Tom Waits, Carrie Fisher, Lou Reed, Courtney Love, Gus Van Sant che lo vuole trasformare in un film. Lunghe telefonate a sussurrare confidenze e ascoltare sogni infranti, desideri, paure – ve le immaginate sul divano mentre sorseggiano alcol e infusi detox, convinte di parlare con quel ragazzino che sembra una bambola mentre dall’altro lato del telefono c’è una donna adulta che camuffa la voce? – e uscite pubbliche sempre con parrucca bionda e occhiali, sguardo sfuggente e l’aria di sentirsi fuori luogo.
Asia Argento se ne innamora e porta il suo secondo romanzo, Ingannevole è il cuore più di ogni cosa (Fazi, traduzione Martina Testa, ndr), sul grande schermo, nel 2004. Finiscono a Cannes. Sua la regia e la parte della madre prostituta, nel cast anche Michael Pitt (qua la foto del bacio in un parcheggio, JT Leroy che come Cenerentola si innamora del principe?) Winona Ryder e Marilyn Manson. Il piccolo Jeremiah è interpretato da quel Jimmy Bennet che nel 2018 avrebbe poi accusato Asia Argento di molestie sessuali. Non il suo film più fortunato, diciamocelo. Due anni dopo, nel 2006, arrivano due inchieste del New York Times a infrangere ogni sogno: JT LeRoy non esiste. Non è polvere di stelle quella che in tanti credono di aver toccato, sono solo brillantini presi al discount. Come è possibile che splendessero allo stesso modo?
Una storia da film
JT LeRoy in realtà è Laura Albert e la persona che tutti hanno amato, abbracciato, baciato, fotografato è un avatar: Savannah Knoop, sorella del suo compagno. Se questo fosse un film – e lo diventerà – avremmo provato empatia per la donna che ha costruito il grande inganno, colei che sognava di fare la rockstar ma è finita a lavorare nei telefoni erotici, un passato reale di violenze, la cattiva abitudine di inventare altre se stesse nei colloqui telefonici con gli psicologi (da qui il consiglio: scrivi la tua storia per esorcizzarla), rifiutata dalle case editrici – perché donna? Nella realtà, niente applausi. Il telefono di Laura Albert/JT LeRoy non suona più. Nessun riconoscimento per la donna che ha osato farsi beffe dello star system. Dieci anni di oblio. Poi nel 2016 esce il documentario Author: The JT LeRoy Story di Jeff Feuerzeig, che presenta la sua versione e contiene parte dell’archivio personale: foto, diari, lettere e le registrazioni delle famose telefonate, dettagli che creano un certo malumore tra chi sperava che la storia venisse dimenticata. Due anni dopo, ecco il film: JT LeRoy di Justin Kelly, tratto dal libro di memorie Girl Boy Girl: How I became JT LeRoy di Savannah Knoop, la donna che per sei lunghi anni ne è stata l’avatar e che nella vita diventerà davvero una scrittrice che scrive di se stessa («Interpretare uno scrittore non fa di te una scrittrice» le dice Laura nel film, mai previsione fu meno azzeccata). Nel cast troviamo Kristen Stewart prima di diventare Lady Diana, che interpreta Savannah/JT LeRoy, Laura Dern nei panni di Laura Albert e anche un cameo di Courtney Love. Diane Kruger presta il volto all’attrice e regista Eva, personaggio (chiaramente) ispirato ad Asia Argento e alla sua relazione professionale, amicale e sentimentale – come sembra dalla ricostruzione di Savannah Knoop – con JT LeRoy. Il grande talento di Albert, manipolatrice, truffatrice, ingannatrice ma soprattutto scrittrice e autrice, viene riconosciuto da Hollywood, il luogo dove realtà e finzione si confondono sotto cieli di cartapesta. Dodici anni dopo che la truffa letteraria è stata svelata si torna (o continua?) a parlare di JT LeRoy, che da personaggio di un romanzo diventa protagonista di un film. Una vita finta per una vita vera. Instagram, invece, spietato, consegna ad Albert poco più di 5mila follower. Nessuna delle star amiche di JT LeRoy è tra questi. Lei appare sempre sorridente e sotto una foto commenta: tutti dovrebbero essere JT Leroy per 15 minuti.
Quello che resta di JT LeRoy
Quello che resta di JT LeRoy sono tre libri senza lieto fine, qualche scatto di quel ragazzo con parrucca bionda e cappello nero che sopravvivendo alla propria infanzia inizia a scrivere racconti la cui bellezza ci investe tutti, accecandoci, convincendoci che sia reale. «Racconto storie e a volte le bugie sono più vere della verità» dice Laura Albert in una battuta nel film JT LeRoy, e nulla ci suona più vero di questo.
Quando a vent’anni (solo due più di lui, eravamo coetanei) ho letto i suoi libri per la prima volta, a inizio Duemila, mi ha trascinata in un viaggio nel paese delle meraviglie ma in acido – JT era la mia Alice – e io sono rimasta affascinata da ogni parola ed emozione che usciva da quelle pagine. Come quando Sarah, folle e bellissima madre bambina, gli chiede di farsi colpire da un asteroide per propiziare il suo matrimonio e lui saltella nel prato, pieno di senso di colpa perché nessuna stella gli cade addosso. E come poteva? Era lui la stella. Parabola della vita: fare cose impossibili per meritare l’amore. Quel bambino che sarebbe stato idolatrato come una santa e che crescendo sarebbe diventato tossicodipendente, si sarebbe prostituito, sarebbe finito a casa di personaggi strampalati a offrire foglie di insalata a una piccola lumaca – ve la ricordate La fine di Harold? – che poi, inesorabilmente, sarebbe morta. Quel ragazzo avrebbe incontrato due musicisti spiantati, a New York, costruendo una nuova famiglia e scoprendo un grande talento: la scrittura. Dennis Cooper – vi ricordate? – lo avrebbe trasformato in uno scrittore e poi in una star. Come nei suoi libri, anche nella vita non c’è nessun happy end: la truffa viene scoperta, il trucco di magia svelato. JT LeRoy non esiste (e quindi non può morire) e resta lì, immobile nello spazio-tempo della sua breve esistenza letteraria, dove ancora possiamo ritrovarlo quando abbiamo voglia di meravigliarci insieme a lui del perché quei piccoli raggi di luce si prendano il disturbo di infilarsi in un’apertura così stretta.
In copertina:
Kristen Stewart plays a real-life literary fraud in JT LeRoy Allen Fraser/Universal Pictures