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Giustizia e libertà, due parole mai lontane da noi

In occasione del 25 Aprile, un’intervista alla partigiana Rosi Romelli, dalla Resistenza sui monti alle lotte per la libertà di oggi

“Dire le sensazioni di quei momenti… non ci sono parole. Per me, mia mamma e mio papà è stato tutto in quell’abbraccio nel giorno della Liberazione, che mai avremmo pensato di poterci dare.”
Rosina Romelli, per tutti Rosi, è nata nel 1929 a Rino di Sonico, in provincia di Brescia, e oggi ha 95 anni. Ha solo quattordici anni quando il padre Luigi detto Bigio, vicecomandante della 54ª Brigata Garibaldi in Val Malga, deve scappare sui monti e abbracciare la lotta: lei e la madre Pina decidono di seguirlo e di entrare nella Resistenza. Tutti e tre vengono arrestati nel dicembre 1944; Luigi rimarrà in carcere fino alla Liberazione e sarà barbaramente torturato, mentre le due donne verranno picchiate a lungo, ma non parleranno mai.

Nel giorno dell’80° anniversario del 25 Aprile, Limina incontra Rosi Romelli che, nell’intervista a cura di Stefano Malosso e il video montato da Silvano Richini, ripercorre la propria storia, dalla consapevolezza della ribellione al fascismo fino al giorno in cui scenderà per le strade a festeggiare la fine della dittatura e l’inizio di una nuova vita.
“Purtroppo in questo periodo ci sono guerre e sofferenze ovunque. Il mio ricordo di questa giornata della Liberazione va anche a chi le sta vivendo oggi, soffrendo quello che noi abbiamo sofferto ottant’anni fa. Giustizia e libertà sono due parole che non devono essere mai lontane dalla vita di ciascuno di noi”.

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