Per molti filosofi passatisti e irrazionalisti (sic!) – e conseguentemente per tutti coloro che si abbeverano alla fonte della loro saggezza – il mondo in cui viviamo è totalmente secolarizzato: la cara vecchia spiritualità non innerva più le vite degli esseri umani e, perciò, il nichilismo imperversa, soprattutto nell’orribile occidente.
Questo enorme e pomposo ‘era meglio prima’, coniugato a un disprezzo per la razionalità, impedisce di scorgere, però, l’estrema diffusione del pensiero magico nella nostra società. L’antimodernista (consapevole o no, poco conta) è ossessionato dalla modernità: la sua percezione è spesso turbata dallo spettro della società iper-tecnologica, antireligiosa e relativista; la vede sempre, dappertutto. Per questo, costui appare sempre vigile e i suoi occhi strabuzzano, quando si tratta di decretare la vittoria definitiva del pensiero illuminista e materialista. Però, forse, la realtà resiste ancora agli assilli, non del tutto disinteressati, di qualche buontempone: infatti, nonostante si pensi per lo più il contrario, la magia, come dicevamo, vive e sopravvive.

Già Theodor W. Adorno, nelle sue tesi contro l’occultismo, presenti in Minima Moralia, denuncia quello che definisce un «regresso della coscienza».
Tale involuzione, che si accompagna alla riviviscenza, ad esempio, dello spiritismo e dell’occultismo, non è, innanzitutto, un fatto eccezionale: si tratta più che altro di un fenomeno coessenziale all’esercizio del potere nelle società tardo-capitaliste. In effetti: «Quei piccoli sapienti e indovini che fanno gelare il sangue ai clienti davanti alla sfera di cristallo, sono modelli giocattolo o in miniatura dei grandi, che tengono nelle loro mani i destini dell’umanità».
Il mago è l’immagine riflessa del potente. Le due figure non sono antitetiche: l’una funge da simbolo dell’altra. Stabilito ciò, è possibile anche sgombrare il campo dal pregiudizio classista secondo cui il pensiero magico sia un retaggio subculturale che caratterizza gli strati più bassi della popolazione. L’occultismo è una delle manifestazioni del sentimento catastrofico che condiziona tutti i componenti della società. L’imminenza del disastro è avvertita da tutti, senza distinzioni di classe o gruppo di appartenenza. Non è un caso, quindi, che tutta la retorica occultista e autoritaria sia densa di immagini mortifere e apocalittiche. Il soggetto della società tardo-capitalista, completamente estraneo alla realtà oggettiva a causa del monopolio della cultura dello scambio, si esprime, per lo più, enfaticamente e tragicamente; è preda tanto della magia quanto del potere e, nell’esercizio del proprio mestiere di occultista tenebroso, lavora sempre: «con oggetti carichi di valore simbolico e con presagi funesti». Oggetti e presagi che dimorano in quella che Adorno chiama «metafisica degli stupidi», cioè l’occultismo stesso.

In questa presunta filosofia prima, risiede il carattere eminentemente pratico del pensiero magico. Nella divisione netta tra anima e corpo, ad esempio, e ancora di più, nella materializzazione dell’anima stessa, tramite il concetto di ‘corpo astrale’, l’occultismo dimostra di voler reificare e, quindi, gestire meccanicamente le manifestazioni dello spirito (o degli spiriti, sarebbe meglio dire).
Al pensiero magico attiene, in effetti, l’elaborazione di una serie di tecniche di controllo degli enti soprannaturali, la cui azione ha conseguenze, però, oltremodo domestiche o spudoratamente individualistiche: «Fin dai primi giorni dello spiritismo, l’aldilà non ha avuto da comunicare nulla di piú significativo dei saluti della nonna defunta e della previsione di un viaggio imminente».
Insomma, questi occultisti sono dei ‘realisti impenitenti’, impegnati ad agire su uno spettro di realtà che va «dalle stelle all’affare che si sta per concludere». Nulla a che vedere con la trasformazione reale della società. La quale si conserva proteggendo un pensiero ammaestrato del disastro, i cui sacerdoti laici sono i tenebrosi portatori di luce, i maghi potenti: occulti e visibilissimi.
In copertina: Hanna Höch, Eule mit lupe, 1945