Search
Close this search box.

Inventando un’idea di paradiso. Intervista a Joan Silber



Cresciuta in New Jersey, Joan Silber ha ricevuto il suo B.A. (n.d.r. bachelor of arts) dal Sarah Lawrence College, dove ha studiato scrittura con Grace Paley. Si è trasferita a New York dopo il college e da allora la Grande Mela è diventata la sua casa. Ha insegnato fiction writing al Sarah Lawrence College per molti anni e in altre prestigiose università come la Boston University e la New York University. Autrice di short fiction e di nove romanzi, tra i quali Un’idea di paradiso, il secondo titolo pubblicato in Italia dalla casa editrice 66thand2nd e tradotto da Emilia Benghi, che è stato finalista del National Book Award e dello Story Prize. In questo romanzo, con uno stile originale e sorprendente, i personaggi come Alice, Duncan, Gaspara Stampa, Liz, Peggy o Giles, si inseguono, capitolo dopo capitolo, le loro storie si incontrano e intrecciano intorno a sentimenti, scelte inevitabili, paradisi e insistenti risvolti del destino. Paola Zoppi ha realizzato per Limina un’intervista con Joan Silber, che inizia proprio dal romanzo Un’idea di paradiso.

paradiso

La sua scrittura è una spirale. Ruotando coglie, in ciascuno dei suoi personaggi, un frangente della loro vita che li mette in contatto, nel suo romanzo, il lettore si troverà dal primo all’ultimo capitolo ad avere a che fare con personaggi che condividono tra loro un pezzetto di vita. E Un’idea di paradiso, mi ha ricordato ciò che qualcuno sostiene, ovvero il fatto che tutti noi, nel mondo, in realtà siamo collegati. Crede in questa possibilità?
Un’idea di paradiso, pubblicato nel 2004, è stato il primo libro che ho scritto in questa forma, e da allora l’ho usata per quattro libri. L’idea di scrivere i capitoli come sequenze collegate è nata dal mio desiderio di utilizzare Duncan, che è un cattivo insegnante di danza nella prima storia, come punto di vista per la storia successiva. C’è una meravigliosa citazione dello scrittore John Berger: “Mai più una singola storia sarà raccontata come se fosse l’unica”. E cito spesso mia madre che diceva (come sono solite fare le madri): “Non sei l’unico sassolino sulla spiaggia”. Ora sono interessata a tutta quella spiaggia, ad avere una visuale più ampia possibile. Quindi la forma che ho scelto, mi permette di usare scene intime (ciò che naturalmente preferisco) mentre lavoro a una tela più grande. Mi piace vedere che sono in grado di creare legami tra parti di storia molto lunghe e mi è piaciuto il tuo riferimento alla mia scrittura come a una spirale, perché sottolinea il modo in cui personaggi o elementi dei capitoli precedenti, apparentemente dimenticati , compaiono nuovamente. Ero felice quando ho visto che mi sarebbe sembrato naturale farlo. Nel 2023, sembra ogni giorno più chiaro che siamo tutti connessi, che lo vogliamo o no. I buddisti hanno la metafora della rete di Indra: il gioiello in ogni nodo riflette tutti gli altri gioielli. E come hanno da tempo sottolineato le persone che mettono in guardia sui cambiamenti climatici, non esiste un pianeta B. Ora più che mai la rete di connessione è evidente.

In Ceneri d’amore, lei scrive: «Io avevo bisogno di altro. Volevo che le esperienze mi cambiassero per sempre, volevo tornare con gli occhi accesi di visioni. Ma cosa intendevo fare nella vita? Probabilmente mi pensavo, in futuro, padrone di una ricchezza non monetizzabile». La nascita di un figlio, per i protagonisti, è l’evento che azzera le loro esistenze. Entrambi, in modo diverso, si trovano a ripartire da zero, anche sentimentalmente. Il cambiamento per lei è ciò che da un senso o il fine da raggiungere?
In Ceneri d’amore, il protagonista parla di ciò che vuole trarre dall’esperienza del viaggio. Vuole sentire il cambiamento, vedendo cose straordinarie. Quando la sua lunga relazione con l’incurante Peggy, li porta alla nascita del loro figlio, Eli, è abbastanza sobrio per gran parte di ciò che gli accade. In questa storia, ero interessata a come il naufragio del loro amore abbia un effetto a lungo termine sulla sua vita. Il cambiamento è inarrestabile in questa storia – Peggy spinge sempre contro le aspettative – ma i suoi sentimenti hanno una costanza pura e ironica anche dopo la sua morte.

paradiso

Un’idea di paradiso è una ricerca personale. I suoi personaggi, in questa fase di ricerca di sé, usano il viaggio come strumento, fanno “dei luoghi la loro occupazione”: si rimettono in viaggio per rimettersi in discussione. Lei mette in luce come, in questa fase di attraversamento delle loro vite, anche l’identità è un aspetto in fase di elaborazione; uno dei suoi personaggi si chiede: «chi avevo davanti?», riferendosi all’altro e anche a se stesso. Che significato attribuisce alla parola “diversità”?
Il titolo in italiano, Un’idea di paradiso, è un po’ diverso dall’originale inglese, Ideas of Heaven. Volevo sottolineare i modi in cui il desiderio romantico e il desiderio religioso si assomigliano e riempiono le lacune l’uno dell’altro: forme di devozione, forme di consolazione. Ho cercato di inserire un cast di personaggi il cui amore porta loro destini complicati: dal cinico Duncan, con il suo amore non corrisposto per un uomo più giovane, a Gaspara Stampa, grande poetessa rinascimentale veneziana di canzoni d’amore, a Liz, una missionaria del diciannovesimo secolo, moglie in Cina. Volevo “varietà”, che forse è una parola più letteraria che diversità.

Nel suo libro ci sono due personaggi letterari, Gaspara Stampa e Rainer Maria Rilke, due personaggi che sono sostegno per la struttura del romanzo, e sostegno per alcuni suoi personaggi. Qual è l’autore letterario che più le è stato di sostegno?
Due autori sono stati i miei supporti: Anton Čechov e Alice Munro. Ho letto Cechov quando ero giovane, ed ero particolarmente commossa dal modo in cui può alterare i nostri sentimenti nei confronti di personaggi antipatici (senza di lui non avrei potuto scrivere The High Road). Alice Munro mi ha fatto vedere la bellezza di una storia lunga e mi ha dato un’idea di come muovermi attraverso lunghi periodi di tempo. Per me è stato importante pensare come comprimere intere vite in spazi brevi.

Le donne che appartengono a Un’idea di paradiso sono donne ferite, a metà, sono donne che portano addosso una fragilità scomoda, fanno scelte controcorrente subendo le conseguenze in una società che non è ancora pronta a veder sovvertire i ruoli di sempre. Uno dei suoi personaggi dice: “avevo pensato molto a cosa fosse l’amore?”, perché è da questo sentimento che derivano molte fugacità della vita. Qual è l’idea di paradiso che auspica per le donne, oggi?
Tutti i personaggi principali di queste storie sono in qualche modo distrutti dall’amore. Anche Liz, la moglie missionaria, viene trascinata in una Cina allora pericolosa, dall’amore per suo marito Ben e dalla convinzione religiosa. Mi sono prefissata di avere personaggi maschili che soffrono anche per amore, dal struggente Duncan all’amante dell’impossibile Peggy al vedovo Giles nell’ultima storia. All’inizio del libro, la poetessa Gaspara Stampa proclama che è sua gioia ardere d’amore anche se il suo amato non ha pietà, quindi la sua voce può sembrare mettere in risalto soprattutto i drammi delle donne. Ora siamo in un’era in cui alle donne vengono dati potenti argomenti per resistere, all’essere completamente coinvolte in ciò che vogliono gli uomini o interamente dipendenti dall’opinione maschile. La graziosa Alice della prima storia, che desidera ardentemente il glamour e l’ammirazione degli uomini, è una figura di un tempo passato. Come femminista da molti decenni, sono molto contenta di vedere quanto siano sorprendenti questi cambiamenti attuali. Ma nulla dell’amore sarà semplice.



In copertina: la copertina del romanzo Un’idea di paradiso, 66thand2nd

categorie
menu