Anni fa lessi da qualche parte che un marchio sudamericano aveva messo la faccia di Frida Kahlo sulle proprie confezioni di assorbenti. Che la notizia sia vera o che si tratti di una bufala in questo caso poco importa, perché è verosimile: l’immagine di Frida Kahlo nel corso degli ultimi quindici anni – in questa nostra èra della riproducibilità tecnica dopata – è diventata onnipresente. Ci sono spettacoli teatrali, negozi di abbigliamento, marchi, agenzie pubblicitarie, negozi Etsy che si richiamano più o meno esplicitamente a Frida Kahlo e all’immaginario che la circonda. Qualsiasi oggetto, prodotto, manufatto, accessorio salti alla mente, esiste una versione decorata con l’immagine della pittrice messicana, dei suoi quadri o, forse più spesso, con illustrazioni originali che la ritraggono o ne imitano lo stile iconico.
Di che cosa parliamo quando parliamo di stile a proposito di Frida Kahlo? Non solo di stile pittorico: una separazione tra artista e opera in questo caso è impossibile. Parte preponderante della produzione di Kahlo è costituita dai suoi celeberrimi autoritratti e anche nelle tele in cui l’artista non è presente, è frequente che al suo posto siano rappresentati i suoi abiti e i suoi oggetti, riconoscibilissimi, distintivi.
Rothko, Pollock, Fontana, Magritte: tutti riconoscono le loro opere, ma non tutti riconoscerebbero le loro facce. Invece il mondo intero subisce il fascino del volto di Frida Kahlo, tanto oggi quanto quand’era in vita, protagonista per esempio di una delle copertine di Vogue più celebri di tutti i tempi. Le acconciature, gli accessori e gli abiti svolgono un ruolo di primissimo piano nel rendere Frida Kahlo un’icona del Novecento. Proprio su questo si concentra la bellissima biografia illustrata a lei dedicata da Rachel Viné-Krupa, Un nastro intorno a una bomba. Una biografia tessile di Frida Kahlo, con i disegni di Maud Guély, la cui raffinata edizione italiana fa parte del prodigioso catalogo di WoM edizioni.
Il titolo riprende Breton, grande estimatore dell’opera di Kahlo e promotore del suo successo, che in occasione della prima personale dell’artista a New York scrisse nell’introduzione al catalogo:
«Non esiste arte più squisitamente femminile, nel senso che, per essere il più seducente possibile, si presta volentieri a farsi di volta in volta assolutamente la più pura e assolutamente la più perniciosa. L’arte di Frida Kahlo de Rivera è un nastro intorno a una bomba.»
A quanto pare tra i talenti di Breton possiamo annoverare anche quello per il copywriting. L’immagine del nastro intorno alla bomba rappresenta alla perfezione l’opera di un’artista che ha raffigurato nei suoi quadri il dolore dell’infermità e della malattia, la maternità desiderata e interrotta, il tradimento e il mal d’amore, la lotta politica, ma lo ha fatto disegnandoci intorno piante, fiori, foglie, animali, abiti coloratissimi, elaborate acconciature, appunto come un bel nastro attorno alla sua arte esplosiva.
Mentre ci troviamo al tramonto della quarta ondata femminista ed è ancora incerto il verdetto dei posteri su quale impatto avrà su cultura e società, raccontare la vita di Frida Kahlo è complesso anche perché è innegabile la centralità che ebbe il suo rapporto con il marito, il pittore Diego Rivera. Sarebbe ingenuo romanticizzare un’unione nata con un forte squilibrio di potere – lui era molto più vecchio e già un artista affermato, lei era ancora solo una compagna geniale –, ma è un fatto che l’amore burrascoso e il sodalizio con Rivera influenzò profondissimamente Kahlo. Anche nell’abbigliamento:
«“Vi è stato un periodo”, confessa, “in cui mi vestivo da ragazzo, con i capelli rasati, i pantaloni, gli stivali e una giacca di pelle. Ma, quando andavo a trovare Diego, mettevo un costume da Tehuana”. Falsifica persino la propria genealogia affermando che la madre, nata in realtà a Città del Messico, fosse originaria di questa regione.
Se l’interesse di Frida Kahlo per gli abiti dei Tehuana coincide col suo incontro con Diego Rivera, è solo durante il suo primo soggiorno negli Stati Uniti che comincia a indossarli regolarmente.»
Non si tratta solo di una strategia di seduzione o di un tentativo di compiacere l’amato. Nel saggio finale Il mio abito sono io, che segue la biografia, Viné-Krupa spiega come l’evoluzione dell’abbigliamento e dello stile personale di Frida Kahlo sia stata espressione della sua identità e specchio delle sue posizioni politiche e ideologiche. Nata da padre immigrato tedesco e da madre messicana (ma la nonna paterna era spagnola), Kahlo aveva preferito da ragazza abiti maschili e uno stile europeo, affascinata dalla filosofia e dai movimenti politici in atto nel vecchio continente. Anche nel ritrarsi aveva accentuato nelle prime tele i tratti più europei del suo viso, mentre in seguito sottolineerà i propri caratteri che si discostano maggiormente dal canone europeo, come il celeberrimo monociglio. L’incontro con Rivera era coinciso con la scoperta delle proprie radici messicane e con una maggiore consapevolezza delle dinamiche del colonialismo, e infatti la scelta di adottare un abbigliamento spiccatamente messicano si fa più decisa nel periodo che la pittrice trascorrerà negli Stati Uniti, stimolata dal desiderio di manifestare la sua diversità rispetto all’alta società newyorkese che frequentava, ma disprezzava.
«è l’abito delle donne dell’Istmo dei Tehuantepec, nello Stato di Oaxaca, a essere, dagli anni Trenta, tra i suoi preferiti. Questo costume tradizionale si compone di un huipil, una tunica smanicata dell’epoca preispanica confezionata da un singolo pezzo di cotone rettangolare, piegato in due metà e cucito ai lati per permettere il passaggio delle braccia. La trama della tela e la ricchezza dei ricami ne determinano l’originalità. Viene indossato insieme a una larga gonna lunga di mussola dai colori sgargianti ornata di fronzoli bianchi di un’altezza minima di ventotto centimetri.
Nel Messico postrivoluzionario indossare un costume tehuana denota una rivendicazione identitaria che abbraccia un fenomeno di ampiezza nazionale»
Le scelte di abbigliamento di Kahlo avevano un portato politico e identitario, ma non mancava un aspetto più emotivo: in corrispondenza dei suoi periodi più cupi e di allontanamento dal marito, la pittrice si ritrarrà spesso con i capelli corti e in abiti maschili. È celebre la frase che Kahlo disse all’amica fotografa Gisèle Freund, raccontando uno dei momenti più drammatici del suo rapporto con Rivera: «Durante la mia vita, sono stata vittima di due gravi incidenti. Il primo accadde quando un tramway mi investì; il secondo è Diego».
Per comprendere il peso di una simile dichiarazione bisogna conoscere la sfortunatissima storia della salute di Kahlo: la pittrice ha trascorso costretta a letto grandissima parte della sua vita, da bambina a causa della poliomielite e dai diciotto anni in poi a più riprese per lunghi periodi, in preda a dolori tremendi, per le complicazioni legate al primo dei due grandi incidenti della sua vita, quello del tram, che si scontrò con la corriera su cui viaggiava. Subirà negli anni innumerevoli interventi, fino all’amputazione di uno di piedi, e indosserà svariati busti ortopedici.
Kahlo si ritrarrà diverse volte anche con il busto, che decorava personalmente.
Frida Kahlo ha vissuto all’intersezione tra Vecchio e Nuovo Mondo, tra Nord e Sud, è stata una donna straordinariamente libera e indipendente per la sua epoca e le sue circostanze, è stata una persona queer ante litteram, un’artista impegnata politicamente, un’icona di stile, una persona disabile, una persona con problemi di dipendenza.
Questa figura raduna in sé talmente tanti nodi dell’esperienza umana che non sorprende la fascinazione del mondo nei suoi confronti.
Il mercato editoriale è ricchissimo di prodotti incentrati su Frida Kahlo: biografie, epistolari, libri d’arte, graphic novel, illustrati per bambini e non; niente di più facile che percepire un tema o un personaggio come inflazionati, banalizzati dalla saturazione di contenuti, sempre più difficile riuscire ad aggiungere un contributo pregnante a un discorso molto frequentato e proporre un taglio, una prospettiva, ma la collaborazione tra Viné-Krupa e Guély ci riesce. La selezione di WoM si conferma impeccabile nell’individuare libri preziosi, dall’eleganza insolita. Oltre a fornire una biografia essenziale, ma completa, che realizza un’ottima sintesi di una ricca bibliografia lasciando spesso che a raccontare Frida siano le sue lettere e le testimonianze di chi l’ha conosciuta, Un nastro intorno a una bomba cattura l’aspetto che ha reso Frida Kahlo non solo una figura di primo piano del Novecento, ma un simbolo, un’icona, un marchio, un’immagine virale: i suoi abiti, oltre le tendenze eppure grandissima moda, il paradosso di qualcosa di estremamente personale e specifico in cui però tutti si riconoscono.