«Immagina che lui non sarebbe lì se suo padre fosse ancora vivo. Il 27 marzo 1977 suo padre era sull’aereo sbagliato. Aereo sbagliato precipitato sull’isola sbagliata […] Lui non era ancora nato, può darsi che suo padre non sapesse nemmeno che lui sarebbe venuto al mondo».
Nel 1977, a causa di un disastro aereo a Tenerife, un uomo perde la vita, non venendo a conoscenza del figlio, Simon, che sarebbe nato molto dopo la sua morte. In Quelli che restano, romanzo di Gerbrand Bakker (Iperborea, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo), i due personaggi sembrano essere destinati a non incontrarsi mai. Come si può pensare, infatti, di ritrovare il proprio padre sapendo che ormai non c’è più?
A tutto ciò, si aggiunge la presenza di una madre che, a seguito della morte del marito, ha cercato in ogni modo di eliminare i ricordi, di sviare i discorsi del figlio. Nonostante questo, una un parte lei cerca di occupare le sue giornate, dedicando la sua vita al volontariato; dall’altra c’è Simon: un parrucchiere che accoglie pochi clienti al giorno, che abita sopra il suo salone.
Tuttavia c’è una cosa che lega Simon e il padre: la stessa passione che li ha portati a svolgere lo stesso mestiere. Una passione che unisce due persone che non si conoscono e molto probabilmente mai si incontreranno.
Tema cardine di Quelli che restano è la perdita e il dolore che ne deriva: Simon, in realtà, non conserva alcun ricordo con e del padre. Non ha vissuto nulla con lui e nessuno gliene ha mai parlato. L’unica cosa che conosce è la data e la causa della sua morte. Dalla perdita derivano una serie di domande, come accade nelle prime pagine. Ci si domanda come sarebbe stata la nostra vita se ci fosse stata ancora quella persona accanto a noi. Ci si arrabbia con il destino, con il caso, che ha fatto sì che quella persona fosse sull’aereo sbagliato, precipitando sull’isola sbagliata. La perdita porta il tormento ed è ciò che ha permesso a Simon di rincorrere la storia di suo padre.
Simon riceve due aiuti: il nonno e uno scrittore che entra nel suo salone. Questo cliente, un po’ bizzarro, decide di trascorrere alcuni momenti della giornata seduto alla poltrona dello studio di Simon: dapprima vorrà raccontare il mestiere del parrucchiere, fin quando non si appassiona alla storia del padre di Simon fino a volerla raccontare. Bakker racconta la storia di un’assenza, sui rapporti familiari, ma anche sulla solitudine. Simon non è solo alla ricerca della figura paterna, ma sembra quasi essere alla ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi, anche fisicamente, come un corpo.
Questo è ciò che prova quando si trova dinanzi a sé il corpo di Igor, ragazzo con disabilità intellettive che assiste in piscina assieme alla madre. E qui appare anche il tormento perché quel corpo non potrà mai toccarlo. Bakker analizza dunque ciò che si prova veramente quando si ha un forte desiderio che si trasforma in tormento. Così sembra tutto sfumare nella sua vita. Non può toccare nessun corpo a sé caro, seppur il suo mestiere lo porti a un contatto estremamente fisico con la gente. Nel romanzo di Bakker sembrano crearsi due storie che si legano: per Simon, alla fine, cercare il padre si intreccia con il desiderio di liberarsi dalla solitudine, trovare il proprio io.
Parallelamente, Simon deve ricostruire la vita di quel padre creduto morto. Si parte dal momento in cui aveva intrapreso quel viaggio, e dal peso del caso, che assume in tutta la storia un ruolo notevole. Si riesce a dare un nome e a ritrovarlo dopo quarant’anni come un uomo a cui piove addosso la verità sulla sua esistenza: per alcuni sei morto, hai ancora un padre vivo, una moglie e un figlio che non sapevi neppure di aver generato.
Infine, sul volume di Bakker aleggia il tema della famiglia, un legame che viene unito dal sangue ma anche da passioni e tradizioni che si susseguono nelle generazioni. Come accennato sopra, seppur alcuni membri non si conosceranno mai, lo scrittore olandese fa in modo che nei rispettivi saloni quelle persone possano unirsi, e che lo facciano con le forbici in mano.
Un’unione che avviene attraverso uno strumento che, invece, avrebbe il compito di tagliare le cose.