«Non ti sembra un segno» gli chiedevo ogni volta.
«Un segno di cosa?».
«Un indizio, qualcosa che ti dice di non partire».
Cristian non rispondeva mai, aveva imparato a cambiare discorso, mi guardava come se i fatti del mondo con noi non c’entrassero niente.
Il mondo di Ludovica, protagonista di Sola andata (NNeditore, 2022), nasconde teoremi da decifrare, postulati da scrivere e riscrivere su un quaderno per trovare la chiave universale e soprattutto personale di questa vita così complessa. Vent’anni e un appartamento comprato con Cristian, in un quartiere romano che chiamano “il cantiere” perché ancora da terminare e definire, proprio come le loro vite; i due condividono una quotidianità apparentemente normale che li inghiotte fin quando lui non deve trasferirsi per lavoro a Londra e Ludovica rimane da sola, con la gattina cieca Ombra trovata per caso, o forse no. A vagare “al buio” nelle stanze di quella casa comprata in due adesso non è più solo Ombra: entrambe vivono senza vedere davvero, nell’attesa del ricongiungimento. Ogni aereo preso rappresenta l’illusione di colmare la distanza emotiva insieme a quella fisica, la necessità di sovrapporre i propri desideri a quelli dell’altro per fare in modo che tutto vada bene. Ludovica crede di poter ritrovarsi soltanto là dove sta colui che ama, e in nessun altro posto.
«La casa era un deserto quadrato. Gli oggetti restavano ad aspettarmi sorvegliati dal grande orologio rosso appeso al muro della cucina, e nel frattempo mi pareva che si tramutassero in qualcosa di diverso, che non avrei più potuto toccare. Come se a ogni partenza mi fossi spostata da quella che ero, e poi fossi tornata sdoppiata di qualche millimetro, non più sovrapponibile alla versione precedente.»
La protagonista ha una percezione alterata di ciò che la circonda, il suo sguardo filtra ogni cosa: la realtà che propone al lettore è snaturata dai suoi stati d’animo. Infatti, nel corso della narrazione sembra allontanarsi sempre di più dal personaggio che era all’inizio: cambia città, trova un lavoro che all’apparenza niente ha a che fare con il suo modo di essere, muta ma resta comunque ancorata al nucleo perduto, a Ombra e Cristian com’erano prima, a loro tre insieme. Cerca nel mondo circostante la chiave, il segreto da rubare per vivere bene ma continua a non riconoscersi, prova continuamente a rimodulare per trovare la combinazione perfetta e lo fa aggrappandosi alle sue convinzioni, a quei segni a cui affida la sua felicità.
«Un grattacielo era andato a fuoco a North Kensington, l’incendio aveva prima invaso la cucina di un appartamento e solo dopo dagli infissi si era diffuso ai rivestimenti d’alluminio, (…) Quel grattacielo avrebbe potuto essere il nostro, le loro forme erano sovrapponibili, continuavo a sentirmi in colpa perché non era capitato a noi.»
La Londra che viene raccontata non è stereotipata, non riflette l’immaginario comune della città ma ha un volto che solo Ludovica conosce perché legato a ciò che lei prova, a quelle forme sovrapponibili che ritrova ovunque facendo diventare la storia degli altri la sua storia. Questi giochi di specchi hanno spazio e vita fin quando qualcosa non si spezza, e la realtà così com’è spiegata nei suoi quaderni si rivela una costruzione, un luogo vuoto che non esiste e che ha tagliato fuori tutto il resto. Non ci sono certezze, leggi da indagare ma soltanto vestiti di cui liberarsi e un fischio.
Così Claudia Bruno racconta cosa significa diventare adulti aggrappandosi a qualcun altro per paura di restare soli, ma anche come può succedere di perdersi durante il viaggio fino a non conoscere più la destinazione. L’autrice scrive una storia dai contorni labili che può essere compresa completamente solo alla fine: la conclusione della vicenda permette al lettore di porre nella giusta prospettiva ciò che ha letto, e comprendere, per esempio, anche alcune scelte stilistiche. Nelle prime pagine, il tono melodrammatico di alcune frasi e soprattutto descrizioni sembra fuori luogo e inadeguato rispetto a ciò che Ludovica sta raccontando, ma poi tutto assume il giusto significato quando si viene tirati a poco a poco dentro a questa spirale di incertezze e riflessioni: un biglietto di sola andata per l’età adulta.
In copertina ritratto di Claudia Bruno