La memoria più importante consegnataci da Chiara Frugoni è il suo modo di esercitare la memoria. Mancata il 9 aprile, la grande studiosa ci ha insegnato a studiare la Storia con rigore e curiosità. Erede e protagonista della concezione e direzione di ricerca avviata dagli Annales, ha indagato il Medioevo ricostruendo vite e mentalità degli uomini che lo hanno abitato: anzi, di uomini, donne e bambini, nella loro concretissima esistenza entro specifici contesti ambientali, sociali, materiali e immateriali. La sua Storia è dunque un coro di piccole storie vivaci e vive poiché intessute di problemi e soluzioni che ancora ci riguardano. Frugoni ci ha accompagnato nelle cucine o nello scriptorium, in viaggio o entro le città; ci ha descritto i giochi dei piccoli e il lavoro dei grandi, le relazioni famigliari e gli scontri sociali, il nascere e il morire, la paura della guerra e della malattia (argomenti quanto mai attuali), la concezione dello spazio e del tempo, l’invenzione dei bottoni o del Purgatorio.
Per ricostruire i vissuti medievali, si è avvalsa di uno sguardo insieme ampio e attento ai margini e ai dettagli, intrecciando ambiti disciplinari e fonti di diversa tipologia: soprattutto immagini. Elevandole alla dignità di testimonianza (capace di comunicare, ben oltre il contenuto dichiarato, informazioni dirette o indirette non altrimenti reperibili) Frugoni si è fatta acutissima osservatrice d’arte, intesa nell’accezione medievale di messaggio visivo: considerandone pertanto il funzionamento espressivo a prescindere dai valori estetici e stilistici e includendovi le esperienze minori e periferiche. L’approccio iconografico e antropologico, da storica e non da storica dell’arte, ha illuminato anche gli storici dell’arte, cui ha consegnato analisi acute ed esemplari cogliendo e svelando aspetti altrimenti oscuri. Così, per esempio, per i sandali raffigurati ai piedi di san Francesco, testimoni di un programmato falso storico denso di significati e conseguenze; per gli episodi di Genesi scolpiti da Wiligelmo nella cattedrale di San Gimignano, che certo illustravano ai modenesi il racconto biblico ma (sorta di intervento contro l’evasione fiscale) li invitata anche a pagare la decima; per una significativa ‘censura’ che Enrico degli Scrovegni richiese a Giotto, negli affreschi della sua cappella padovana.
Frugoni ci ha inoltre fornito alcuni ‘traduttori’ iconografici: tra questi, La voce delle immagini. Pillole iconografiche dal Medioevo insegna a interpretare gesti, abiti, colori, disposizione e relazioni spaziali, restituendo loro l’originaria funzione di parola figurata.
Il fondamentale ruolo delle immagini e l’attenzione alle vicende degli uomini sono palesati nei titoli di altri volumi: Una lontana città. Sentimenti e immagini nel Medioevo; Medioevo. Storia di voci, racconto di immagini (con A. Barbero); Francesco e l’invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e a Giotto.
Temi centrali della ricerca di Frugoni sono stati la figura e la memoria di san Francesco d’Assisi. Proprio le indagini iconografiche, nel confronto con le fonti scritte e in relazione ai contesti, hanno fornito importanti indizi per risalire al santo ‘vero’. La Tavola Bardi in Santa Croce a Firenze fu oggetto di un agile volume dal titolo significativo: Francesco. Un’altra Storia. Il successivo Vita di un uomo. Francesco d’Assisi restituì appunto l’uomo Francesco, profondamente diverso da quello inarrivabile costruito nei secoli e offerto ancor oggi in immagini melense e stereotipate: “storia di un uomo miracoloso – osservava Le Goff nell’introduzione – questo piccolo libro somiglia a un miracolo”.
Il monumentale Quale Francesco? Il messaggio nascosto negli affreschi della Basilica superiore di Assisi, indagò il programma iconografico della chiesa dimostrando come il ciclo francescano attribuito a Giotto sia stato espressione e manifesto di strumentale revisione agiografica. Frugoni ha dedicato al santo altri saggi, diventandone la più autorevole studiosa a livello internazionale. Chi conosce il suo Francesco preferisce il film di Liliana Cavani a quello di Franco Zeffirelli e ha riposto grandi speranze nel nome scelto da papa Bergoglio, primo Francesco dopo quasi ottocento anni.
Pur essendosi occupata prevalentemente del Medioevo minore, Frugoni ha studiato altre figure importanti, sempre tuttavia traducendo il personaggio in persona. Così per Chiara d’Assisi, cui ha restituito lo spessore della realtà, oppure per le protagoniste di Donne medievali, sole, indomite, avventurose, pubblicato nel 2021. Estrapolate dall’aura storica, Radegonda di Poitiers, Christine de Pizan e Matilde di Canossa vivono sentimenti femminili e, con grande determinazione, affrontano pregiudizi e difficoltà. Non meno viva è la poco nota ma modernissima Margherita Datini, di cui Frugoni rievoca intelligenza e fragilità.
Grande studiosa di san Francesco, Frugoni era ‘francescana’ nella sensibile attenzione al prossimo (anche lontano), nel senso di giustizia, nella sobrietà e nell’umiltà, nella ‘letizia’ che la rendeva sorridente; ma anche nella disponibilità a condividere il proprio lavoro. Lo testimoniano l’impegno profuso nella divulgazione e le piccole attenzioni che riservava anche ai lettori e ascoltatori meno attrezzati, per esempio adottando un linguaggio semplice o traducendo dal latino eventuali citazioni. Illustre accademica (insegnò Storia Medievale presso le Università di Pisa, Roma e Parigi), autrice di fondamentali saggi specialistici, relatrice in convegni di livello internazionale, Frugoni ha licenziato manuali scolastici, libri per bambini, articoli per riviste e pubblicazioni di gradevolissima accessibilità; ha partecipato a trasmissioni radiofoniche e televisive, aderito a iniziative minori e periferiche e pubblicato per piccoli editori. Ha inoltre esercitato in forme e circostanze diverse un significativo volontariato culturale e preso pubblicamente posizione in difesa di beni e diritti comuni.
Era una persona chiara come il nome, luminosa nelle relazioni e illuminante nelle considerazioni. Ci lascia un ricco patrimonio di scritti e l’abbozzo di un libro che il Mulino pubblicherà postumo: un ultimo dono.