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Quando avevo un amante. Riscoprire la scrittura di Amalia Guglielminetti

Esistono – com’è naturale e com’è noto – molti libri che, pur meritori dal punto di vista culturale di tornare tra le mani dei lettori, restano stabilmente fuori catalogo perché la ristampa sembra comportare una scommessa economica troppo ardita. Papero Editore ha intrapreso un percorso di esplorazione di questo patrimonio rivolgendo una particolare attenzione a quelle che gli sembrano con certezza importanti scrittrici italiane del Novecento, le cui opere sono tuttavia da tempo trascurate. È nata così la collana “Sorelle d’Italia”, i cui primi due titoli, già in commercio, sono la raccolta di brevi racconti Basta poco per sentirsi soli (1986) di Grazia Cherchi, con prefazione di Benedetta Centovalli e postfazione di Giulia Tettamanti, e il primo romanzo di fantascienza mai pubblicato da una scrittrice nel nostro Paese, Una donna con tre anime (1918) di Rosa Rosà, con prefazione di Federica Sgaggio e postfazione di Elisabetta Paraboschi. Il terzo titolo, che andrà in stampa a fine giugno, è la raccolta di novelle Quando avevo un amante (1923) di Amalia Guglielminetti.
Questa volta ad accompagnare la riedizione sarà una premessa scritta appositamente da Ilaria Rossetti, che si pubblica qui in anteprima.
Per non strinarsi le penne (lo si è detto: non sono questi libri destinati a scalare le classifiche, nonostante la qualità), Papero Editore suggerisce di pre-acquistare la propria copia a questo link.

Gabriele Dadati

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Amalia Guglielminetti, la scrittrice

L’elemento biografico di Amalia Guglielminetti – è evidente a chi già la conosce o a chi ha comunque investito il proprio tempo per studiarne la figura e la ricezione – sembra predominare sulla sua eredità. È infatti la donna fatale, protagonista di tempestosi amori, l’amante di letterati al tempo famosissimi – Guido Gozzano e Pitigrilli –, la frequentatrice di mondanità e salotti. Ma è anche, e soprattutto, una poetessa: il maggiore riconoscimento letterario è destinato alla sua poesia, che fin dal primissima raccolta, Le vergini folli, nel 1907, fu accolta con clamorosi apprezzamenti. Scrive inoltre per il teatro e le novelle arrivano successivamente, dopo la morte di Gozzano, quando la Guglielminetti inizia a dedicarsi alla prosa. È infine una donna d’azione, che fino alla morte lotta per tenere la posizione nella società culturale italiana. Un mondo fortemente maschile e connotato, che le lascia poco spazio. Morirà nel 1941, a sessant’anni.
Quasi cent’anni dopo, la figura di Amalia Guglielminetti fatica ancora a trovare una sua indipendenza letteraria: nella bibliografia maggiore, lei è l’amante di Gozzano, negli anni vengono pubblicati e riletti i loro scambi epistolari, Amalia insomma continua a esistere come un prolungamento embrionale del grande poeta che ha amato. Eppure, è stata una scrittrice prolifica e riconosciuta. Indipendentemente dalla sua vita privata.
Ecco perché ripubblicare oggi Quando avevo un amante è la risposta etica e letteraria a un oblio collettivo che fa pagare ad Amalia Guglielminetti l’essere stata donna, e la donna di uomini di cultura. Ci viene data la possibilità di riscoprire, finalmente, la scrittrice: l’osservatrice acutissima di un tempo lontano e di debolezze umane che non hanno perso alcuna attualità; la poetessa che si reinventa in uno stile aereo, sempre in grado di raccontare con disincanto preciso e ironia l’ipocrisia delle aspettative sociali, i colori degli abiti, il fiorire smeraldo dei giardini, lo scricchiolare della carta da lettera. Questi racconti sono un inno alla leggerezza nella letteratura: quella che oggi definiremmo calviniana, quel “planare sulle cose dall’alto”; leggerezza pensosa, esattezza e un’irresistibile vivacità che rompono il muro tra il mondo non scritto e il mondo scritto.
Oltre ci sono le storie di Amalia Guglielminetti, ad aspettarci.

Guglielminetti

Mariti

Quando avevo un amante è pieno di mariti. Nelle quindici novelle che compongono la raccolta, c’è quello che dubita della fedeltà della propria consorte solo quando, interrotti i rapporti con l’amante da ormai quattro mesi, lei cerca conforto nelle amiche e nella vita mondana e allora sì che gli pare distratta e lontana («che cosa tremenda è l’ingratitudine degli uomini!»); ci sono mariti “che tornano dalla loro colazione d’affari” e mariti “al disopra, o al disotto, delle tentazioni”. C’è l’illustre professor Siffredi, “garbato, indulgente e mondano” e scaltrissimo quando si tratta di smascherare la tresca della moglie e il marito che, con pacatezza, impedisce alla consorte di confessargli il suo tradimento, perché dopotutto «chi ha mai chiesto la lealtà a una donna? La donna leale è un controsenso come teoria, come pratica un guaio». C’è il marito considerato un dongiovanni, un “seduttore diabolico” che forse però nasconde un’altra verità, e l’avvocato sospettoso, “disposto a qualunque strage” quando teme di trovarsi davanti alla prova dell’infedeltà di sua moglie. C’è anche un’idea di marito, alla quale questi uomini raramente corrispondono. Si tratta del marito “classico”: «Cercherei di coglierti in fallo, magari munito di una rivoltella o d’un commissario di Pubblica Sicurezza».
Uomini e donne che si amano e si detestano, legati dal vincolo del matrimonio, e che spesso si trovano a dividere l’esclusività del loro rapporto con persone terze: gli amanti.
Verrebbe da chiedersi se siamo nel 1920 o nel 2020.

Guglielminetti

Grottesche incoerenze

Ma Amalia Guglielminetti non sta dalla parte delle donne a prescindere. Le sue protagoniste sanno essere, al pari degli uomini, leali e innamorate, ingenue e manipolabili, ma anche furbe e calcolatrici. Del resto, come scrive: «La forza di dissimulazione è nelle donne meravigliosa». Questa parità tra i sessi è sostanziale e gli atteggiamenti non sono determinati dall’appartenenza al genere, ma dal carattere e dalla fibra morale o immorale, dal contesto sociale, dai desideri e dalle frustrazioni. Le mogli tradiscono i mariti e i mariti tradiscono le mogli, i padri rubano le innamorate ai figli, gli uomini si fanno guidare nelle scelte dalla chiromanzia e la madri s’angosciano per il pedigree e l’animo artista dei pretendenti delle figlie, salvo celebrarli quando le aiutano a evitare una figuraccia nell’ennesimo salotto mondano.
Il mondo che Amalia Guglielminetti evoca è quello del suo tempo: la borghesia, i giardini, le feste, la provincia e le grandi città; e naturalmente ci sono le case, vivide nei loro arredi tradizionali o modernissimi, con “colori sgargianti sotto le luci velate, mobiletti civettuoli cosparsi di ninnoli leggiadri”. In questi perimetri si gioca alla seduzione, che è spesso un meccanismo artificioso e teatrale: «La signorina Parlagreco imparò in poche settimane molte cose che le ragazze simili a lei di solito non sanno, come ad esempio i vari generi di corteggiamento che la mascolinità privilegia duranti i mesi invernali nelle grandi città, quelli che preferisce al mare e quelli che più giovano nelle stazioni termali, negli alberghi fastosi e nei treni di lusso». Poco romanticismo, se non per i personaggi più giovani, fanciulle infatuate o giovani soldati di ritorno a casa. L’amore accade soprattutto attraverso inganni, menzogne, tranelli. La vita quotidiana di tutti è dominata da apparenze fittizie e le aspettative comuni vengono rovesciate nel paradosso. Nessuno è mai veramente sé stesso. “Grottesche incoerenze” verso le quali, tuttavia, Amalia Guglielminetti dimostra una profonda comprensione: gli stereotipi e i codici sociali degli anni Venti vengono derisi con ironia sferzante, viene smontato parimenti con ferocia il conformismo (le amiche che si abbracciano “con tenere moine e adulazioni sapienti”) ma anche l’anticonformismo di maniera (lo “scrittore brillante” che, vantandosi di non poter scindere l’uomo e l’artista, si consuma in realtà di gelosia per un giovane avversario di conquiste). Tuttavia gli uomini e le donne sono perdonati: non c’è, nel modo più assoluto, giudizio morale.

Trattenere

Mentre leggo i racconti di Amalia Guglielminetti contenuti in questa raccolta, il mondo intero – e in particolare l’Italia – è paralizzato dalla più grande pandemia dal 1918. Trattengo, dalle loro pagine, il divertimento intelligente che mi hanno donato. La leggerezza. La sensibilità disarmante della Guglielminetti, che cent’anni fa sapeva raccontare di come le meschinità nascono dal dolore e forse, prima che aggredite, andrebbero comprese: «Aveva l’istinto demolitore degli uomini lungamente amareggiati da una triste vita».
Trattengo la dolcezza di questa immagine: due vecchi amanti si incontrano dopo anni, molto tempo è passato e per ritrovare il loro amore occorre risalire la corrente, mettere in pausa il presente e quel che si è diventati. La poetessa Guglielminetti non si smentisce: «Il vecchio artista e la matura signora si considerarono con quell’intensità tenera grave triste indagatrice con cui si guardano gli amanti d’un antico passato, avvicinati da una beffarda stranezza del caso».

Ilaria Rossetti

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