Sabato 10 ottobre sul Sagrato della Cattedrale di Ragusa per il Festival A Tutto Volume, il critico e scrittore Fabio Francione illustrerà, attraverso un curioso Lessico Artusiano, il ricettario – capolavoro di Pellegrino Artusi, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, a partire dall’edizione curata per La nave di Teseo in occasione del bicentenario della nascita del gastronomo romagnolo. Questo è il primo appuntamento con le celebrazioni artusiane che riguardano la nuova edizione della “Scienza in cucina” e a cui seguiranno gli incontri di Como (Parolario, 25 ottobre), Volterra (VolterraGusto, vincitore del Premio Jarro, 31 ottobre), Milano (BookCity, Cascina Cuccagna, 15 novembre), Bormio (doppio confronto Dante Artusi con Giulio Ferroni, 7 dicembre).
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Artusi 2.0
Una delle peculiarità della “Scienza in Cucina”, per mia comodità e del lettore abbrevierò il titolo, è stata quella di smaterializzarsi e reinventarsi nel flusso digitale della contemporaneità. Non vi è, infatti, blog, profilo o pagina di social media dedicata alla cucina che, in un modo o nell’altro, citandolo o meno, abbia come orizzonte stilistico le invenzioni artusiane. Ciò accade sia nel porre la ricetta pronta all’uso sia nel rendere le medesime visivamente appetibili. Pertanto nell’era dei social la cosiddetta ricetta parlata ha trovato una sua profondità di campo acquisendo le forme brevi dell’immagine in movimento e i contenuti drammaturgici propri del teatro.
Baffi
Di Pellegrino Artusi esiste solo un ritratto, per giunta solo fotografico. Lo stesso che correda le edizioni della “Scienza in cucina”, replicato anche sulla tomba di famiglia al Cimitero delle Porte Sante di Firenze. Ci sarebbe molto da dire sul perché di Artusi si ha solo questa immagine, in cui a spiccare sono i candidi favoriti che incorniciano il volto fondendosi con altrettanti bianchissimi mustacchi. Ipotesi ne ho tratte, supposizioni pure. Ma, lasciamo la questione per dire così avvolta nel mistero e solo quando si darà alle stampe il copioso epistolario se ne saprà di più. Comunque questo ritratto con i suoi baffoni, datato agli inizi del 1890 quando il nostro ha settant’anni, ci dice molto del personaggio e del suo stare da uomo del suo tempo nell’Italia umbertina e nell’Europa di fin de siecle del XIX secolo. Non accorgendosi però che nella testa albergava già quell’”Ottocento come noi” costruito letterariamente a posteriori da un critico finissimo come Luigi Baldacci che fu spinta, saltando a piè pari il secolo successivo, per le “meraviglie del Duemila”.
Cenerentola
Come la favola di Perrault, anche la storia della “Scienza in cucina” somiglia a quella della povera figlia di re ridotta a serva da una megera e dalle sue figlie. Ciò solo all’inizio. Poi si sa come è andata a finire e del paragone con Cenerentola è rimasto solo il celebre titolo posto ad incipit del libro. Inoltre, mi piace credere che la fiaba ad Artusi sia venuta a mente dopo averla letta nei “Racconti delle fate”, tradotta nel 1876 da un Collodi non ancora autore di Pinocchio, un libro che insieme ai manzoniani Promessi sposi ebbe molta parte in commedia nella rivalutazione del ricettario di Artusi all’inizio degli anni settanta del secolo scorso con l’uscita dell’Edizione Einaudi curata da Piero Camporesi.
Donne
Le Donne sono un capitolo a parte nella vita di Artusi. Importanti nella sua esistenza furono le figure della madre, Teresa Giunchi, di una servetta di casa per cui perse da giovane la testa, e per finire di una vedova che lo allieterà per moltissimi anni fino alla scomparsa. Citate più volte nella postuma ed incompiuta autobiografia contraddicono la vulgata che lo voleva scapolo impenitente. Quando a ben vedere le sue giornate erano scandite dalle occupazioni di una vera e propria famiglia allargata, formata dai suoi domestici: Marietta Sabatini, forse l’unica vera donna della sua vita, Francesco Ruffilli, cuoco tuttofare. E dai due gatti, Biancani e Sibillone, fin quando camparono. E in ultimo e per breve tempo da una nipote della Sabatini.
Edizioni
La fortuna di un libro si osserva anche dalle edizioni e ristampe che ha avuto e “La Scienza in cucina” ne ha avute tantissime da quando uscì nel 1891, a spese del suo autore. Non nuovo ad imprese del genere. Infatti, aveva già speso denari suoi – e pure sulla sua leggendaria parsimonia ci sarebbe molto da dire – per la pubblicazione di altri due libri che solleticavano le legittime velleità critico-letterarie. Dalla prima edizione che aveva 475 ricette alla quindicesima, l’ultima da lui curata in vita, ma uscita postuma nel 1911, che ne aveva 790, ma sostanzialmente rimasta invariata già da qualche edizione. Nel 1907, Artusi affrontò anche una vertenza giudiziaria con la Salani che si era permessa di piratare il libro. Per tutto il ‘900 fino ad oggi il libro è diventato uno dei grandi long-seller della letteratura e non solo di genere. Notevoli sono le edizioni Camporesi (Millenni, Einaudi, 1970), l’edizione critica di Alberto Capatti più volte ristampata e aggiornata in questi ultimi dieci anni e senza volermene lettore, desidero citare anche la mia che offre una prospettiva inedita del capolavoro artusiano.
Firenze
E’ la città che lo emancipa e gli dà fortuna e riconoscimento, molto più di Forlimpopoli (il lato oscuro della f del Lessico). Eppure, Artusi resterà per sempre legato alla Romagna e al suo borgo natio, vuoi per le terre che lì possedeva e che gli davano materie prime per le sue sperimentazioni culinarie, vuoi per il fatto che non poteva non dimenticare la scapestrata gioventù che lo accompagnò per tutta la vita. Nondimeno le violenze del Passatore, mai più dimenticato tanto da terrorizzarlo ancora in vecchiaia, che lo costrinse a trasferirsi con l’intera famiglia nel capoluogo toscano.
Guerrini
Olindo Guerrini fu l’amico, il suggeritore, il poeta – bibliotecario che diede il la alla fortuna della “Scienza in cucina” con il suo formidabile endorsement riportato da Artusi nel ricettario. Personaggio tutto da riscoprire, anche con i suoi pseudonimi, è il Lorenzo Stecchetti delle poesie come anche il suo “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”, ahilui, uscito postumo nel 1918.
Hashtag (#)
Il simbolo # contrassegna, per quanto sia ricorrente e diffuso sul web, i trend artusiani e i suoi succedanei.
Igiene
Firenze fu una delle capitali italiane della cultura e della scienza e bisogna ricordare che nell’Italia post-unitaria ci fu un impulso, proveniente da Oltrealpe, a studiare le trasformazioni di una società che, con le scoperte scientifiche e una industrializzazione incontrollata e fascinosamente rivoluzionaria, si andava squassando dalle sue certezze politiche, economiche e filosofiche. In questo incandescente crogiuolo emotivo vi sguazzava Paolo Mantegazza, singolare scienziato e scrittore, capace di affrontare qualsiasi argomento sia dalle aule universitarie e parlamentari sia nei salotti più pettegoli del Regno. Artusi gli fu amico e lo studioso lo ricambiò incoraggiandolo nella composizione del ricettario. L’intero capitolo sulle “norme igieniche” risente dell’influsso delle sue lezioni universitarie che il futuro gastronomo frequentava, standosene in disparte e nell’ultima fila.
Libri
Artusi se non era un bibliofilo poco ci mancava. Da autodidatta e dilettante delle lettere amava moltissimo i classici. Al pari dei libri di storia. Meno i romanzi. Curiosamente i libri di cucina enumerati nella sua biblioteca, oggi a visibile a Forlimpopoli, sono meno di una decina.
Marietta
La domestica di Massa e Cozzile fu la donna che si occupò interamente della vita di Artusi. Governava immancabilmente le ore della sua giornata. Lettere dimostrano quanto contasse nell’economia della casa di Via d’Azeglio. Non solo, era lei ad occuparsi delle vacanze del suo padrone e in ultimo, oltre a raccoglierne l’eredità, fu anche i suoi occhi nel leggere gli amatissimi classici.
Nazione
La politica sembrò non appassionare più di tanto Artusi, simpatie giovanili mazziniane le aveva avute. Ma osservando la sua vita da adulto poteva apparire più un conservatore liberale. Si sa però che aveva salutato con favore la nascita dello Stato Italiano, aveva vissuto lo spostamento temporaneo della capitale da Torino a Firenze e ne aveva subito il fascino. Avrebbe senz’altro approvato il riconoscimento dato al suo libro come formatore di uno dei tratti peculiari degli italiani.
Organizzazione
Leggendo “La Scienza in cucina” si comprende bene qual è il modus operandi di Artusi e l’intera organizzazione che scandiva la messa in stampa di una ricetta. Intransigente nella cura, si incaponiva se una ricetta gli veniva male. Doveva essere provata e riprovata nella cucina vero e proprio centro della sua casa e laboratorio progressivo delle sue sperimentazioni. Ovviamente non ci si fermava alla sola stampa, seguivano tutte operazioni che avrebbero portato il libro direttamente nelle mani dei lettori. Insomma, Artusi aveva congeniato una filiera creativa e distributiva che sfruttava tutte le possibilità tecnologiche di comunicazione dell’epoca.
Piatti
Non vi è un singolo piatto simbolo nel ricettario artusiano, ma una serie di possibilità combinatorie che si riverberano poi nell’ultima parte del libro con la scansione mensile dei pranzi da preparare durante le feste comandate. In questo ravviso ancora una dimensione molto ottocentesca che oggi e da tempo non ha più ragione di essere. Forse questa è la parte più ancorata al passato dell’intero libro.
Quotidianità
Artusi lo dice e lo dice con sicure certezza che la sua vita dopotutto non è stata sì avara di avvenimenti, ma che questi sono stati vissuti sempre in modo laterale ed in disparte. Questa è anche una delle cause che gli fecero abbandonare la scrittura dell’autobiografia. Però quanta dedizione e passione ci fu in quelle giornate in apparenza tutte uguali. Evidentemente Artusi riuscì ad incanalare le sue nevrosi in imprese che riguardavano lui e lui soltanto irradiate però in un contesto che s’apriva a dimensioni altrui. Infatti, non disdegnava il successo e lui uomo fattosi da sé questo successo l’aveva cercato e avuto già nell’attività mercantile che gli consentì quell’agiatezza senza preoccupazioni degli ultimi suoi decenni.
Ricette
Il convegno artusiano di quest’anno, organizzato da Casa Artusi, verte proprio sulle ricette. Peraltro curiosamente declinate in molti contesti, anche artistici. Ho riferito della caratteristica artusiana di aver inventato la “ricetta parlata”, condita non solo dalla scansione degli ingredienti che la compongono con i relativi quantitativi, ma anche da un’aneddotica che sfronda l’uso e il modo di utilizzo dei medesimi con spigolature storiche, geografiche e biografiche.
Scienza
Scienza, ma anche Arte, sono questi i due poli da cui Artusi ha preso le mosse per costruire il suo libro. La cucina è scienza, chimica combinatoria di ingredienti, ma poi come la si pone può diventare arte. A guardare l’esplosione delle cucine mondiali, degli chef – star, le due condizioni d’opera sono state diventate istituti indispensabili per chi intraprende i mestieri del cucinare e far da mangiare.
Tavola
Esistono molte tavole, ma per mangiar bene esiste solo un modo di star a tavola. L’occhio conviviale di Artusi è ben vigile sulla capacità tutta italiana di unire gusti, precetti, quotidianità e saperi diffusi. “la Scienza in cucina” in tal senso mostra anche la possibilità di avere un’etica della tavola.
Umarell
Quando Artusi s’avvia a diventare il padre della cucina italiana ha settant’anni, anche se in operoso silenzio si ritiene che abbia iniziato a pensare al libro almeno una decina d’anni prima. Insomma, già in avanti con l’età, affrancato da ogni incombenza lavorativa, agiato nel benessere conquistato con l’attività di mercante, poteva benissimo cullarsi in un dolce far nulla che per chi è anziano sfocia spesso nella noia e nell’osservare e commentare come gli “umarell” la vita altrui. Ed invece evidentemente lo star fermo non gli si addiceva. Per nulla.
Vacanze
Artusi non ha compiuto mai un suo proprio “Viaggio in Italia”, anche se in molti posti era stato. Non lo compie nemmeno su carta. Molte zone d’Italia non sono contemplate nel suo ricettario. Più di Napoli però non si era spinto e in età preferiva trascorrere le vacanze nell’entroterra toscano. C’era Marietta a seguirlo dappertutto, organizzandogli pure queste giornate di ozio e tranquillità.
Zuppe
Chiudo questo lessico con le zuppe, piatto povero per antonomasia. Ma quanto ricco di sapere e di umanità, capace di livellare classi sociali e mettere d’accordo tutti. Ed è quello che Artusi con “La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene” ha forse in cuor suo inteso fare.