Cosa succede quando si cambia così tanto da non riconoscere più le proprie origini? Quando chi
ci ama e ci ha visto crescere non capisce il nostro nuovo mondo e noi il loro? Sono domande che
emergono forti e dolorose dopo la lettura di Odio l’estate di Kalina Muhova, edito da Rulez.
Perché questa sorta di diario a fumetti tocca tanti temi e argomenti sensibili su cui riflettere
continuamente, anche tempo dopo la lettura, nella speranza di trovare una risposta che,
probabilmente, non c’è.
Cresciuta a Sofia e trasferitasi a Bologna per studiare all’Accademia di Belle Arti, in quest’opera
Kalina Muhova racconta una delle estati più dolorose della sua vita. Una caviglia rotta non le
permette di tornare dalla famiglia per le vacanze estive, in Bulgaria, come ha sempre fatto negli
ultimi dieci anni in cui ha cambiato casa. Ogni anno, infatti, il suo ritorno è l’occasione per
riabbracciare i parenti più stretti e soprattutto per festeggiare il compleanno della madre,
preferibilmente in costume e senza pensieri legati al lavoro da freelance. Questa rottura con il
passato, e di conseguenza con questa tradizione a cui tiene molto, accade però proprio in un
periodo in cui tutta la famiglia, soprattutto la figura materna, ha ancora più bisogno di lei. Come un
macigno, il destino pare aver voluto appesantire l’animo di Kalina – già messo a dura prova dalla
quotidianità – aggiungendo un senso di colpa difficile da estirpare e con il desiderio di essere
altrove proprio quando non le è possibile viaggiare.
L’impotenza e l’impossibilità di essere d’aiuto per chi ama sono quindi i co-protagonisti di questa
storia, insieme alla distanza culturale che si fa largo sempre più fra lei e chi è rimasto in Bulgaria,
in particolare la madre. Riflessioni sulla salute e il legame con la spiritualità diventano il pane
quotidiano di un periodo intenso, in cui un burn-out stava già mettendo in difficoltà la vita
dell’illustratrice. È con lucida fermezza che Kalina nota come il vivere in Italia l’abbia portata a
cambiare visione su moltissime tematiche, creando un turbine di pensieri che cercano di prendere
forma su queste pagine scarabocchiate con ferocia. La matita si sofferma troppo o troppo poco
lasciando macchie e sbavature che sono come i pensieri che rimangono a rimuginare nella notte.
Tutto questo dolore viene analizzato in ogni suo dettaglio, creando uno spazio in cui le emozioni si
inseguono sempre più velocemente. Il lettore si ritrova così a passeggiare nella mente di Kalina, a
piccoli passi leggeri per paura di far crollare un castello di sabbia già attaccato da timori, ansie e
preoccupazioni. Non ci si sente di troppo però: perché il dolore è intimo, sì, ma condividerlo ci
rende tutti nudi di fronte a tutte le avversità che la vita ci porta a dover superare.
E dopotutto Kalina sa bene come ogni avventura può trasformarsi in qualcosa di più grande, in
un’esperienza immersiva. Ce l’aveva già dimostrano nel delicato Diana Sottosopra, una lettura per
grandi e piccini la cui storia segue il ritmo delle fiabe. In questo albo per bambini, ma perfetto
anche per gli adulti, la piccola Diana parte con la mamma per una gita dai nonni, un viaggio in
campagna alla riscoperta delle tradizioni, della quotidianità in una piccola fattoria ungherese.
Quella che però sembra una semplice gita si trasforma in una rivelazione perché è proprio lungo il
fiume, vicino a una cascata, che Diana cade in un mondo piccolissimo e ricchissimo, abitato da
piccoli esseri antropomorfi circondati da quello che sembra un paradiso distrutto dall’inquinamento.
Anche in questa storia la semplicità delle piccole cose, come il profumo dei fiori, la gioia della
condivisione, la meravigliosa innocenza, è volta a raccontare l’immancabile amore verso la vita e il potere dei legami. Tutto ciò, però, circondato dal dolore che l’uomo può provocare così come le
azioni che può compiere e che influenzano a modo loro ogni nostro sentire.
Odio l’estate è certamente un’opera più matura rispetto a Diana Sottosopra e, verosimilmente,
scritta anche più di getto. Pare infatti una sorta di auto-analisi che coinvolge però il lettore
mettendo al centro ciò che l’animo umano ha bisogno di sentirsi dire quando è in difficoltà.
L’atto più coraggioso di Kalina Muhova è aver scelto in questo romanzo grafico di raccontarsi
senza filtri e paure. Aver scelto il bianco e nero per poi arrivare, alla fine, a colori accesi per
raccontare le chiacchierate in spiaggia che tanto desiderava compiere.
E anche se nel titolo c’è la parola “odio”, in realtà in queste pagine si respira l’importanza
dell’amore, di come non siamo niente senza quello che proviamo per chi ci sta vicino e di come
tutto ciò ci plasmi in ogni istante.
Immagine di copertina: la copertina di Odio l’estate di Kalina Muhova (Rulez)