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Musica della neve, quo vadis?



Non capita spesso di poter raccontare la scintilla primordiale, il bagliore stellare e la genesi di un libro che si è scritto. Un libro che per me, l’autore, si palesa come una nuova stella nel mio personale firmamento e che dopo dieci anni ancora brilla come riferimento, questo grazie soprattutto all’emozionante riscontro che lettrici e lettori mi hanno costantemente donato. Credo che sia nella natura della collana Piccola Filosofia Di Viaggio, la felice intuizione che Ediciclo Editore nel 2011 decise di provare a portare in Italia lo spirito della collana originale dell’editore Transboreal, dalla Francia. Presa questa decisione, la casa editrice mi propose di essere il primo autore italiano e di scrivere un libro dedicato alla neve, visto che il lancio della collana sarebbe avvenuto tra l’autunno e l’inverno: conoscevano bene il mio rapporto intimo con la “materia bianca”.

La prima cosa che va detta è che non ho mai amato scrivere su commissione, ma solo dopo avere seguito un percorso e un’idea. Questa, però, era davvero irresistibile. Una vera sfida, con pochissime boe da rispettare: la lunghezza (96.000 caratteri, ovvero 48 cartelle) e l’assenza di capitoli, ma possibilmente anche di riferimenti e toponimi. Avrei dovuto dare un seguito alle riflessioni senza cronologia temporale, espanse nello spazio, del mio I Diari Di Rubha Hunish. Brevi Saggi Sull’Interruzione Del Pensiero In Viaggio, un modo differente di raccontare il viaggio, con gratitudine poetica verso il mio maestro, Barry Lopez, del quale avevo usato allora un incipit che mi sarebbe tornato utile anche per La Musica Della Neve, tratto dal suo Sogni Artici: «Durante i miei viaggi finii per convincermi che i desideri e le aspirazioni degli umani fanno parte della terra come il vento, gli animali solitari e le fulgide distese di pietra e di tundra. E mi convinsi anche che la terra esiste completamente separata da tutto questo».
Era di nuovo territorio inesplorato e proprio in questa esistenza del territorio al di là e al di fuori dei nostri pensieri, delle emozioni, dei desideri, il territorio chiamato neve, un vero pianeta a sé stante, temporaneo, ricorrente, imprevedibile, mi si presentava di colpo davanti come una mappa personale da tracciare e offrire ai lettori. Nulla più della neve restituisce infatti la percezione del territorio continuamente rinnovato. Un simbolo potentissimo, un invito a tracciare la tua rotta, a interpretare, a comprendere e, come scrisse Barry, a essere consapevole che «la terra esiste completamente separata da tutto questo»: ma che noi ne facciamo parte.

Il titolo, bellissimo, fu merito della casa editrice che mi propose appunto La Musica Della Neve. A me restava da inventare un sottotitolo e Piccole Variazioni Sulla Materia Bianca mi pareva adatto a convogliare ai lettori l’idea che la neve ha realmente un effetto materico, pur conservando, proprio davanti al nostro sguardo, quel senso di inafferrabile che rimanda al mistero della vita: la vedi, la tocchi, ma non puoi trattenerla a lungo tra le mani. La scienza può spiegarla – la vita come la neve – ma tu puoi solo scorrere dentro il flusso. Se ti fermi, la perdi. Il vento passa su una traccia e il giorno seguente le distese bianche sono di nuovo inesplorate. Esattamente come la navigazione in mare, la rotta è chiara a chi la percorre, ma chi viene dopo non può ricalcarla esattamente (va bene, lo so: può farlo con gli strumenti odierni di navigazione, ma ci siamo capiti). Il che mi ricorda l’unicità di ogni entità vivente su questo pianeta, animale vegetale minerale e dunque, nel caso di questo libro, mi avrebbe permesso comunque di portare avanti un certo discorso iniziato con i libri precedenti. E poi, come per i cristalli che compongono i fiocchi di neve, non ci sono due esseri umani uguali: da questa idea (dimostrata anche scientificamente) sarei partito per il mio viaggio bianco. Il libro avrebbe dovuto viaggiare e per farlo mi venne l’idea di lavorare sul testo come se fosse una spedizione senza mappa, senza meta: un vagabondaggio.
L’altra idea, l’estensione musicale, arrivò subito: il piccolo cadeau della nuova edizione di La Musica Della Neve, rappresenta per me la chiusura di un cerchio, ovvero unire scrittura e musica ad hoc. L’occasione era ancora quella: entrare in un territorio inesplorato e così nacque la collaborazione con Giuseppe Olivini, pianista diplomato al conservatorio e studioso di strumenti rari, capace di combinare sonorità inattese, mai invasive, eppure pervasive. Si decise che musica e testo sarebbero nati parallelamente: io scrivevo, gli passavo alcune pagine che lui leggeva e poi immaginava sonorità, creando un mondo sonoro non solo avvolgente ma inestricabilmente legato allo svolgimento narrativo del libro e prima dell’uscita del mio volume, la performance La Musica Della Neve. Experience, era già stata provata, montata, smontata, riveduta, infine chiusa con una scelta e un editing del testo che non tradiva il libro, ma rispettava il ruolo fondamentale della… musica della neve di Giuseppe Olivini.

Ph. Davide Sapienza

Dedicammo un anno a quella performance e il tour si chiuse a Codroipo (Ud), per il Progetto Integrato Cultura Medio Friuli, con, al nostro servizio, un grande ingegnere del suono, Nino Odorico, fondatore con la compagna Monica Zinutti di AW Recording Studio, (votato tra i migliori studi di registrazione europei). L’idea di registrare fu di Nico, a titolo di documentazione, ma devo dargli il merito di essere stato lui a convincermi di farne un cd, dandomi tutto il supporto tecnico necessario. Il cd non era pensato come prodotto da distribuire, bensì come oggetto ricordo: grazie al Progetto Integrato Cultura Medio Friuli, al Rifugio Campogrosso di Recoaro Terme e l’intervento dell’editore, La Musica Della Neve. Experience nel 2013, meno di due anni dopo la scrittura del libro, era realtà.
Oggi quel CD è scaricabile gratuitamente acquistando la nuova edizione del mio libro, grazie a un codice QR. Con la nuova copertina, a me pare che La Musica Della Neve abbia preso un nuovo slancio: per mia fortuna, in questi dieci anni, l’interesse per quel modo particolare di narrare il viaggio della neve come visione interiore, non è mai calato. Ma tutto questo, soprattutto, rappresenta per me il successo della visione creativa che, se condivisa, porta sempre a esplorazioni impensate: in questo caso, condivisa tra l’editore (che ha avuto l’idea del libro), l’autore, il musicista e soprattutto, chi decide di leggere ciò che hai scritto. Non resta ora che dirigersi verso l’orizzonte che, come è noto, è meraviglioso proprio perché non lo raggiungeremo mai. Proprio come la neve. Anzi, come la musica della neve.





In copertina: foto di Davide Sapienza

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