Edizioni Tlon da anni intercetta movimenti, spinte e proposte diverse, talvolta contrastanti, spesso in feconda contrapposizione dialettica nel dibattito filosofico contemporaneo: nel catalogo della casa editrice romana si possono trovare saggi di mistica e alchimia di erudisti esoteristi accanto a militanti esponenti degli studi di genere, autori esordienti accanto a poeti pluripremiati, romanzi di ispirazione psichedelica e pamphlet d’attualità.
Non fa eccezione una delle ultime uscite, Lo spirito del mondo come un salmone. La Cina e l’intelligenza artificiale, di Moritz Rudolph, pensatore tedesco “nel mezzo del cammin di nostra vita”, sia dal punto di vista anagrafico che della ricerca, il quale offre, in un centinaio di pagine agili nella lettura quanto dense nella riflessione (tradotte da Olimpia Malatesta), una provocatoria lettura della deriva del capitalismo attuale: capovolgendo Hegel, smentendo Fukuyama, Rudolph sostiene che il movimento della storia non si compirà in Occidente, ma farà ritorno dove tutto è cominciato: in Oriente. E, secondo Rudolph, sarà l’avvento dell’intelligenza artificiale a segnare la fantomatica “fine della storia”, almeno per come l’abbiamo finora intesa.
Per chi, come il sottoscritto, ha una visione dell’intelligenza artificiale talmente negativa e inquietante che farebbe apparire René Guénon un entusiasta cantore delle “magnifiche sorti e progressive” di leopardiana memoria, è musica leggere un passo come il seguente:
«La dialettica suggerisce che tutto tornerà anche se in modo diverso, che anche le ultime macchine della storia saranno vive, ma non come esseri umani macchinizzati, bensì, al contrario, come macchine umanizzate. Il termine che utilizziamo oggi è quello dell’intelligenza artificiale. Essa è la vendetta tardiva delle presunte macchine (schiavi, donne, animali), che all’epoca si decise di non liberare perché non avevano alcun valore (…) Ora sta tornando come uno zombie: dato che la liberazione dalle macchine non è riuscita, adesso sono le macchine che si stanno liberando dagli esseri umani, impadronendosi del loro lavoro per poi conquistare il dominio ed escludere tutte le rivoluzioni.»
Abbiamo posto alcune domande all’autore per chiarire le sue posizioni, solo apparentemente paradossali.
In che senso può essere interpretato Lo spirito del mondo come un salmone?
Come ha detto Hegel, la storia è cominciata in Cina. In seguito si è spostata verso Occidente in India, Mesopotamia, Egitto ed Europa. Il paese del futuro è, come ha detto, l’America. Poi però si è improvvisamente fermata. A questo punto, Hegel non era abbastanza hegeliano. In base alla sua logica dialettica, la condizione recedente dev’essere riprodotta su più ampia scala. Il cerchio dev’essere completato. Il “Weltgeist” deve tornare alla sua origine in Cina. Come un salmone che viaggia verso il suo luogo natìo per deporre le uova e morire.
Qual è il ruolo della Cina in questa contingenza storica?
È la sintesi dell’Unione Sovietica e degli USA, comunismo burocratico e capitalismo. È ciò che era la Prussia per Hegel: la riconciliazione fra Ancien e Nouveau Regime. È per questo che è così potente. La sua rimonta economica e tecnologica non ha precedenti.
L’avvento dell’intelligenza artificiale (se il suo uso non venisse regolato) potrebbe rappresentare la morte dell’Umanesimo per come lo intendiamo, o è una sfida evolutiva?
Potrebbe essere entrambe le cose: la fine della soggettività umana tramite la creazione di una tecnologia superiore al suo creatore. Ciononostante, questo potrebbe essere il nuovo stadio dell’evoluzione, un amalgama di umanità e natura in direzione di una più alta forma di animalità che vive nel regno di forze più avanzate.
Che cosa intendi con «lo sforzo occidentale per la globalizzazione»?
Un’ansia crescente nelle società occidentali per uno scambio globale. La libera circolazione di beni, persone, idee e tecnologia non è più così comune com’era nei paesi all’avanguardia nella globalizzazione.
E cosa intendi, invece, con «Babeuf globale»?
Gracchus Babeuf è stato il primo comunista. Voleva distribuire equamente sia la ricchezza che la carenza. Il suo comunismo preindustriale poteva essere molto attuale per un’era post-industriale. Cinquant’anni fa, Wolfgang Harich, un marxista non convenzionale della Germania dell’Est, aveva unito il comunismo con il pensiero ambientale rifacendosi a Babeuf. Per lui, il termine dello sviluppo richiede un tipo di comunismo focalizzato sulla gestione della carenza, non dell’abbondanza come nel marxismo occidentale. Questo dovrebbe essere un progetto globale, non nazionale come la progressione comunista fra il 1789 e il 1871 o internazionale-imperiale come negli anni fra il 1917 e il 1989.
In questo quadro, chi sono i filosofi o artisti che, secondo il tuo parere, hanno più profeticamente anticipato le attuali tendenze?
Al momento sono affascinato dal lavoro di Franz Borkenau, un filosofo della storia quasi dimenticato. Si era concentrato sugli interregni, le fasi di disfacimento e spostamenti di potere quando decadono le civiltà. Tuttavia, questi sono anche periodi di ricombinazione e creazione di nuove civiltà.
Qual è la via di scampo da un presente sempre più distopico?
Forse dire addio ad un tipo di soggetto che ha il controllo delle cose.
In copertina:
Hegel in un ritratto del 1831 di Jakob Schlesinger (rielaborazione grafica)