«Da bambino volevo guarire i ciliegi
quando rossi di frutti li credevo feriti»
(Un medico, Fabrizio De André)
Memorie di un boia che amava i fiori è il recente volume della collana Wunderkammer della casa editrice Bakemono Lab. La storia raccontata nasce da un’idea di Nicola Lucchi, che divertendosi a ritorcere in poesia i fatti del vero storico, scrive la vita di un giovane ragazzo a cavallo della Rivoluzione francese. A fare da cornice alle vicende narrate stanno gli anni che precedono la presa rivoluzionaria e la furia popolare per i capricci reali. Proprio a una delle vittime di questi capricci è dedicato il racconto di Lucchi: a quell’anziano Sebastian, giardiniere di corte, con il quale la famiglia del giovane Charles-Henri condivideva il giardino. Nella fantasia di Lucchi è il vecchio Sebastian ad aiutare Charles-Henri a diventare un Sanson, ma percorrendo una strada diversa da quella tracciata dalla sua dinastia. Gli ingredienti del Bildungsroman ci sono davvero tutti e soprattutto c’è il principale: la formazione di Charles-Henri passa dalla sua trasformazione, che è anche una trasfigurazione della realtà a cui fatica a sottomettersi.
L’eredità di famiglia è il mestiere di boia, non uno qualunque, ma del lignaggio più famoso di Francia. Nella realtà storica infatti, come spiega Ivan Cenzi nel saggio sulla decapitazione che segue il testo, per Charles-Henri il mestiere di carnefice fa parte dell’eredità familiare – essendo il nonno, il padre e lo zio essi stessi dei boia. La realtà a cui il giovane fatica ad addomesticarsi è quella di vedersi costretto a eseguire condanne a morte, ruolo che imponeva anche una certa maestria nel maneggiare le armi atte a tale finalità. In Francia infatti, prima dell’utilizzo della ghigliottina (per cui dovremo aspettare le perorazioni del deputato rivoluzionario nonché medico Joseph-Ignace Guillotin), era richiesta una certa abilità e precisione nella pratica del tagliare le teste – qualità di cui almeno agli inizi della sua carriera Charles-Henri era privo. Quest’ultimo dettaglio lo dice la storia, raccontando che nel 1766 il ragazzo – divenuto assistente del padre – sbagliò il fendente che avrebbe dovuto tagliare la testa al traditore Arthur de Lally-Tollendal, scatenando così l’indignazione del popolo e non solo quella.
Nell’immaginario narrativo di Nicola Lucchi questi episodi si trasformano in ricordi dell’infanzia di un bambino emofobico, terrorizzato dalla vista del sangue. Prima di diventare il boia più famoso di Francia, quello che fu attore della decollazione di Luigi XVI e Marie-Antoinette, ma anche di Robespierre, attraversò la fase dell’apprentissage e della coltura della fantasia.
«Da bambino pauroso ero diventato il boia più famoso del mondo, il carnefice più amato di Francia. Ma così come il mio limite si era trasformato in virtù, la tirannia si era mutata in libertà. Là dove la paura era stata ostacolo, la fantasia era divenuta creazione. Da quei petali rossi la democrazia era giunta alla luce, pronta a farsi strada in un lungo sentiero di corolle purpuree»
In un macabro duettare il racconto di Lucchi è accompagnato dalle tavole di Stefano Bessoni. Grazie a una serie di ritratti esteticamente contaminati dall’animazione stop-motion, la cifra stilistica dell’illustratore e regista romano si conferma e dà forza alle fasi di evoluzione del nostro Charles-Henri. I colori della tavolozza di Bessoni sono il rosso del sangue e il nero dei tratti, a cui il bianco presta i toni per ammorbidire e il verde per suggerire la grande germogliante passione dell’apprendista tagliateste.
Sarà attraverso questa passione e dalla scaturigine che il vecchio Sebastian innesta nel giovane allievo che Charles-Henry muterà la percezione del mestiere che imparerà a svolgere. Non sarà quindi per l’abbandono del “va da sé” alla tradizione di famiglia che il ragazzo diventerà un futuro boia, ma per aver fatto suoi gli insegnamenti del suo vero maestro – in rifiuto di quelli del padre. Senza voler dire troppo, e per lasciare alle lettrici e ai lettori il tempo di scoprire la natura di questi insegnamenti, vorrei solo aggiungere che Charles-Henry Sanson da bambino voleva diventare medico… e che non da ultimo aveva una passione travolgente nei confronti dei vegetali.
Immagine di copertina: Stefano Bessoni