consènso s. m. [dal lat. consensus –us, der. di consentire «consentire»]. – 1. a. Conformità di voleri: agire di consenso, d’accordo. b. In diritto, elemento essenziale del negozio giuridico bilaterale o plurilaterale, consistente nell’incontro delle manifestazioni di volontà di due o più soggetti contrapposti (sinon. perciò di accordo) […]. c. Accordo di opinioni individuali: per comune consenso; […]. 2. a. Il consentire a che un atto si compia, permesso, approvazione: dare, negare il c., chiedere, ottenere il c.; esprimere, manifestare il proprio c.; c. scritto; tacito c., approvazione non dichiarata con parole; ho agito col suo c.; c. per l’adozione; c. all’aborto, ecc.
da Treccani.it
Le parti.
Gabriel Matzneff (1936) è uno scrittore francese di origine russa, poco noto e poco tradotto in Italia, ma che ha goduto di grande prestigio e ottenuto premi e onorificenze in Francia per la sua prolifica produzione letteraria: romanzi, saggi, poesie e i suoi diari, pubblicati dall’importante casa editrice Gallimard. I libri di Matzneff non hanno mai ottenuto un successo di pubblico, in termini di copie vendute, tuttavia erano apprezzati dalla critica e dall’ambiente intellettuale e a sostegno della sua attività letteraria Matzneff riceveva sovvenzioni statali.
Vanessa Springora (1972) è un’editrice, scrittrice e regista francese.
I fatti su cui le parti concordano
Nel 1985 Springora e Matzneff si incontrano a una cena, dove Springora è presente perché sua madre lavora in ambito editoriale. Nel 1986 inizia tra Matzneff e Springora una relazione sentimentale e sessuale. Lei ha quattordici anni, lui quarantanove. La madre di Spingora è al corrente della relazione e così diversi intellettuali di spicco che frequentano Matzneff. Nessuna di queste persone si oppone o obietta in maniera diretta alla relazione. Per il diritto francese il rapporto è illecito e per tutta la sua durata denunce anonime arrivano alla polizia, senza che questa faccia niente di più che una domanda di prassi a Matzneff, che non subisce alcuna conseguenza. Nel 1987, per decisione di Springora, il rapporto si interrompe.
La narrazione
Matzneff dedica al suo rapporto con Springora: un romanzo, Harrison Plaza, uscito nel 1988, tre mesi dopo la rottura; un diario: La prunelle des mes yeux, uscito nel 1993. Nel gennaio del 2020 Springora pubblica Il consenso, un mémoire in cui racconta la relazione con Matzneff e come abbia influenzato la sua vita. Il libro ottiene enorme risonanza in Francia, contro Matzneff si apre un procedimento giudiziario, Gallimard fa ritirare i libri dell’autore dalle librerie. Matzneff, che sostiene di non aver voluto leggere Il consenso, risponde nel gennaio del 2021 con Vanessavirus, che pubblica a proprie spese. In Italia Il consenso è pubblicato da La nave di Teseo nella traduzione di Gaia Cangioli. Vanessavirus è stato tradotto da Giuliano Ferrara e pubblicato da Liberilibri in primavera.
Il consenso
Springora dichiara di aver deciso di scrivere il suo libro nel 2013, quando a Matzneff viene tributato il premio Renaudot per la saggistica. Il consenso è un resoconto asciutto, con un’impostazione cronachistica, breve, misuratissimo. L’intento, è lampante nella lettura, non è rivelare qualcosa di segreto, qualcosa di nuovo, perché come si è visto le vicende che ripercorre erano già state raccontate e d’altra parte occupano solo una parte del libro. La volontà è quella di prendere possesso della propria narrazione, di dare una propria versione che è anche e soprattutto un’autoriflessione. Springora dedica spazio alle conseguenze psicologiche ed emotive di quell’esperienza: non solo un’iniziazione sentimentale e sessuale con un uomo dell’età di suo padre, ma anche con una personalità pubblica, ingombrante, e quindi il riproporsi di quel capitolo della sua vita intima anche fuori dal suo controllo, in libreria, in varie vesti, raccontato con dovizia di particolari. Con Il consenso Springora cessa di essere l’oggetto desiderato e conquistato, l’oggetto del racconto, e si fa soggetto autrice.
Vanessavirus
Vanessavirus è un oggetto testuale e editoriale anomalo. Non è un romanzo; e sebbene Matzneff racconti le conseguenze che ha avuto per lui la pubblicazione di Il consenso, non si può nemmeno dire che sia un mèmoire o un diario perché si racconta poco – d’altra parte, come puntualizza lui stesso, la sua versione era già stata pubblicata in diverse forme. Non è un’accusa, perlomeno non a Springora, che povera cara qualcuno deve averle messo delle brutte idee in testa per farle scrivere certe cose, per farle rinnegare lo splendore del loro amore, perché a distanza di trentacinque anni continua a parlarne come della sua piccola amante appassionata che gli scriveva lettere ardenti e sembra incapace di concepirla come soggetto autonomo autodeterminato. Non è una difesa perché è una resa e comunque non nega nulla di quello che è stato scritto, anche perché si è rifiutato di leggerlo. Vanessavirus è un proclama di indipendenza dal mondo e un addio. Il tono è melodrammatico, altisonante, il linguaggio pomposo, ricercato. È la lamentatio di un uomo dall’ego pronunciatissimo, che ha sempre vissuto alle proprie condizioni, che affetta stoica rassegnazione al suo destino, quando la lagnanza stessa che lo esprime lo contraddice.
L’aspetto forse più affascinante di leggere entrambi i libri è che Springora e Matzneff sono d’accordo su tutto: la ricostruzione dei fatti coincide perfettamente. È l’interpretazione che diverge: per lui un signore sulla soglia dei cinquanta e una quattordicenne hanno vissuto una storia d’amore bellissima, per lei un’adolescente vulnerabile è stata vittima inconsapevole e consenziente di un predatore sessuale. Citano entrambi la petizione lanciata da Matzneff nel 1977 per depenalizzare la pedofilia, e firmata all’epoca anche da nomi illustri come Simone de Beauvoire o Roland Barthes[1]. Tutti e due accennano al turismo sessuale di Matzneff nelle Filippine, anche se lui non lo chiama così. Citano entrambi Nabokov, lui in una lista di autori che devono andare al rogo insieme a lui se vengono bruciati i suoi libri – «Accetto di andare all’inferno (compreso quello delle biblioteche), ma non da solo.» –, lei perché anche agli occhi di qualcuno con il vissuto di Springora Lolita appare come una condanna forte ed efficace della pedofilia.
Springora non è stata l’unica amante adolescente di Matzneff, anzi uno dei passi più forti di Il consenso è quando ventenne incontra Nathalie, che ha vissuto la sua stessa esperienza, e che le confida: «Certe volte mi sento così sporca. Come se fossi stata io a essere andata a letto con quei ragazzi di undici anni nelle Filippine». Springora è però l’unica che si è trovata nella posizione di poter proporre con la stessa forza di Matzneff la sua narrazione nella forma libro, di invertire i ruoli e fare di lui, per una volta, quello inchiodato sulla pagina, quello che subisce il racconto.
La forza deflagrante che ha avuto Il consenso in Francia è stupefacente, ma non per le conseguenze che ha avuto per Matzneff: Matzneff ha ottantaquattro anni, quando è scoppiato lo scandalo, come racconta lui stesso, si trovava in Italia tra amici, ha vissuto una lunga vita in cui è stato libero di assecondare tutti i suoi desideri, di scriverne, è stato benvoluto, premiato, sovvenzionato, adesso grazie alla sua rete di conoscenze ha facoltà di attendere gli esiti del procedimento legale contro di lui godendosi il suo soggiorno in Italia, dove ha trovato anche un editore pronto ad accogliere questo suo epitaffio letterario. Matzneff rimane uguale a se stesso, di un’immobilità monolitica nella sua visione delle cose, ed è coerente, a essere stupefacente e incoerente è tutto ciò che gli sta intorno: la società, le istituzioni, la classe intellettuale francese che fa un enorme balzo teatrale perché Vanessa Springora ha indicato l’elefante della stanza. Difficile che a un elefante ultraottantenne venga voglia di mettere in discussione la legittimità della sua presenza in quella stanza, dove si trovava che è un piacere.
Mi piace pensare a questa vicenda come un emblema letterario dei tempi che cambiano. Una donna impiega tutta la vita per trovare la propria voce, ed è una voce chiara, diretta, limpida, che sceglie di prendersi solo lo spazio necessario, su misura, per andare dritta al punto, di adottare la semplicità. E colpisce il bersaglio – che, lo ribadisco fuor di metafora, non è Matzneff. Un uomo, che si è sempre preso tutto lo spazio che ha voluto, la cui voce ha sperimentato tutti i virtuosismi del caso, messo all’angolo trova comunque modo di alzarsi per tentare di coprire quelle altrui. Ma stavolta non va a segno.
Mi piace pensare a Vanessavirus come alle ultime vestigia di qualcosa che ci stiamo lasciando alle spalle, un relitto nel lento naufragio del patriarcato, la testimonianza di un modo di vivere oppressivo che come collettività desideriamo superare.
Nella premessa dell’edizione italiana a Vanessavirus si legge che «soffiano in Europa venti carichi di un fanatismo virtuista che ha invaso piazze, salotti, social network, sedi di giornali e redazioni di case editrici di vari Paesi» e che Matzneff è un «artista solitario inseguito, massacrato, divorato da una muta piena di odio decisa a distruggerlo».
Come si accennava, la figura di Matzneff ottantaquattrenne che se ne sta a Bordighera a scrivere non mi spreme alcuna lacrima, ma forse sono insensibile.
Credo comunque che la miglior risposta a questo l’abbia data Springora in Il consenso:
«Ciò che è cambiato oggi, e di cui si lamentano, fustigando il puritanesimo dilagante, i tipi come lui e i suoi difensori, è che dopo la liberazione dei costumi, la parola delle vittime, anch’essa, si stia liberando.»
[1] L’iniziativa nasce nella temperie culturale post settantottina nello spirito di liberazione sessuale e di abbattimento dei tabù sul solco di slogan come «Vietare vietare» e la mozione veniva concepita come un riconoscimento della libertà di scelta da parte degli adolescenti. La maggior parte dei firmatari se ne sarebbero nel corso degli anni successivi pubblicamente dissociati, riconoscendo il proprio errore.