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I numeri vogliono solo essere compresi. Ti spiego il dato di Donata Columbro



Alla fine di ogni anno Instagram viene investito da un’ondata di stories che riepilogano le tendenze di ascolto di chiunque senta la musica tramite l’app di Spotify. Dalla canzone più ascoltata ai mood preferiti, passando per i podcast di cui ti sei appassionato, il Wrapped viene presentato con una grafica accattivante, colorata, e ti informa che hai ascoltato musica per 29.946 minuti, più del 93% degli utenti dell’app.
Quelli sono dati. Per tutto l’anno abbiamo dato informazioni sui nostri gusti musicali a Spotify, che le ha raccolte e le ha rielaborate in infografiche colorate. Perfette per essere condivise, sì, e intanto nessuno conosce meglio dell’app quale musica ci piace ascoltare.

ti spiego il dato

Nel mondo iperconnesso in cui viviamo qualsiasi nostra azione produce una quantità enorme di dati. Capirli, leggerli, essere consapevoli di cosa sono è sempre più importante nel panorama odierno della comunicazione e dell’informazione. Ti spiego il dato (Quinto Quarto, 2021) di Donata Columbro è lo strumento perfetto per avvicinarsi al mondo dei dati, che non è un altro, rispetto a quello in cui viviamo, ma ne è una delle espressioni.
Nelle Lezioni americane, Italo Calvino parlava della possibilità di una lingua che esprimesse «la tensione tra razionalità geometrica e groviglio delle esistenze umane». Oggi quel linguaggio esiste, in parte, ed è la lingua dei dati. Il fatto che per parlarla sia richiesto un minimo intuito matematico o statistico non significa che sia preclusa a chiunque non lavori con i numeri e i fogli di calcolo, anzi.

Il libro di Donata Columbro si articola in cinque parti, tutte funzionali a una più consapevole fruizione dell’informazione e a ragione: nel mondo dell’informazione è sempre più comune trovare grafici e statistiche ad avallare la tesi iniziale, ma questo non è necessariamente un bene. Si parte quindi da un capitolo iniziale introduttivo per arrivare a spiegare come interpretare al meglio tutti i modi in cui i dati possono essere organizzati e visualizzati.
L’etimologia di dato, che viene dal latino do, dare, ha il significato di “cosa donata”, come individua Nick Diakopoulos nel suo The Rethoric of Data: nonostante spesso la definizione originaria non venga nemmeno presa in considerazione, è utile ripensare i dati non come fatti di per sé ma come doni, che possono essere utilizzati per costruire differenti argomentazioni.

ti spiego il dato

I dati non sono mai neutri: come scrive Columbro, «ogni numero implica una scelta fatta a monte, quella di escluderne altri». Quando si tratta di informazione, non basta utilizzarli a garanzia della bontà delle argomentazioni:

«Le percezioni sbagliate sul mondo non dipendono solo da una conoscenza mediocre della statistica e delle probabilità, anzi. […] Prediligiamo le informazioni in grado di confermare le nostre credenze, ci concentriamo sulle informazioni negative e tendiamo ad affidarci agli stereotipi e a imitare la maggioranza».

Sono bias che non vengono appianati dall’utilizzo dei dati, perché con essi si può mentire, nonostante siano spesso dati per scontati la chiarezza e il rigore che ci suggerisce l’utilizzo di un grafico a barre.

Si parla sempre più di data literacy, che è la capacità di leggere e comprendere i dati come informazioni, e dunque la capacità di conferire loro dei significati, sempre perché i dati non hanno significato in sé. Già nel 2009, nel suo discorso How the Web Challenges Managers, Hal Varian aveva intuito come la capacità di estrarre valore dai dati sarebbe stata una competenza importantissima nei decenni a venire e ora, nel 2022, quell’ipotesi è realtà.

Per questo motivo, Ti spiego il dato non si limita a essere un prontuario per chi vuole imparare e leggere una mappa coropletica o un diagramma polare, ma arriva in profondità e dedica spazio anche alla questione della protezione dei propri dati. L’idea è quella di essere sempre più consapevoli, il meno passivi possibile, di fronte a una quantità sempre maggiore di dati che vengono prodotti comunque, a prescindere.

«Secondo I’International Data Corporation, ovvero la prima azienda mondiale nata per fare ricerche di mercato, nel 2018 abbiamo prodotto 33 zettabyte di dati, e si prevede che nel 2025 arriveremo a 175. Uno zettabyte è un miliardo di terabyte: se immaginiamo questi dati contenuti in una pila di libri, secondo il data scientis Riza Berkan, copriremmo la distanza dalla Terra al Sole per cinque volte.»

La maggior parte di tutti questi dati ha vita brevissima, appena di qualche millisecondo, ma non tutti: 3,7 zettabyte sono i dati che rimangono, e il 25% di questi appartiene a Google. Come è stato per tutto il libro, nemmeno il tono di questo capitolo è sensazionalistico o particolarmente tendenzioso: esattamente come detto all’inizio, l’idea è quella di fornire gli strumenti necessari per una vita online (e offline) più consapevole. Con l’espediente del “boxino pratico”, presente alla fine di ogni sezione, Columbro approfitta dello spazio che ha per suggerire modi semplici ed efficacissimi per ridurre la propria impronta digitale.

Alla fine di Ti spiego il dato, Columbro sottolinea che non serve essere tutti data scientist, ma a tutti serve la scienza dei dati: non ci complicano la vita, al contrario. Ce la semplificano. Tutto può essere trasformato in dato da osservare, anche le volte in cui ci si specchia (lo hanno fatto le creatrici di Dear Data), o le ore di sonno, come nella visualizzazione di Ben Willers:

ti spiego il dato

Non c’è nulla da temere, dai dati:

«Numeri, indici statistici, mappe o grafici che abbiamo guardato con diffidenza fin dalla prima elementare chiedono soltanto di essere compresi (come tutti noi, del resto).»



Photo credits
Copertina:
Dear Data
Corpo articolo: Spotify; Ti spiego il dato (Quinto Quarto, 2021) di Donata Columbro;
Ben Willers

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