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Édouard Louis, la letteratura contro i determinismi sociali

Torna in libreria il folgorante romanzo d’esordio dello scrittore francese, la ricerca del proprio posto nel mondo oltre ogni limite e pregiudizio

Cosa può la letteratura contro i determinismi sociali? È molto probabilmente questa la domanda che ci tormenta dopo aver letto Farla finita con Eddy Bellegueule, il primo romanzo di Édouard Louis, recentemente riproposto per La nave di Teseo con la traduzione di Annalisa Romani. Vera e propria rivelazione letteraria al momento della sua pubblicazione in Francia, questo testo, essenzialmente autobiografico, racconta la vicenda di un ragazzo omosessuale in un piccolo villaggio povero e deindustrializzato della Piccardia. In una lingua esatta e violenta, dove ogni parola è ponderata, l’autore affronta la miseria economica, l’omofobia, il peso del fatalismo e le difficoltà di trovare il proprio posto quando non si rientra nella norma.

Édouard Louis

Farla finita con Eddy Bellegueule è un testo in cui letteratura e sociologia si intrecciano. Nulla di sorprendente per chi, come Louis, è discepolo e amico di Didier Eribon, grande sociologo e autore del brillante Ritorno a Reims (Bompiani, 2017), e a soli ventun’ anni ha curato un volume collettivo su Pierre Bourdieu (Bourdieu. L’insoumission en héritage, Presses Universitaires de France, 2013). Édouard Louis si inoltra in una vera e propria esplorazione letteraria delle violenze sistemiche nella loro forma più radicale. Nel suo romanzo, le strutture sociali appaiono come le vere protagoniste: sono loro a muoversi, molestare e distruggere. Gli individui, in un certo senso, sono solo attraversati da esse. Oltre ad evocare la tradizione francese del romanzo sociale, Farla finita con Eddy Belleguele potrebbe essere concettualizzato come romanzo bourdieusiano. L’influenza degli studi di Pierre Bourdieu, e in particolare de I delfini (Guaraldi, 2006), scritto a quattro mani con Jean-Claude Passeron, si avverte in modo inequivocabile nel modo in cui Louis analizza i meccanismi di classe e dà vita ai suoi personaggi. Più in generale, questo romanzo si colloca nella scia delle opere, sia letterarie che sociologiche, che esplorano le traiettorie di ascesa dei transfughi di classe, come quelle di Annie Ernaux o Didier Eribon. L’autore riesce a lasciare il suo ambiente d’origine grazie agli studi, prima ad Amiens, poi alla Scuola Normale Superiore di Parigi, dove si scontrerà con la violenza sottile della borghesia («Ma perché i tuoi genitori non ti hanno portato da un ortodontista?»). Raccontando la propria esperienza individuale, Édouard Louis racconta qualcosa di universale. L’autore dà voce a tutte quelle storie di emancipazione sociale rimaste senza racconto, ai tanti percorsi di ascesa che sono stati taciuti e ai conflitti interiori di tanti ‘transfughi di classe’, tanto lontani dal ceto d’origine quanto da quello d’arrivo.

C’è tuttavia un grande rischio nel considerare questo romanzo esclusivamente attraverso il prisma della sua dimensione sociologica. Farla finita con Eddy Bellegueule resta, prima di tutto, un’opera letteraria, come chiariscono esplicitamente sia l’autore che l’editore. In questa prospettiva, potremmo parlare di autofiction o, eventualmente, di non-fiction. Questa commistione di generi amplifica l’unicità del testo, che attinge alla letteratura e alla sociologia in parti uguali. Louis non si limita semplicemente a utilizzare i codici del romanzo per descrivere un percorso sociologico e biografico, ma intraprende un lavoro di autentico narratore. Se riesce a convincere così tanto il lettore è grazie alla sua lingua, che restituisce con precisione la violenza della sua infanzia: «Troppo presto, infatti, sono diventato per la mia famiglia e per gli altri un motivo di vergogna, persino di disgusto. Non ho avuto altra scelta che scappare». La voce autoriale è ruvida, cruda. Louis sviluppa uno stile diretto, incisivo ed emotivamente potente. Il suo incipit, conciso e radicale, ne è senza dubbio l’esempio più evidente: «Della mia infanzia non ho nessun ricordo felice.»

Édouard Louis

La questione della voce occupa anch’essa un ruolo centrale nel romanzo. Essa è intimamente legata all’identità dell’autore. Nel processo creativo, la realtà incontra la letteratura: la ricerca della voce autoriale e quella dell’identità diventano consustanziali. Da un punto di vista puramente testuale, questa dimensione si ritrova nelle scene in cui il protagonista cerca ossessivamente la propria voce e il proprio corpo. Troppo effeminato e manierato rispetto alla mascolinità dominante nella sua classe sociale, Louis cerca di assumere toni e gestualità più in linea con il modello della virilità operaia, parlando a voce alta e utilizzando il dialetto piccardo, operazioni che si inseriscono nelle «stilizzazioni del corpo» descritte da Judith Butler (Scambi di genere, 2004). Paradossalmente, quando entrerà in contatto con ambienti più borghesi, quegli stessi elementi che un tempo rappresentavano uno strumento di integrazione diventeranno motivo di esclusione: «Gli amici del liceo mi avrebbero sempre chiesto di abbassare la voce, invidiavo terribilmente la voce calma e posata dei ragazzi di buona famiglia.» In questa prospettiva, comprendiamo come la voce diventi il luogo in cui si intersecano diverse forme di dominazione e assegnazione, incarnando la problematica identitaria del narratore e protagonista. La questione dell’identità è, del resto, evidente sin dal titolo del romanzo. Eddy Bellegueule, il nome di battesimo dell’autore, racchiude la sua identità originaria e rappresenta un passato troppo ingombrante dal quale egli ha cercato di emanciparsi. Diventato Édouard Louis, ha voluto con questo romanzo chiudere definitivamente con quella fase della sua vita.

Mescolando sociologia e letteratura, Édouard Louis crea con Farla finita con Eddy Bellegueule un registro personale e supera i confini del semplice racconto individuale per affrontare una domanda più universale: come liberarsi dalle gabbie identitarie, e trasformare un’esperienza di esclusione in un atto di resistenza? Se da un lato Louis cerca di chiudere con un passato doloroso, dall’altro riesce ad aprire una breccia nel silenzio che avvolge tante vite segnate dalla vergogna e dall’esclusione. In questo senso, il suo romanzo assume sotto molti punti di vista le sembianze di un atto di resistenza e ci ricorda con una forza rara che raccontare significa anche riprendere il controllo su ciò che ci ha spezzati.   

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