Search
Close this search box.

Anche questo è femminismo. Una prospettiva intersezionale



Anche questo è femminismo di Bossy (edizioni Tlon) è, se ci è concesso dirlo, la risposta a una questione che ci riguarda tutti e tutte ma che si fatica spesso a esprimere: la lotta per la rivendicazione dei diritti degli esseri umani è, soprattutto in Italia, un argomento talmente spinoso che è capace di dividere anche chi dovrebbe trovarsi dallo stesso lato della barricata. Se è così complicato trovare una via univoca che metta d’accordo i diversi femminismi che si sono sviluppati negli anni, è forse solo cambiando approccio e modificando la prospettiva che si potranno superare le divergenze.

femminismo

Com’è possibile che nella militanza per la tutela dei diritti si giunga a posizioni così incompatibili le une con le altre? Com’è possibile che la difesa di una minoranza debba cozzare con quella delle altre minoranze? Sembrerebbero domande retoriche, eppure non sono rare le spaccature tra realtà associative diverse ma accomunate dai medesimi obiettivi di inclusione, che finiscono con il ripercuotersi sulla buona riuscita di alcune battaglie proprio perché si sviluppano in maniera oppositiva e non condivisa.

Se uno dei problemi da gestire quando si parla di diritti è quello di adottare una prospettiva egoriferita che esclude sempre alcune fragilità, questo libro ha il pregio di rispettare la promessa fatta, cedendo il microfono a chi appartiene alle minoranze vessate, lasciando che siano loro a raccontare le storture sociali di cui sono, loro malgrado, protagonisti. Per farlo, chiama a raccolta personalità differenti che mettono nero su bianco la propria testimonianza, il proprio contributo alla causa, i propri studi, adottando una prospettiva intersezionale, appunto. D’altronde è dal 2014 che Bossy, associazione no profit, si occupa di femminismo intersezionale.

Intersezionalità è, in sociologia e giurisprudenza, la sovrapposizione di diverse identità sociali e le relative possibili discriminazioni. All’interno di un sistema patriarcale che si perpetra da secoli a discapito di alcune categorie di persone, «il femminismo intersezionale ci ha aperto gli occhi sul fatto che ogni discriminazione sia intersecata con le altre. […] Se tutte le discriminazioni sono collegate è giusto che ognuno di noi faccia il possibile per fare in modo che il suo attivismo riguardi ogni minoranza discriminata e non solo quella di cui fa parte». Questo significa riconoscere il meccanismo che muove il sistema e intervenire su tutti i fronti possibili: una lotta in favore dei diritti solo di alcuni non può considerarsi vera lotta.

In Anche questo è femminismo si alternano, quindi, numerosi contributi che – di capitolo in capitolo – puntano un faro su una specifica disparità: dall’abilismo alla grassofobia, dalla distorsione della rappresentazione culturale alla disparità in ambito lavorativo, dagli sport al classismo, il volume cede lo scettro dell’esaustività in favore dell’idea della maggior rappresentanza possibile di tutte le istanze. Il risultato è una panoramica esatta, senza rischio di fraintendimenti, della situazione sociale, politica, economica e culturale italiana. Il tutto corredato da un apparato di fonti e note bibliografiche che predispone il lettore e la lettrice nella maniera corretta: partire da qui per iniziare a pensare in maniera trasversale, intersezionale appunto, e continuare, poi, attraverso altre opere, altri autori e altre autrici, in quella direzione.

Femminismo non è soltanto battersi affinché non si debba più assistere all’ennesimo femminicidio (57 in Italia a oggi), vuol dire riconoscere che la matrice è la stessa quando si compatisce una persona perché disabile, quando a una persona non binary è imposta una scelta tra maschile e femminile, quando una competizione sportiva femminile è trattata alla stregua di una gara dilettantistica. I limiti che il perpetrarsi di comportamenti discriminatori impongono alle persone che ne sono vittime sono incalcolabili: lo racconta, ad esempio, Sofia Righetti, filosofa specializzata nei disability studies, feminist e crip studies, nonché attivista, content creator e autrice di podcast, in merito allo stigma relativo al corpo delle donne disabili.

«Negando la validità sessuale e la desiderabilità di una donna si nega il raggiungimento “dell’adultità”: la capacità di autodeterminarsi, l’autorevolezza, l’autonomia nelle scelte della propria vita. Attraverso tale processo d’infantilizzazione le donne disabili vengono costantemente trattate come delle minori, delle eterne bambine, con conseguenze drammatiche che le donne senza disabilità hanno il privilegio di non dover subire.»

Se la rappresentazione che la società fa dell’essere donna, ad esempio, è falsata perché indirizzata al rispetto di alcuni modelli stereotipati, allora l’intera narrazione sarà condizionata in tutti i modi in cui è possibile farlo. Come nel cinema, ad esempio, dove vige come altrove «la logica del potere e del privilegio basata sulla scarsità»: le persone con disabilità, non etero, transgender e non bianche non hanno ancora uno spazio narrativo autentico, se non come macchiette ulteriormente stereotipate; la promessa di rappresentatività nei prodotti mediatici è menzognera perché favorisce il fenomeno della marginalizzazione o, peggio ancora, del freak.

Il discorso sviluppato all’interno di Anche questo è femminismo non è, però, un tentativo di demonizzare la società quanto quella di offrire prospettive, di fare chiarezza attraverso dati statistici, di evidenziare le falle del sistema per trovare un momento di sintesi finale. Affinché questo possa verificarsi, occorre essere realistici e fare fronte comune, trovare i motivi per cui lottare insieme e non quelli per cui non farlo. A comprova di un approccio che non si è mai smentito nel corso di tutto il volume, uno degli ultimi capitoli è affidato a un uomo, Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista, che esplora il concetto di mascolinità tossica e la necessità, anche per gli uomini, di liberarsi dalle logiche machiste e maschiliste in favore della libera affermazione del sé e del rispetto di ogni specificità.

Come scrive in chiusura Virginia Cafaro, «Riusciremo mai a tener conto di tutte le discriminazioni e disuguaglianze? E se sì, in che modo ne terremo conto? Riusciremo a dare voce a tutti, ad ascoltare tutti? Come avverrà questo passaggio?»






Photo credits
Copertina: Unsplash

Foto bianco e nero: History.com

categorie
menu