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Povere creature! Lanthimos e la libera ricerca del sé



Cinque anni di silenzio, di progetti attribuiti e mai realizzati, di corti rimasti inediti in Italia, cinque anni in cui si è sentita la mancanza dello sguardo barocco e tagliente di Yorgos Lanthimos. Un’attesa che è valsa la pena affrontare quando il ritorno è potente e da capogiro come Povere creature! (Poor Things), un film complesso e divisivo che, sull’onda dei grandi successi di Gerwig, Nolan, Cortellesi e Wenders, porta al cinema un pubblico curioso e variegato, spesso digiuno della poetica e dello stile del regista greco.

Adattamento del romanzo di Alasdair Gray, ad opera di Tony McNamara, già sceneggiatore de La Favorita, Povere creature! racconta il coming of age di Bella Baxter (Emma Stone), donna suicida riportata in vita dal chirurgo Godwin Baxter (Willem Dafoe) attraverso il trapianto del cervello del bambino che la donna portava in grembo. Quella di Bella è una vera e propria crescita fatta di scoperte, di insegnamenti, di esperienze e incontri che la mutano fisicamente e mentalmente. Una donna attorniata da uomini che non sanno resistere al suo fascino di creatura primordiale e innocente, ma che vengono da lei messi in riga non appena acquista sicurezza e padronanza di sé.

Lanthimos

 Lanthimos definisce il suo ultimo film un’opera sulla libertà, quella libertà a cui tutti i personaggi del suo cinema, sin dalla sorella maggiore di Kynodontas, ambiscono, ma che difficilmente raggiungono senza danni collaterali (pensando a The Lobster, la donna miope può ottenere la libertà di amare solo perdendo la vista, punizione inflitta dalla sua carnefice capogruppo). Per Bella Baxter la libertà è un richiamo incessante che parte dal riuscire ad articolare un pensiero completo o al camminare senza barcollare, per poi trasformarsi nel bisogno di provare piacere fisico e di conoscere il mondo che sta al di fuori della casa di God – soprannome del dottor Baxter che di Bella è il Dio creatore oltre che il conoscitore del suo destino. La giovane donna, temeraria e curiosa sfrutta ogni occasione disponibile per allargare i propri orizzonti, segue per il mondo un ricco libertino, Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) e con lui prova l’ebbrezza e il piacere del sesso – furiosi sobbalzi, secondo il linguaggio sinestetico di Bella – senza pudore, scardinando ogni tabù e regola vigente in quella buona società a cui si deve sempre rendere conto. Il sesso, come il cibo, come Lisbona, Alessandria d’Egitto, Parigi, sono novità fantasmagoriche che riempiono il cuore di Bella, che la fanno evolvere e che per lo sguardo di Lanthimos diventano fantasmagorici quadri surrealisti illuminati e resi palpitanti dal desiderio di afferrarne l’essenza. Fish eye, panoramiche a schiaffo, primi piani e dettagli si susseguono armoniosamente in una danza conturbante che avvolge e disturba lo sguardo dello spettatore: si tratta di un linguaggio filmico che cresce, matura e accompagna la storia di formazione della protagonista, parallelamente a quello verbale che si trasforma in una frenetica sinfonia di climax ascendenti.

Lanthimos

Il diventare donna di Bella Baxter passa attraverso la sperimentazione e l’adattare ogni situazione alle sue personali esigenze, anche il prostituirsi non è un’imposizione, ma un’esigenza che si trascina appresso la voglia di migliorarsi attraverso lo svolgimento di una professione che la renda economicamente indipendente. Ma cosa succede agli individui coinvolti nell’irrequieta danza della seducente creatura di laboratorio? Perdono la testa, sono costretti a provare sentimenti autentici – amore, odio, rabbia – epurati da ogni sovrastruttura socio-culturale. Vengono così alla luce i veri mostri che nulla hanno a che vedere con i freaks – le creature nate dagli esperimenti di God – e neanche con la deformità fisica: i veri mostri, come in tutta la filmografia di Lanthimos, sono gli uomini ordinari, rispettabili, brillanti in apparenza, gli insospettabili che, invece, feriti nell’orgoglio finiscono con lo spergiurare e mostrarsi secondo la loro vera natura di ipocriti, arrivisti, senza alcuna ideologia, amanti del denaro e del potere. In un turbine di eccessi visivi, in cui la forma è portata all’eccesso, anche i personaggi e le performance attoriali sono tutte sopra le righe, sovrastate da una Emma Stone che forgia la sua eroina senza alcun riferimento a cui appigliarsi – lo conferma lei stessa in numerose interviste. Utilizza il suo talento per la commedia e le sue movenze mai perfette, l’espressività del suo volto per lavorare sull’ironia e sul grottesco senza mai cadere nel macchiettistico, regalando dignità e valore a quella bambina che impara a conoscersi specchiandosi nel mondo e nelle sue ingiustizie.

Povere creature! è, dunque, un’opera-mondo in cui il mito della caverna di Platone, Frankenstein, Pinocchio, Freud, Fassbinder, Méllès e Fellini si scontrano e dalla loro fusione irruenta e generatrice – come le scariche elettriche che riportano in vita la donna suicida – nasce un prodotto complesso, articolato, ammaliante e corrosivo che avvolge e respinge in un caleidoscopio di colori, suoni, suggestioni abbaglianti e meravigliose, che stordiscono e contribuiscono a definire il profilo di una donna libera, viva, rinnovata, aperta agli altri e all’altruismo, pronta a trovare una dimensione che le appartenga e le corrisponda. C’è chi sostiene che Bella Baxter sia la risposta intellettuale a Barbie; la verità è che la storia di Bella su pellicola inizia dove quella di Barbie finisce spingendo sull’acceleratore e sull’anarchia di un pensiero che si muove senza confini, paure, prevaricazioni culturali e convenzioni da rispettare sul cammino della realizzazione.

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