Comincia oggi, ufficialmente, la settantottesima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Il Lido è tirato a lucido, sono state aperte molte più sale, anche in isola – ossia, proprio a Venezia – e si aspettano con emozione le delegazioni. Accanto ai chilometri di pellicola scorreranno fiumi di spritz, e Limina ha preparato una piccola guida di sopravvivenza, per neofiti e non.
Le regole base sono: idratarsi, tenere un golfino in borsa perché l’aria condizionata non scherza, e ricordarsi di prenotare tutti i biglietti – non esistono più le file last minute, è tutto digitale.
Orientarsi: la Mostra di Venezia per neofiti e non cinefili
Se chi legge è un navigato cineamatore veterano di molti festival salti pure questo paragrafo a cuor leggero, se invece chi legge ama andare al cinema senza sentirsi però unǝ cinefilǝ espertǝ ed è curiosǝ di sapere come è strutturata la Mostra, a seguire lo spiegoncino.
La Mostra del Cinema di Venezia si divide in sezioni.
La sezione principale è quella dei film in Concorso, che comprende quest’anno 21 titoli, tra cui la Giuria internazionale, che in questa edizione è presieduta da Bong Joon-ho, assegnerà: Leone d’Oro per il miglior film, Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria, Leone d’Argento – Premio per la migliore regia, Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, Premio Speciale della Giuria, Premio per la migliore sceneggiatura, Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente.
La sezione Orizzonti, «dedicata a film rappresentativi di nuove tendenze estetiche ed espressive», comprende quest’anno 8 titoli non competitivi Orizzonti Extra e i 19 titoli tra cui la Giuria Internazionale Orizzonti selezionerà i vincitori dei premi Orizzonti per il miglior film, la migliore regia, la miglior interpretazione femminile, la migliore interpretazione maschile, la miglior sceneggiatura e il miglior cortometraggio, oltre ad attribuire un Premio Speciale della Giuria Orizzonti.
Ci sono poi i 19 film Fuori Concorso (di cui 10 documentari), che non fanno parte della competizione, ma che sono stati selezionati per essere presentati in anteprima internazionale nella cornice prestigiosa della Mostra.
Ci sono inoltre la sezione Biennale College Cinema: «laboratorio di alta formazione, ricerca e sperimentazione, per lo sviluppo e la produzione di lungometraggi a micro-budget aperto a team di registi e produttori di tutto il mondo»; e la sezione Venice VR Expandend dedicata ai progetti immersivi in realtà virtuale, fruibili con gli appositi visori.
Infine, la Giuria del Premio Venezia Opera Prima assegna, tra tutte le opere prime di lungometraggio presenti nelle diverse sezioni competitive della Mostra (Selezione ufficiale e Sezioni Autonome e Parallele), il Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”.
La versione della Mostra di Venezia in piena pandemia aveva lasciato spazio a molte produzioni che in un’edizione comune sarebbero state travolte dalla marea di titoli “di peso” provenienti dal solito cinema statunitense e inglese – assente l’anno scorso per le restrizioni sui viaggi all’estero – e che adesso ritorna con una preponderanza di titoli anglosassoni impressionante. Dal già annunciatissimo Dune di Denis Villeneuve, a The Card Counter di Paul Schrader, a Last Night in Soho di Edgar Wright, fino a The Last Duel di Ridley Scott – di cui ci si aspettava in realtà House of Gucci, ma, in ogni caso, Adam Driver sarà dei nostri – Hollywood e limitrofi tornano in pompa magna.
È un’edizione che vuole essere festosa e ottimista, e infondere nuova energia alle sale cinematografiche – diversi dei titoli presentati hanno già una distribuzione – anche se, a differenza di Cannes, Netflix è più che benvenuto. La giuria di Venezia 78 è capeggiata da Bong Joon-ho: gli fanno compagnia Saverio Costanzo, Virginie Efira, Cynthia Erivo, Sarah Gadon, Alexander Nanau e la freschissima premio Oscar Chloé Zhao. La giuria della sezione Orizzonti vede altre vecchie conoscenze della Mostra: la presidente è Jasmila Žbanić, che l’anno scorso ha presentato il durissimo Quo vadis, Aida?, primo film mai realizzato sul massacro di Srebrenica. Tornano, come giurati, anche Mona Fastvald (sempre nell’edizione 2020 era in concorso con The World to Come, una storia di amore e frontiera), e Shahram Mokri, autore di Careless Crime. Insieme a loro, il curatore della sezione cinematografica del MoMA Josh Siegel e la scrittrice Nadia Terranova.
Le danze si aprono con Madres Paralelas di Almodóvar: quasi tutti i temi più cari al regista – il rapporto con la maternità, i legami che si formano tra le generazioni e l’essere famiglia in senso ampio – sono richiamati nella storia di queste due donne che condividono una stanza d’ospedale al termine di una gravidanza non cercata. (Menzione speciale alla locandina che vede al centro un occhio la cui iride è sostituita da un capezzolo che piange una lacrima di latte, arditissimo negli anni di Instagram che come è noto censura i capezzoli femminili, una politica molto criticata e bersagliata dalle polemiche del movimento #freethenipple che rivendica l’uguaglianza nella libertà del nudo femminile quanto maschile.)
Sono numerosi i film tratti dai romanzi, in questa edizione. Primo tra tutti, il già citato Dune, dal primo volume del ciclo fantascientifico di Frank Herbert. Le turbolente vicende della stirpe degli Atreides sul pianeta Arrakis erano già state portate sullo schermo da David Lynch, nel 1984; prima di lui c’era stato il celebre tentativo di Jodorowsky, un’opera grandiosa che voleva nel cast Orson Welles, Salvador Dalì e Mick Jagger. Di questo progetto rimane uno storyboard ricchissimo e un documentario, Jodorowsky’s Dune, diretto da Frank Pavitch. Il grande scrittore e regista in ogni caso sembra non temere molto l’arrivo di Villeneuve sulla scena: in un’intervista a Indiewire dichiara che il nuovo Dune si presenta esattamente per quello che sarà: un titolo commerciale e prevedibile. E aggiunge che forse il romanzo di Herbert è inadattabile, perché è come Proust, ma per la fantascienza: eppure, per quanto in effetti sia vasta e complessa la storia di Arrakis, e del grande progetto che il popolo che lo abita porta avanti con pazienza millenaria, nella speranza di vedere un giorno la vegetazione tornare tra le sabbie del deserto, Villeneuve potrebbe essere il nome giusto per restituire questa speranza su pellicola, avendo già dimostrato di padroneggiare benissimo il genere.
Operazione ambiziosa anche quella di Xavier Giannoli, che con Illusions perdues si rifà direttamente a Balzac: nel cast, figura l’attore e regista Xavier Dolan.
Un esordio, sempre a ispirazione letteraria, è invece quello di Maggie Gyllenhaal (già però regista di corti, tra cui Penelope, di cui vi abbiamo già parlato qui l’estate scorsa), che adatta La figlia oscura di Elena Ferrante: torna al centro la riflessione sulla maternità, sull’inquietudine e il desiderio, e i misteriosi legami che si formano tra le persone.
Audrey Diwan dirige L’événement, tratto dall’omonimo testo di Annie Ernaux del 2000, ma uscito per la prima volta in traduzione italiana nel 2019 grazie a L’Orma; ambientato nel 1963, segue le vicende di una promising young woman che si ritrova con una gravidanza indesiderata in una Francia in cui l’aborto non è ancora stato legalizzato. Il libro di Ernaux e quindi il film di Diwan portano sotto i riflettori un tema, quello del diritto negato all’interruzione di gravidanza, che sarebbe bello smettesse di essere attuale. E invece.
A distanza di dodici anni dal suo ultimo film, Jane Campion presenta The Power of the Dog, un titolo insolito per la regista australiana: si tratta di un western, tratto da un romanzo di Thomas Savage. Campion, dopo aver divorato il libro, ha dichiarato: «Mi sono invece chiesta quale regista l’autore, con la sua mascolinità ambigua, avrebbe voluto, e a poco a poco ho avuto la sensazione che lui mi appoggiasse un braccio sulla spalla, dicendomi: “Una pazza che è arrivata ad amare questa storia? Sì, è perfetta”».
Tra i nomi delle registe in concorso da tenere d’occhio anche Ana Lily Amirpour, che si è fatta amare dai cinefili fin dal suo esordio con A Girl Walks Home Alone At Night, l’inaspettato «spaghetti western iraniano di vampiri» in bianco e nero. Nella sua ultima partecipazione a Venezia, con il suo secondo lungometraggio, The Bad Batch, Amirpour aveva conquistato il Premio speciale della giuria, sono quindi alte le aspettative per la terza creatura con cui concorre in questa edizione: Mona Lisa And The Blood Moon, un action fantasy notturno in cui una ragazza dotata di superpoteri fugge dal manicomio e si aggira per le strade di New Orleans. (Anche di Amirpour, come di Gyllenhaal, su questi schermi avevamo avuto occasione di raccontarvi un corto la scorsa estate.)
Di nuovo ospite a Venezia dopo Ema, Pablo Larraín si rimette alla prova su una figura storica: se in Jackie esplorava il lutto, e la pesante eredità che veniva dall’essere stata una Kennedy, in Spencer il matrimonio più chiacchierato degli anni Ottanta e Novanta si sta sgretolando, ma Diana deve passare comunque le feste di Natale con the Firm a Sandringham. Per ora, si dice che Kirsten Stewart abbia azzeccato alla perfezione l’accento britannico, e che sia in odore di Oscar. Certo è che sarà interessante ritrovare Larraín davanti a un biopic dopo l’esperienza folle e liberatoria di Ema.
Parecchi i titoli italiani (ben cinque dei ventuno in Concorso), su cui spiccano Paolo Sorrentino, con È stata la mano di Dio, e Mario Martone, con Qui rido io. In modo diverso i due film esplorano Napoli, girando attorno a due figure opposte ma emblematiche: Maradona, il mito del protagonista del film di Sorrentino, e Eduardo Scarpetta, capostipite di una delle più celebri dinastie teatrali e del teatro dialettale moderno. Concorrono, forti del successo di Favolacce, anche i fratelli D’Innocenzo con America Latina, un film in cui la Latina del titolo naturalmente è quella a sud di Roma. I D’Innocenzo compaiono anche come sceneggiatori nell’ultimo film di Wilma Labate, La ragazza ha volato, presentato nella sezione Orizzonti extra.
Italiano – celeberrimo e celebratissimo – è anche uno dei due vincitori del Leone d’Oro alla carriera: Roberto Benigni, di cui il Direttore della Mostra, Alberto Barbera, dice: «Pochi artisti hanno saputo come lui fondere la sua comicità esplosiva, spesso accompagnata da una satira dissacrante, a mirabili doti d’interprete – al servizio di grandi registi come Federico Fellini, Matteo Garrone e Jim Jarmusch – nonché di avvincente e raffinato esegeta letterario». L’altro Leone D’Oro alla Carriera della settantottesima Mostra è una leonessa, Jamie Lee Curtis, che quarant’anni fa fece il suo esordio in Halloween e adesso è a Venezia per presentare Halloween Kills, di cui il regista David Gordon Green dice: «Siamo onorati che la Mostra del Cinema di Venezia sia il luogo della nostra presentazione internazionale. Non avremmo potuto scegliere una città migliore, o più bella, per dare inizio al nostro regno di terrore».
Non resta che recuperare i programmi, trovare la quadra delle proiezioni e, finalmente, entrare in sala.
Numeri e curiosità
- I lungometraggi presentati in anteprima nella selezione ufficiale di Venezia 78 sono 76 (un vero peccato che non sia stato possibile aggiungerne un paio), ma alla manifestazione nel suo complesso parteciperanno, tra tutte le sezioni, le proiezioni collaterali e speciali 3218 titoli, di cui 1624 lungometraggi (198 italiani) e 1474 cortometraggi.
- La Selezione Ufficiale comprende produzioni e coproduzioni di 63 diversi Paesi. In testa Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, mentre partecipano con un unico titolo: Albania, Arabia Saudita, Bolivia, Cambogia, Cile, Ecuador, Egitto, Filippine, Grecia, India, Israele, Kazakistan, Kosovo, Lettonia, Libano, Lussemburgo, Macedonia del Nord, Myanmar, Nepal, Nuova Zelanda, Pakistan, Perù, Slovacchia, Siria, Slovenia e Yemen.
- Per il quarto anno consecutivo l’illustrazione del manifesto ufficiale della rassegna (che potete ammirare anche nella copertina di questo articolo) è firmata da Lorenzo Mattotti, che l’ha intitolata Sguardi a confronto e la racconta così: «I due personaggi simboleggiano due visioni diverse che si incontrano e si confrontano, si guardano e si studiano, ma non si oppongono: grazie al Cinema e al suo ruolo centrale, creativo, propositivo».
- La Biennale di Venezia ha annunciato ufficialmente la sua intenzione di «impegnarsi in modo attivo e concreto nella sfida epocale del contrasto al cambiamento climatico e della transizione ecologica, verso un sistema più sostenibile che raggiunga risultati duraturi nel tempo». In questo senso ha dichiarato inoltre che il primo obiettivo che si pone è raggiungere la neutralità carbonica per la 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, «uno sforzo importante, che renderà la Mostra il primo evento cinematografico di questo peso a intraprendere e a richiedere la certificazione del percorso di azzeramento, di una componente fondamentale del proprio impatto ambientale».
- Venezia 78 per chi non è a Venezia: grazie alla sala web è accessibile da remoto una selezione di film di Orizzonti, Fuori Concorso e Biennale College – Cinema, con una capienza limitata. I cortrometraggi saranno visionabili su festivalscope.com, mentre i lungometraggi abbonandosi al canale dedicato Biennale Cinema Channel, che include già una library iniziale di 40 titoli delle sezioni Concorso, Fuori Concorso e Orizzonti delle edizioni della Mostra fra il 2007 e il 2020.