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Per un’estetica del male, da Lombroso a Disney



Il 21 dicembre del 1937, esattamente a 83 anni da oggi, due furono gli eventi che segnarono indelebilmente la storia del cinema: la nascita di Jane Fonda e quella di un film capace di far sognare, negli anni, milioni di piccoli spettatori. Entrambi gli espisodi furono certamente carichi di bellezza, ma solo il secondo riuscì a codificarne i tratti. Se è infatti vero che la bellezza sta nell’occhio di chi guarda, è altrentatto veritiero che, l’occhio in questione, non è immune da influenze esterne. Ecco allora che una strega vanitosa può trasformarsi in un’influencer ante litteram, soprattutto quando la sua storia da fiaba popolare diventa un classico intramontabile dell’animazione. Perché Biancaneve e i sette nani, proiettato in anteprima al Carthay Circle Theatredi Los Angeles il 21 dicembre del 1937, non è solo il primo lungometraggio a colori della storia, è anche l’antesignano di una lunga serie di film Disney in grado di dettare precisi codici estetici a una moltitudine di generazioni.

Quando la regina Grimilde interpella lo specchio più famoso del cinema, la domanda è sempre la stessa: «Specchio servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?». A muovere il tutto è la lotta per il gradino più alto sul podio della bellezza. Una bellezza che smette di corrispondere ai tratti estetici della strega cattiva solo quando lo specchio si imbatte nella candida, buona e generosa Biancaneve. È in quell’istante che alla bellezza vengono attribuiti i lineamenti delicati della giovane, forme non troppo lontane da quelle di una diva dell’età d’oro di Hollywood. Vien da sé che al male, la bruttezza, la cattiveria, spettino sembianze diametralmente opposte, riconoscendo così, nella spigolosa e oscura Grimilde, l’essenza del male.

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Biancaneve e Gimilde – Biancaneve e i sette nani, 1937

Non è un caso che il primo film Disney abbia impressionato Dario Argento a tal punto da ispirargli un capolavoro quale Suspiria, ma quando si assoccia il volto orribile della vecchia Grimilde alla malvagità (e quello della bambola Biacaneve al bene), è difficile non pensare ai ripetuti tentativi dell’uomo di dare un volto al male. Una ricerca che si perde nei secoli e che sboccia forse nell’antica Grecia, in quel principio della kalokagathia secondo cui ciò che è bello deve essere anche buono.
Tra le figure che hanno speso la vita a cercare i canoni estetici della malvagità, tra frenologia, fisiognomica e altre pseudoscienze, spicca inevitabilmente quella di Cesare Lombroso (1835-1909) che, come i creatori della bella Biancaneve, riuscì a influenzare non poco la società del suo tempo. Basti pensare, su tutti, a Bram Stoker. Le parole spese da Jonathan Harker per descrivere il volto del Conte Dracula rispecchiano alla lettera quelle usate da Lombroso per il suo uomo delinquente, ovvero quell’individuo che, secondo il padre della criminologia, sarebbe nato per essere un criminale.

HARKER: «La sua faccia era (…) aquilina, con il ponte del sottile naso alto e narici arcuate.»
LOMBROSO: «Il naso (…) è spesso aquilino come il becco di un uccello rapace.»
HARKER: «Le sue sopracciglia erano molto massice e quasi si toccavano sopra il naso.»
LOMBROSO: «Le sue sopracciglia sono folte e tendono a incontrarsi sul naso.»
HARKER: «Le sue orecchie erano pallide e molto appuntite in alto.»
LOMBROSO: «Con una protuberanza sulla parte superiore del margine posteriore (…), retaggio dell’orecchio appuntito.»

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Salvo rari casi di fascinosi villains alla Gaston (La bella e la bestia, 1991) o al più recente Principe Hans (Frozen, 2013), i cattivi Disney si suddividono in genere in tre categorie: brutti e magri (Jafar, Capitan Uncino), brutti e grassi (Governatore Ratcliff), brutti e corpulenti (Shan Yu, Clayton). Al netto della prestanza fisica, ad accomunarli è la bruttezza, nonché i lineamenti a essa associati, non troppo distanti da quelli descritti da Harker e Lombroso: ciglia folte e molto vicine tra loro, naso aquilino o estremamente pronunciato e orecchie appuntite. Caratteristiche del criminale per nascita alle quali, secondo i testi di Lombroso (primo su tutti L’uomo delinquente, 1876), si aggiungerebbero il mento pronunciato, gli zigomi sporgenti e, più in generale, una disarmonica asimmetria del volto.

Bastano pochi esempi per notare come l’armonia delle forme e delle proporzioni, che dall’epoca classica definisce il concetto di bellezza, sia estranea al volto dei cattivi Disney che, in fatto di nasi adunchi, ciglie foltissime e menti pronunciati, ne sanno più del criminologo veronese.
L’attenzione all’antropometria e alla fisiognomica nell’universo Disney non interessa però solo il mondo umano, ma anche quello animale. Sono le sorelle Adelina e Guendalina Blabla a ricordarcelo, citando tesi dagli echi lombrosiani durante il loro incontro con Romeo e Duchessa, ne Gli Aristogatti (1970). Quando le due oche perbeniste restano scandalizzate dal fatto che i due gatti non siano sposati, i tratti che “ridisegnano” nel povero Romeo, dopo un primo cordiale approccio, sono infatti tutt’altro che lusinghieri.

ADELINA: «I suoi occhi sono troppo vicini.»
GUENDALINA: «Degenerato! Occhi troppo uniti. Subdoli. E guarda che sorriso contorto.»
ADELINA: «E ha il mento sfuggente.»
GUENDALINA: «È un donnaiolo, che gioca col cuore delle signore ingenue.»

Ma se la descrizione dello sventurato Romeo è viziata dallo status sociale delle aristocratiche oche, quella che l’intera fauna disney ci offre dei propri malvagi non lascia spazio a interpretazioni. Anche nel regno animale infatti, armonia e grazia sono attributi dei buoni, mentre i cattivi restano condannati alla deformità e alla bruttezza. Così, nella savana disneyana, non tutti i leoni sono degni del proprio regno e basta un rapido faccia a faccia tra fratello buono (Mufasa) e fratello cattivo (Scar) per ritrovare i tratti oscuri e spigolosi che tratteggiano l’indole di ogni villain che si rispetti.

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Scar e Mufasa – Il re leone (1994)

Tra i fan più accaniti della versione originale de Il re leone (1994), non tutti hanno apprezzato le caratteristiche fisiche del nuovo fratello malvagio (2019), tanto che qualcuno sembra parlare di “revisionismo”. Meno espressivo della sua controparte cartoonesca, il leone cattivo risulterebbe infatti anche meno perfido e spaventoso, secco e malnutrito, quasi che, in un eccesso di pietà, i creatori del nuovo Scar avessero voluto spezzare una lancia in suo favore.
Può suonare rassicurante che nell’universo Disney, a più di ottantanni da Biancaneve e i sette nani, si possa capire per chi tifare giudicando dall’aspetto, ma ora che le principesse hanno smesso di aspettare l’uomo che le salvi, affrontando un tanto atteso processo di emancipazione, confidiamo che anche i villains possano presto conquistare il loro diritto alla bellezza.

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