«Lo conoscevano come Jim Carrey». Ci mette in guardia fin da subito, fin dalla prima frase del prologo, il noto attore canadese che ha scritto Ricordi e bugie, “romanzo hollywoodiano quasi autobiografico” insieme allo scrittore e giornalista Dana Vachon, autore del libro Mergers and Acquisitions, e collaboratore di varie testate, tra cui Vanity Fair e il New York Times. Jim Carrey e Dana Vachon scoprono subito le loro carte con una frase dal sapore misterioso che svela immediatamente il tema principale del romanzo: l’identità.
Già, perché il Jim Carrey che vive all’interno del libro non è in toto l’attore che conosciamo. Si tratta infatti di un alter ego, come se il vero Carrey si guardasse da fuori, vedendosi compiere azioni che non sempre gli appartengono, come accade al suo personaggio nel magnifico Se mi lasci ti cancello, che riesce a osservarsi dall’esterno (come in un déjà vu, dice) mentre inizia l’operazione per rimuovere dalla sua mente i ricordi della sua (ex) amata.
Un po’ come nel film di Michel Gondry, il romanzo è giocato sui ricordi, che però vengono reinventati, modificati. E non sapremo mai fino a che punto. Ancora divertendoci a trovare parallelismi con quella pellicola, è come se Carrey volesse mantenere comunque in vita buona parte del suo vissuto, portandola in forma scritta per non farla cancellare e per non dimenticarla lui stesso. E poi ci sono le bugie (ricordate chi era l’attore di Bugiardo bugiardo?) in un continuo gioco tra realtà e finzione in cui il personaggio funge da doppio dell’attore.
Pubblicata da La nave di Teseo, questa semi-autobiografia è un’operazione del tutto coerente con la figura dell’autore che l’ha scritta: un volume totalmente fuori dagli schemi, sia nella struttura che nei contenuti, un viaggio mentale e a tratti surreale all’interno dell’inconscio del personaggio e della persona che hanno vissuto parte di quei ricordi. Curioso che, sempre a proposito della filmografia di Carrey, anche la frammentazione dell’io fosse un tema toccato in Io, me & Irene, piccolo film comico-demenziale dei fratelli Farrelly dove l’attore mostrava per l’ennesima volta la sua versatilità.
Frutto di otto anni di lavoro, Ricordi e bugie è un libro che va fuori dagli schemi anche per come sovverte la classica struttura delle autobiografie di attori e registi di Hollywood: l’idea del “libro-verità”, in cui gli artisti raccontano i loro segreti, i vari aneddoti sul set e i rapporti (conflittuali o meno) con i colleghi, viene totalmente ribaltata da un romanzo che rivoluziona tale concetto, diventando completamente spiazzante fin dalle prime pagine per il lettore, incapace di distinguere tra realtà e finzione, sogni e ricordi, sincerità e menzogna.
Il personaggio del libro è l’ennesima maschera (The Mask…) che Carrey ha indossato nella sua carriera, divisa tra dramma e comicità, traumi umani e professionali, cadute e rinascite. Non manca comunque il divertimento (a partire da quello dei due autori che, siamo pronti a scommettere, si sono divertiti moltissimo a scrivere questo libro) per il lettore, a cui questa riflessione esistenziale regala anche momenti fortemente ironici, spesso sarcastici, a tratti anche caustici, che rappresentano i passaggi più godibili dell’intero testo.
Si ride molto leggendo Ricordi e bugie, seppur siano spesso risate amare perché il contesto è inerente a un mondo che sembra sull’orlo del baratro, quasi in una realtà pre-apocalittica, con numerosi riferimenti che toccano l’attualità e l’America degli ultimi anni. Non mancano svolte narrative ingenue e una certa ridondanza nel racconto delle numerose disavventure che colpiscono il protagonista, ma Ricordi e bugie ha diversi assi nella manica, proprio grazie alla sua diversità rispetto a prodotti dello stesso genere.
Un altro elemento interessante è il fatto che, in un’epoca in cui il politically correct sembra essere diventato per Carrey (e non solo per lui) una forma silenziosa di dittatura, il suo libro risponde uscendo completamente dal contesto, andando anche a citare diverse altre celebri figure di Hollywood attraverso ulteriori alter ego, tutti da scoprire per chi ancora non avesse approcciato il volume.
E a ben guardare si capisce presto che sono proprio la Mecca del Cinema e i suoi meccanismi, le sue ipocrisie e il suo gioco di apparenze a essere i principali bersagli di Carrey in questo volume. Il suo personaggio è un attore di successo, ricchissimo e che sembra avere tutto dalla vita; ma che allo stesso tempo si sente terribilmente solo. Non è ancora sul viale del tramonto ma il momento migliore della sua carriera sembra essere passato (qui il riferimento autobiografico appare più realistico che mai). In un universo in cui l’egocentrismo e il desiderio di avere like sui social ha tolto spazio a quasi qualunque forma di umanità, il personaggio ha tentato, senza riuscirci, varie strade per superare questa fase di stallo esistenziale (anche qui le dinamiche sembrano rimandare alla futilità del mondo dello spettacolo).
Il mondo dorato di Hollywood viene messo alla berlina con piglio eccentrico e sarcastico da una scrittura priva di schemi e convenzioni: Carrey descrive non solo il tema della celebrità e della dipendenza dall’essere famosi, ma anche il ruolo degli agenti, le amicizie, i drammi pubblici e privati fino alle paure più profonde all’interno dell’anima umana. Tra le figure pubbliche citate segnaliamo Nicolas Cage, nei panni di un curioso amico del personaggio, ma anche lo sceneggiatore Charlie Kaufman (colui che ha scritto proprio Se mi lasci ti cancello) che potrebbe aiutare il protagonista a scoprire un nuovo lato di sé e arrivare a vincere un premio importante.
Può piacere o non piacere questo romanzo, può essere amato o odiato, ma certamente non può lasciare indifferenti e, fatto ancora più importante, sembra essere davvero la conferma che Carrey costituisca un corpo estraneo all’industria cinematografica americana di questi anni. Sembra davvero una figura che arriva da un altro luogo e nella cui mente è davvero impossibile penetrare. Come se venisse dalla luna, potremmo dire, come quella bellissima canzone dei R.E.M., Man on the moon, che parlava di Andy Kaufman e, di conseguenza, anche un po’ di Jim Carrey, il suo vero alter ego, anche al di là del film omonimo di Milos Forman che risulta ancora oggi la sua interpretazione migliore.
Immagine di copertina: Jim Carrey in un’illustrazione di Ab Hamid
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