All’indomani delle recenti elezioni americane, in un’intervista rilasciata a La Repubblica a cura di Antonio Monda la scrittrice caraibica naturalizzata americana Jamaica Kincaid ha dichiarato: «Troppa gente è attratta dal fascino dei criminali». Questa frase, ovviamente, è riferita a Donald Trump e a tutti i processi che lo vedono coinvolto ed è difficile smentirla: sembra ormai che le persone siano attratte da chi comanda in modo autoritario, chi promulga l’odio nei confronti degli altri, ma soprattutto da chi sa molto bene come manipolare la verità per proprio tornaconto personale spacciandosi, però, per qualcuno che sa ascoltare il paese reale, gli ultimi e gli emarginati. Il fascino verso un certo modo di porsi nei confronti del mondo ha pervaso ogni aspetto delle nostre vite e non più soltanto le serie tv e il cinema.
Impossibile non menzionare Donald Trump scrivendo di The Boys, perché in questa serie sembra di vedere la sua America. Ideata da Eric Kripke (creatore di Supernatural), The Boys è una serie originale Amazon Prime giunta alla quarta stagione con una quinta in arrivo, adattamento del fumetto omonimo di Garth Ennis e Darick Robertson e pubblicato fra il 2006 e il 2007 da WildStorm prima e da Dynamite Entertainment poi, che già più di dieci anni fa aveva forse previsto come sarebbero diventati non solo gli Stati Uniti di oggi, ma tutto il mondo. Negli Stati Uniti raccontati da The Boys le persone comuni convivono con i supereroi. I “Supes” combattono il crimine, compiono missioni di salvataggio e sono gestiti dalla multinazionale Vought International, che dedica la maggior parte delle risorse e della promozione a un gruppo di supereroi d’élite chiamato The Seven, che viene coinvolto anche in missioni militari e all’estero. La composizione dei Sette è cambiata nel corso della storia e cambia attraverso le stagioni, ma una costante è il leader: Patriota (Homelander in lingua originale, interpretato da Antony Starr). Allo strapotere che la Vought International esercita attraverso i Supes, nascondendo all’opinione pubblica i danni collaterali spesso tragici che l’uso dei superpoteri causa, si oppone un gruppo clandestino chiamato, appunto, The Boys. La prima stagione inizia con il primo dei tragici incidenti che la caratterizzano: il Supe A-Train, rientrando da una missione, con la sua supervelocità travolge una ragazza per strada uccidendola e lasciando del suo corpo solo le mani, a pendere tra quelle del fidanzato che le stava stringendo. Quel ragazzo è Hughie Campbell, che si aggregherà ai Boys, arrivando a scoprire che Vought International ha mire di potere e di controllo del paese se non del mondo intero.

In The Boys la figura dei supereroi da positiva diventa negativa, simbolo di un potere che si nutre della violenza e della manipolazione delle menti attraverso la paura e il cospirazionismo. Sebbene il fumetto sia più esplicito e spinto della serie tv, quest’ultima sa comunque mantenere la violenza e cattiveria della storia originale, in cui il confine fra bene e male si confonde in una zona grigia dove anche chi vuole fare del bene è spesso costretto a ricorrere al male. In merito a questo risvolto negativo del potere, in un’intervista su The Hollywood Reporter Eric Kripke ha affermato che, nel momento in cui ha ideato la serie nel lontano 2016, aveva già intenzione di ideare un progetto su supereroi diventati supercattivi, ma l’elezione di Trump li ha portati ancora di più in quella direzione, grazie a una combinazione tra coincidenza e ottimo tempismo che lo ha portato in una specie Satan’s writers room, ovvero una cabina di regia di Satana che prevede e racconta ogni sua mossa:
«Quando Seth, Evan [Seth Rogen ed Evan Goldberg, produttori esecutivi della serie assieme anche a Kripke, ndr] e io abbiamo gettato le basi per la serie, era il 2016. Volevamo soltanto fare una versione molto realistica di uno show di supereroi dove questi sono celebrità che si comportano male. Trump era il tipo su cui ci chiedevamo se veramente sarebbe stato nominato Presidente. Quando è stato eletto, avevamo una metafora che diceva tanto del mondo attuale. All’improvviso, stavamo raccontando una storia sull’intersezione fra celebrità e autoritarismo e come i social media e l’intrattenimento sono usati per vendere il fascismo. Siamo capitati proprio nell’occhio del ciclone, e quando l’avevamo capito, mi sentivo obbligato ad andare in quella direzione il più lontano possibile».
Quanto dice Kripke ha trovato riscontro nella vita reale. L’ultima puntata della quarta stagione, difatti, ha cambiato titolo da Assassionation Run in Season Four Finale a seguito dell’attentato contro Donald Trump da parte di Matthew Thomas Crooks e gli ideatori della serie hanno dovuto inserire un disclaimer in cui hanno dichiarato di prendere le distanze da ogni tipo di violenza condannando, pertanto, quanto accaduto il 13 luglio scorso. Il mondo tratteggiato da Kripke è infatti quello dove i social media e l’intrattenimento alimentano la violenza e influenzano la mente delle persone portando a creare divisioni e a gesti estremi. A manipolare i mezzi di comunicazione qui sono gli stessi Supes. Se da un lato, ad esempio, la Vought sfrutta attraverso i suoi film la sessualità di Queen Maeve per avvicinarsi alla comunità LGBTQA+ e la storia di A-Train per, invece, dare supporto alla comunità afroamericana, dall’altro la molestia di Abisso nei confronti della collega Starlight viene raccontata al pubblico come un momento di debolezza.
Questa doppia faccia riguarda soprattutto Patriota, la quintessenza del supereroe al punto che il costume ricorda molto quello di Superman o Capitan America, il quale ha molto da nascondere. Oltre a un impellente bisogno di affetto materno – che si nota con Stormfront e Madelyn Stillwell, vicedirettrice di Vought, e dal suo continuo bere latte – e un continuo rimando alla presunta impotenza sessuale che denota la fragilità del tipico modello superomistico del supereroe, Patriota nasconde cose ben peggiori, fra cui un figlio avuto a seguito di uno stupro e che tiene nascosto in una località segreta, l’istigazione al suicidio di una ragazza che avrebbe dovuto salvare evitando che si precipitasse dal tetto di un edificio, ma anche un incidente aereo da lui stesso causato per far approvare dal Congresso una legge che porti la difesa del paese sotto il controllo dei Supes.

Patriota è l’ultimo stadio e più oscuro stadio di evoluzione dell’immaginario del supereroe. Se negli anni Quaranta nasce Capitan America, considerato simbolo assieme a Superman della Golden Age dei supereroi ed emblema di un’America che ha vinto la guerra e salvato l’umanità, nel corso degli anni l’identità del supereroe cambia: negli anni Ottanta abbiamo supereroi come The Punisher, reduce dalla guerra del Vietnam, Wolverine e Batman che convivono con la rabbia e la violenza verso un mondo che li ha feriti, e nel caso di Bruce Wayne, lo hanno portato a isolarsi completamente dagli altri. In termini hegeliani, Patriota è la sintesi di questi supereroi, e lo dimostra il discorso che tiene nella seconda puntata della terza stagione in occasione del suo compleanno:
«Io non commetto mai errori e non sono esattamente come il resto di voi. Sono più forte, più intelligente…Sono migliore, sono migliore! Non sono un fottuto piagnucolone rammollito che se ne va in giro a chiedere scusa continuamente, e perché cazzo vorreste che lo fossi? […] Per tutta la vita hanno cercato di controllarmi, per tutta la vita. Persone piene di soldi, persone potenti hanno cercato di zittirmi, annullarmi, rendermi impotente e sottomesso come se fossi un pupazzo. E ha funzionato, perché io ho lasciato che funzionasse, e indovinate? Se controllano me, allora potete scommettere le chiappe che possono controllare voi, lo stanno già facendo, ma voi non ve ne accorgete. Io ho chiuso, ho smesso di porgere le mie scuse, ho smesso di essere sempre perseguitato per la mia forza…Tutti i presenti dovrebbero ringraziare il Signore per il fatto che sono quello che sono perché avete bisogno di me. Io sono qui per salvare voi, è così. Io sono l’unico al mondo che può farlo davvero. Non siete voi i veri eroi: io sono il vero eroe. Sono il vero eroe».
Così dicendo, Patriota ci fornisce la chiave di lettura di tutti i leader sovranisti e populisti che si atteggiano da supereroi: ci dicono che abbiamo bisogno di loro e che loro al contrario non hanno bisogno di chiederci scusa e di essere i paladini di nessuno se non di loro stessi. Patriota, Trump e i populisti sono diventati ai nostri occhi supereroi che ci vogliono salvare da chi ci vuole controllare, da chi non ci permette di dire e pensare cosa vogliamo davvero, e sono gli unici che possono garantirci la libertà, grazie a una retorica falsa che manipola le informazioni per nascondere il fatto che il mondo in cui siamo piombati è fatto di violenza, regressione e quasi totale soppressione delle principali libertà individuali.
Attraverso le quattro stagioni di The Boys, Eric Kripke ci racconta un mondo di supersovranisti, uomini superomistici che si servono dei social media e dell’eccessivo protagonismo da esposizione mediatica per perseguire le proprie manie di controllo sulle masse e sul potere politico riuscendo allo stesso tempo a nascondere il loro lato criminale spacciandosi per vittime di un sistema da battere ma che loro stessi rafforzano con la violenza e le bugie. The Boys ci racconta che i supereroi sono ormai diventati supercattivi, e invita all’esercizio dello spirito critico per smascherarne le bugie e impedirgli di fare del male attraverso il loro potere di affascinare la gente mentre trasportano il mondo verso una deriva che rischia di rivelarsi senza ritorno.