«Al di là del dolore, c’erano tante di quelle cose sconosciute che non potevo perdermele per niente al mondo. E così ho fatto».
Nagla Augelli, con questa frase posta nelle prime cinquanta pagine del suo romanzo, racchiude tutto il coraggio di un forte amore per la vita, che caratterizzano la sua storia. Solo nel paragrafo precedente l’autrice elenca tutti i traumi, gli incidenti e gli interventi vissuti a soli sette anni. Le caselle sono tutte piene, ma il mondo al di fuori dell’ospedale è anch’esso pieno di cose da vivere, di persone da conoscere e di sogni da realizzare.
Difettosa, edito da Fandango nel 2024 con la partecipazione di Francesco Spiedo come co-autore, è il racconto autentico dell’esistenza di Nagla Augelli. Sin dall’incipit l’autrice mette in chiaro un paio di cose al lettore: accontentarsi della sua scrittura, della trasparenza del racconto e prepararsi al tocco ironico che attraversa tutto il libro. Il risultato è un romanzo che non solo non delude il lettore, ma riesce a far sorridere e a far apprezzare l’importanza di tutto ciò che ci accade nella vita, tra gratitudine, resilienza e voglia di vivere.

La storia inizia a un incrocio di Tripoli, con un incidente: nella macchina ci sono un padre, una mamma e una bambina, Nagla. Quest’ultima viene sbalzata fuori dall’abitacolo e impatta contro un albero, sopravvive ma rimane paraplegica. Poco dopo viene abbandonata dalla famiglia e affidata a un orfanotrofio della sua città.
La sua vita prende una svolta irreversibile e l’autrice non nasconde nulla della sua storia, mostrando sin da subito il suo carattere forte e tenace da bambina, che affronta prima l’abbandono in orfanotrofio, poi il trasferimento negli ospedali italiani, e la realtà della sua condizione. La prima parte del romanzo restituisce l’immagine di una bambina che, se da un parte vede aumentare le cicatrici sul suo corpo, dall’altra fa della sua sedie a rotelle un mezzo con cui sfrecciare nei corridoi, ogni tanto cadere, con lo spirito che caratterizza i bambini a sette anni.
Con il tempo, poi, arriva l’adolescenza, vissuta tra i reparti ospedalieri di varie città. Così ci ritroviamo una ragazza che cerca di vivere quelli che per antonomasia vengono definiti “gli anni più belli”. E nonostante le pareti di un ospedale, senza la possibilità di uscire, anche solo per frequentare il liceo, Nagla si rifiuta di rinunciare alle esperienze che segnano questi anni adolescenziali: si ubriaca per la prima volta, fuma, e scopre l’amore.
La sua vita si costella così di cose da scoprire e nonostante le difficoltà colleziona conquiste: come un tatuaggio desiderato a lungo. Tutto ciò in un paese, l’Italia, dove vive nuovamente un abbandono da parte del padre, in cui non conosce la lingua (anche se poi la ritroveremo a parlare in modo spigliato il suo romanesco), senza documenti, senza la possibilità di un futuro.
Con il tempo, poi, arriva l’adolescenza, vissuta tra i reparti ospedalieri di varie città. Così ci ritroviamo una ragazza che cerca di vivere quelli che per antonomasia vengono definiti “gli anni più belli”. E nonostante le pareti di un ospedale, senza la possibilità di uscire, anche solo per frequentare il liceo, Nagla si rifiuta di rinunciare alle esperienze che segnano questi anni adolescenziali: si ubriaca per la prima volta, fuma, e scopre l’amore.
La sua vita si costella così di cose da scoprire e nonostante le difficoltà colleziona conquiste: come un tatuaggio desiderato a lungo. Tutto ciò in un paese, l’Italia, dove vive nuovamente un abbandono da parte del padre, in cui non conosce la lingua (anche se poi la ritroveremo a parlare in modo spigliato il suo romanesco), senza documenti, senza la possibilità di un futuro.
Ciò che caratterizza la sua figura è la capacità non solo di darsi coraggio ma anche di diffonderlo a chi le è accanto. Agli amici che incontra in ospedale, a chi si affeziona alla sua storia e cerca di aiutarla ad avere ciò che tanto desidera: una vita come tutti gli altri, un lavoro, una casa. Nagla vuole costruire una propria autonomia, andando contro l’etichetta di “difettosa” che la società cerca di affibbiarle. Gira con la sua sedia per tutta Roma, affrontando le difficoltà che la città pone, barriere architettoniche e pregiudizi, senza mai perdere la voglia di costruirsi una vita come quella di chiunque altro: vuole un lavoro e lo ottiene, una casa tutta sua e riesce ad acquistarla.
La storia di Nagla è poi percorsa anche dalla sua passione per la lettura. Proprio in ospedale incontra Lorenzo Amurri, che la esorta a raccontare la sua storia. A lui è dedicato questo libro, un omaggio a un’amicizia che ha lasciato un segno profondo, anche se Amurri non potrà leggere queste pagine.
Spicca agli occhi del lettore la scrittura di Augelli: dinanzi a una storia fatta spesso di dolore, ciò che non manca mai nel suo racconto è l’ironia. Una capacità di scrittura in un contesto così forte che ci fa sorridere ma che ci fa anche guardare dentro, e pensare a tutte le volte in cui abbiamo affrontato qualcosa con negatività. L’ironia e la forza espressiva che ne deriva permettono a Nagla di evitare ciò che in fondo annuncia nell’incipit: essere sincera nel suo racconto, essere diretta.
«Leggevo cose così diverse, alternando leggerezza e morbosità, pur di uscire fuori da quelle quattro mura che mi pesavano come una prigione»: è proprio la lettura a permettere a Nagla di poter credere nella possibilità di vivere la vita che merita. I libri, e poi la scrittura, le danno la possibilità di poter andare oltre le etichette che la società vuole imporle.
Scrivere e leggere per sentirsi libera. Scrivere e leggere per sentirsi viva e avere il coraggio di sorridere, nonostante tutto.