Forse perché la vita era davvero una cosa semplice,
ed erano gli uomini a complicarsela inutilmente.
Il Predatore (Bottega Errante Edizioni, 2024) è il romanzo di esordio di Marco Niro, fondatore del collettivo di scrittura Tersite Rossi, giornalista e scrittore. Un romanzo consegnato all’editore nel 2021, ben prima dei fatti di cronaca accaduti in Trentino nella primavera del 2023, che hanno violentemente acceso il dibattito sulla convivenza tra uomini e orsi. L’orso è il nucleo della narrazione, il fulcro attorno al quale ruota tutta la vicenda. «Il romanzo però parla di uomini, non di orsi. L’orso viene citato solo in poco più di 30 pagine del romanzo, anche se ‘orso’ è la parola con cui inizia e finisce il romanzo. È stato tutto un caso, non si tratta di un instant book», afferma Niro.
Un noir che inquadra un microcosmo di una piccola realtà di montagna, che rivela la miseria umana dei suoi abitanti, arrivisti, indifferenti, spregiudicati, o semplicemente ciechi di fronte ad alcune dinamiche, ormai troppo radicate e normali, per chi ci vive. Tre ragazzini – Diego, Alessio, Marco – un medico, un commissario, un politico, un prete, un ex guardia boschi anarchico. La vicenda si svolge a Cimalta – un fantasioso borgo sulle Alpi – intrecciando le vite di molti, umani e non. Una notte, nel bosco, avviene un fatto di sangue orribile, e questo sconvolge la vita dell’intero paese.
«Volevo scrivere di montagna focalizzandomi su una realtà che da troppo tempo vedo prevalere, popolata da figure ambigue che dicono di volersi battere per il futuro della montagna e al tempo stesso la distruggono, come ambiente e come cultura». Un’analisi lucida e razionale, una forte componente di critica sociale, grazie alla sensibilità tipica di chi, venendo da fuori, riesce ad avere il giusto distacco, una prospettiva più ampia e chiara. «Sono originario della provincia di Cremona, ma vivo in montagna da quasi vent’anni. Ho voluto evidenziare una realtà che viene dipinta come positiva, ma che non sempre è. Per fare questo, ho dovuto esagerare e caricare, là dove possibile. Ma, come dice Bernhard, solo esagerando si rendono visibili le cose».
Un grande lavoro di documentazione, prima che di scrittura: Niro è partito dalla conoscenza dell’orso, studiando su manuali di zoologia, per cercare di raccontare la storia dal punto di vista dell’animale. Una sfida quindi, sia dal punto di vista di contenuto, sia di forma letteraria. «Un aspetto presente nel romanzo è la letteratura di inchiesta: c’è un certo rapporto con la montagna, con il territorio, con la politica e con l’uso che la politica fa di questo territorio».
Il predatore è un romanzo caratterizzato da uno stile che tiene vive l’attenzione e la tensione. Ma è allo stesso tempo un grido di allarme su ciò che sta accadendo nelle zone di montagna, dove «si rischia di stravolgere un ambiente per farne qualcosa di ludico, per soddisfare i bisogni di pochi, a discapito di chi ci abita». L’orso nelle cronache quotidiane è stato – e continua a rimanere, a tratti – un fenomeno da baraccone, il capro espiatorio di questioni e vicende che hanno come unico scopo quello di distruggere l’ambiente montano a favore del turismo di massa. L’inserimento di questo animale in Trentino, infatti, aveva alla base un progetto ad alto profilo scientifico, progetto scivolato poi dalle mani degli esperti a quelle dei politici. Non è stato più fatto, quindi, ciò che era fondamentale fare: gestione, informazione, e ricerca. E questo accanimento, paura e terrore sono tangibili nell’opera di Niro. La sua è una narrazione capace e ricca, che intrattiene il lettore alternando momenti di introspezione con colpi di scena, arricchito dall’analisi dei protagonisti – prede e predatori – che, ognuno a suo modo, indagano sulla vicenda, consentendo di dare al lettore un punto di vista variegato della dinamica. Un romanzo corale, diversi caratteri lo affollano e lo arricchiscono.
Come scrisse Tolstoj «per essere universali bisogna parlare del proprio villaggio» e così ha fatto Marco Niro. Un romanzo di montagna che va oltre il fattore geografico, indagando sul totale antropocentrismo, sulla paura del diverso, tipico del tempo che stiamo vivendo. Ed è proprio l’orso che impersonifica, nel romanzo, il concetto di limite e di diversità, che cade poi a cascata sui personaggi: alcuni perdono il senso del limite, altri invece, trovandosi ai margini della comunità, iniziano a comprendere.
«Ho voluto usare gli strumenti del genere per piegarli e renderli funzionali alla causa della narrativa d’inchiesta, ovvero l’unico modo per fare sì che il genere letterario oggi resti vivo e significativo». Sono tanti gli interrogativi che nascono, dalla lettura di questo noir, sul rapporto tra uomo e natura, sulla natura dell’uomo stesso, sull’istinto di prevaricazione. Chi sono i veri predatori? L’opera di Marco Niro induce il lettore a farsi domande sulla società in cui vive, anziché restare semplicemente in superficie in maniera inconsapevole, quasi però senza accorgersene, catalizzando la sua attenzione sullo svolgersi di una vicenda che diventa un’occasione esperienziale totalizzante.