Una vita difficile e intollerabile, cadere mille volte per arrivare quasi al punto di non ritorno, e infine trovare il coraggio di andare avanti. Questo è ciò che emoziona leggendo Il Bird Hotel di Joyce Maynard, pubblicato in Italia da NN Editore con la traduzione di Silvia Castoldi.
È nel pieno della sua infanzia, seduta davanti al televisore con la nonna materna, che Joan, la protagonista del romanzo, viene a sapere della morte della madre. Stringe forte la matita con cui disegnava, il telefono squilla, delle persone cercano la famiglia della donna coinvolta nell’esplosione. È il 1970, e da quel giorno la protagonista perde la madre e se stessa: costretta a cambiare nome, diventa Irene e inizia una vita fatta di fughe.
Ma c’è sempre qualcosa che la perseguiterà: quel polpastrello ritrovato sul luogo dell’esplosione dove sua mamma è morta. Quell’indizio la porterà alla verità.
Irene affronta le prove che la vita le pone davanti e arriva a definirsi felice con Lenny e il loro bambino. Tuttavia ancora una volta la vita sembra andare contro di lei. È una sera d’ottobre, a pochi minuti dalla partita tra Giants e gli Oakland Series, quando un’auto in corsa le porta via le due persone più importanti della sua vita.
Dopo esattamente vent’anni, quando sembra arrivato il momento della resa, la protagonista di Maynard, nel ricordo dell’amore vissuto e con la convinzione che sia sempre possibile rimediare, inizia il suo viaggio.
Senza meta e senza destinazione, senza più nulla, ma con una forza immensa, sale a bordo di diversi mezzi fino ad arrivare a La Llorona. Un lago e un vulcano, un hotel e un’altra donna, dei nuovi compagni e la natura, le permettono piano piano di ritornare a vivere.
La Llorona è un posto che si riempie di persone provenienti da ogni parte del mondo. Alcuni ci arrivano per staccarsi dalla frenesia della quotidianità, per perdersi un po’ nel fascino della natura. Altri per passare una luna di miele – e comprendono di non essere fatti l’una dell’altra. Altri ancora, come Irene, giungono spinti dal destino.
«All’epoca non riuscivo a immaginare, a credere di poter fare qualcosa, di poter trovare un luogo capace di alterare la realtà immutabile delle mie indicibili perdite. Quando ero salita sull’autobus verde volevo solo allontanarmi dalla mia vita di prima. L’idea di arrivare altrove – in un luogo in cui le cose sarebbero state migliori, o anche solo diverse – non mi aveva attraversato la mente».
Venuta a mancare la vecchia proprietaria, Leila, Irene assume la direzione dell’hotel e la sua vita inizia a riempirsi nuovamente di persone. Le sue giornate si riempiono di nuove conoscenze, di vissuti altrui, di lutti altrui. Nonostante l’amore e la fiducia che ripone nel prossimo e nella natura che la circonda – malgrado a volte le persone la tradiscano e la natura si risvegli – Irene non tradisce mai la promessa fatta di non rivelare la sua identità. Lo farà solo alla fine, quando aprirà il suo cuore e la sua vita a un uomo.
La protagonista di Maynard ci insegna una cosa: la possibilità di un approdo inatteso sull’isola della salvezza. Ci esorta a credere che effettivamente anche ciò che sembra irraggiungibile, come la rinascita, si può avverare.
Joyce Maynard crea un romanzo pieno di eventi e personaggi. Come sottolinea Silvia Castoldi, la concatenazione degli eventi sembra a volte fluttuare e confondersi. A dare un senso e un filo conduttore a tutti i dolori raccontati è il desiderio di delineare la possibilità di rinascita in qualsiasi caso. Per esempio, si può fuggire da un marito che pensa solo ai propri interessi e che ti abbandona in un luogo deserto per un giorno intero. C’è la sofferenza, ma anche la capacità di saper perdonare, di non portare rancore e andare avanti. C’è la possibilità di conquistare la donna di cui ci si innamora durante l’adolescenza nonostante le ripetute delusioni, perché in fondo l’amore vero poi ripaga di ogni sacrificio.
In questo posto senza nome che diventa un vero e proprio protagonista del romanzo, ognuno porta i propri fantasmi e i propri pesi, e quello scenario promette loro un potere terapeutico.
Irene ci insegna, inoltre, che anche i dolori e le delusioni trovano un senso, una spiegazione, oppure possono semplicemente diventare più sopportabili. Un messaggio questo veicolato anche dalla stessa scrittura di Maynard. Nel corso della lettura, infatti, non si ha mai un senso di angoscia o pesantezza. Ciò che il lettore percepisce è il coraggio della protagonista, la tenacia che fa stringere i denti e credere che alla fine di questa storia, si tornerà a rivedere quel cielo pieno di lucciole. E questo può accadere anche quando non è la stagione, anche quando quel cielo fino a poco tempo prima era scuro.