Non sente gli anni Stragi d’Italia. Ombre nere 1969-1980, pubblicato dalla casa editrice Jaca Book; sia per gli apporti di testimonianze inedite, sia perché il suo autore, Daniele Biacchessi, si conferma uno scrittore dallo stile accattivante senza essere mai superficiale, un giornalista che ha scelto di continuare a raccontare senza remore o paura della verità, che riesce a restituire in maniera chiara ricerche approfondite, senza banalizzarle o dare facili giudizi, e soprattutto senza spettacolarizzazioni, ma con una assunzione di responsabilità in un profondo impegno civile dove l’indignazione per quello che è avvenuto vibra e fa vibrare anche il lettore.
Quelle che l’autore raccoglie in questo testo sono vicende dolorose già più o meno note che dovrebbero far parte del nostro patrimonio culturale, argine e antitodo a derive reazionarie. Così non è. Per questo è un libro particolarmente importante, perché l’autore inanella i fatti mostrandoli nella loro essenza. Con la sua capacità di narratore tesse parole mostrando le trame ordite in una stagione terribile di sangue e violenza vissuta dal nostro paese senza che si sia mai compiuta una reale elaborazione di quel periodo e lo fa con una profonda onestà intellettuale, astenendosi dalla forzatura di piegarle a scoop sensazionalistici millantando sconvolgenti rivelazioni.
Purtroppo nulla è scontato in questa Italia in cui si fa fatica ad avere e a fare memoria, soprattutto di vicende ancora considerate scomode e che si vorrebbe sottoporre a una rilettura parziale e possibilmente di parte, vicende che hanno avuto un iter processuale complesso e complicato da depistaggi e omissioni e che solo in rari casi hanno avuto parole di giustizia in aule di tribunale solo grazie a anni di pervicace impegno da parte delle associazioni dei familiari delle vittime e di una “società civile” che si è fatta carico, fermo restando che troppi in un’aula di tribunale non sono riusciti a entrare perché archiviati, “immeritevoli”, secondo la giustizia, di un dibattito pubblico e quindi di una verità e giustizia ufficiali.
Quelle raccolte da Biacchessi sono tutte storie collegate tra loro da uno spesso filo nero, ordito e tramato da entità non oscure in una strategia di cui ora sappiamo molto se non tutto grazie a chi ha continuato a farsi carico, coraggiosamente e con una coerenza sempre più dote rara. Daniele Biacchessi è degno epigono di quei coraggiosi giornalisti d’inchiesta che, in tempi in cui nulla era scontato, cercarono di andare oltre le veline ufficiali, e si assunsero la responsabilità di non essere l’eco di un potere depistatorio e coinvolto; giornalisti non asserviti che fecero della contro informazione un elemento importante a cui tanto dobbiamo per una ricostruzione non arbitraria della verità, se non altro storica.
Sia come giornalista che come narratore Daniele Biacchessi ha continuato a provare a rendere giustizia alle tante vittime di stragi politiche, ad accompagnarle e a non permettere che venissero dimenticate senza avere paura di essere scomodo, pervicacemente raccontandole nei suoi tanti servizi giornalistici di inchiesta, nei suoi libri, con i monologhi di teatro civile da cui ha tratto film documentari utilizzando il suo incisivo stile narrativo accompagnato dalla suggestione dei disegni animati di Giulio Peranzoni.
Sono storie che sono entrate nella Storia, che hanno sconvolto la vita non solo delle persone direttamente coinvolte e di chi è sopravvissuto e ha dovuto assumersi la responsabilità della testimonianza, ma di tutta una società che stava profondamente cambiando raggiungendo importanti diritti e che ha visto bombe scoppiare e innocenti morire nelle banche, nelle piazze, sui treni, nelle stazioni o nelle questure in un crescendo di violenza che ha profondamente segnato e determinato quello che siamo oggi.
Daniele Biacchessi racconta e continua a raccontare, non si è lasciato scoraggiare, non si è arreso ai mutamenti politici e a tutti i mistificatori della storia, e continua una preziosa opera per rendere quello che è stato (e si potrebbe anche scrivere maiuscolo) di tutti e per tutti, perché il non sapere non sia l’alibi per l’ingiustizia. «Dedicato alle vittime delle stragi, a chi ricerca con coraggio la verità, a chi conserva il vizio della memoria» questa la sua significativa dedica, introduttiva all’opera, concetti che vanno oltre l’essere parole, di un “manovale” della memoria, che non possiamo che ringraziare per il suo incessante impegno.
Photo credits
Copertina – Ehimetalor Akhere Unuabona su Unsplash