Cos’è la paura? Perché talvolta ne siamo sovrastati? È un sentimento positivo oppure negativo?
In realtà, quando ci si trova di fronte a un pericolo (o a una minaccia), la paura sorge spontanea in chiunque. Anzi, è proprio rispetto a un’eventuale minaccia che si definisce la paura, anche quando il pericolo è solo immaginario. La paura è d’altronde una difesa che abbiamo, è un’emozione che ci allerta quando siamo in pericolo, è una sensazione che ci porta a mobilizzare le nostre risorse interne, che ci costringe a reagire, che ci spinge a trovare il modo migliore per far fronte a pericoli e minacce.
Da questo punto di vista, la paura è senz’altro positiva: senza paura, sarebbe difficile concentrarsi e individuare le migliori strategie per affrontare situazioni difficili. La paura, però, può anche diventare qualcosa di estremamente negativo, soprattutto quando si accumula, comincia a diventare opprimente, e si trasforma in angoscia o panico. Quando la paura diventa angoscia, infatti, invece di aiutarci a superare le difficoltà e a combattere i pericoli, ci paralizza. Lo spiegava già Montaigne, in uno dei suoi saggi, scrivendo che la paura è talvolta capace di «darci le ali ai piedi», e quindi di spronarci e sostenerci, ma talvolta anche di «inchiodarci a terra», e quindi di bloccare la possibilità stessa di fronteggiare situazioni o eventi complessi. Non è un caso che la paura sia stata spesso oggetto di strumentalizzazione, e che sia sempre l’angoscia paralizzante che permette, a chi l’alimenta, di controllarci e sorvegliarci – come diceva Machiavelli, chiunque governa la paura di una persona diventa padrone della sua anima.
Se mi sono permessa di iniziare questa breve riflessione sulla situazione che regna oggi in Italia distinguendo “paura” e “angoscia”, è perché ho la netta sensazione che nel nostro paese, in seguito alla diffusione del coronavirus, si stia assistendo a reazioni scomposte e irrazionali che non fanno altro che aumentare caos e sofferenza. Certo, non si tratta qui di sottovalutare i pericoli di un’epidemia, né di istigare a comportamenti irresponsabili. È bene che le informazioni scientifiche circolino, che le persone affette dal virus evitino di diffonderlo contagiando parenti, amici o colleghi, che gli ospedali si preparino ad accogliere e a curare nel miglior modo possibile chiunque sia malato. Ma la sensazione che si ha – o almeno che ho io, vivendo e lavorando in Francia dove sono tra l’altro rientrata da pochi giorni tornando proprio dall’Italia senza che nessuno mi eviti o guardi con sospetto – è che la paura del contagio si sia pian piano trasformata in una sorta di panico generale: supermercati presi d’assalto, strade vuote, discorsi allarmisti, sterili polemiche, sguardi diffidenti su chiunque abbia anche solo un semplice raffreddore, gesti di rabbia e insofferenza mal celata. Nonostante gli specialisti siano concordi sul fatto che il virus si diffonde certo velocemente, ma in molti casi le conseguenze sulla salute delle persone non siano poi così drammatici (tranne quando siano presenti patologie o fragilità di altro tipo, ma questo è vero sempre). Nonostante ogni anno, per l’influenza, ci siano complicazioni e un numero non esiguo di persone che non riescano a sopravvivere. Nonostante l’allarmismo di tanti stia avendo effetti drammatici sullo sguardo che, dall’estero, si porta sull’Italia.
C’è chi dice che in Francia non si stiano facendo i controlli necessari. C’è chi ne critica la superficialità e l’irresponsabilità. Ma se ogni volta che si è in presenza di un’epidemia il mondo si fermasse, quali sarebbero le conseguenze? Chi diffonde ansia si sta rendendo conto dei danni profondi che sta causando al nostro paese? Pensiamo a tutti i turisti che in queste ore stanno annullando prenotazioni e viaggi in Italia, anche per il periodo pasquale. Pensiamo alle speculazioni finanziarie di cui sin da ora è vittima la nostra economia. Per non parlare poi dell’immagine del nostro paese: disorganizzazione, litigi, sciacallaggi, incapacità, inesperienza. Vista dall’esterno, l’Italia sembra sull’orlo di una crisi di nervi. Inutile poi prendersela con i giornali stranieri: siamo noi italiani che ci stiamo purtroppo facendo del male da soli.
Il panico blocca, immobilizza, fa perdere il sangue freddo e la capacità di ragionare. Lo sa bene chiunque abbia vissuto una crisi di angoscia: in preda al panico, ci si ferma, non si è più in grado di valutare oggettivamente le situazioni, si perde la testa. Cosa può mai portare di buono a un paese il panico collettivo che si sta diffondendo? Non è forse il momento di calmarsi e di trovare tutti insieme le migliori strategie per affrontare al meglio la situazione?
Credits: Philippe Caza, Le Tropeau Aveugle