Finalmente uno scrittore. Questo ho pensato molte volte leggendo Chiromantica medica, la raccolta di racconti con cui Alessio Mosca esordisce per Nottetempo. Finalmente uno scrittore disposto a lavorare «sotto l’ala protettrice dei demoni», per usare una splendida immagine di Gottfried Benn, uno scrittore apparentato a quella razza schiva, talentuosa e luciferina a cui appartengono Luciano Funetta, Giordano Tedoldi e Franco Stelzer. Autori che come Mosca non hanno a cuore le sorti del mondo, che non cercano né di migliorarci né di esaminare o di estirpare nessuna delle tante storture della nostra spaesata società, perché sanno benissimo, sempre affidandoci all’intuizione di Benn, che «I demoni non richiedono decoro e cura della moralità, il loro nutrimento – predato a caro prezzo – è fatto di lacrime, asfodeli e sangue. Volano di notte sulle terrene sicurezze, dilaniano i cuori, distruggono beni e felicità. Entrano in risonanza con la follia, la cecità, il tradimento, l’irraggiungibile, che sono alla reciproca ricerca. Chi è in loro balìa, che abbia ventiquattro o sessant’anni, conosce i tratti delle loro teste rosse, avverte i loro colpi, mette in conto la dannazione».
Togliamoci dunque il peso: leggendo Mosca non troverete suggerimenti per formulare petizioni online o tasselli utili per formarsi una opinione sui temi “assolutamente necessari” del momento, e nemmeno ne uscirete migliorati; no, non vi verrà offerta la convinzione illusoria di aver trovato un amico, o peggio, qualcuno in grado di capirvi e amarvi per ciò che siete. In compenso il vostro sguardo sul mondo effettuerà una muta come quella degli insetti, creature capaci di abbandonare il proprio esoscheletro e di continuare con l’esistenza mostrandosi al contempo identici e rinnovati. Allo stesso modo, la vostra visione della realtà, pur rimanendo vostra, acquisterà una capacità più spiccata di individuare il senso nascosto che si cela dietro l’apparente casualità della vita.
L’apofenia è la predisposizione a individuare schemi e connessioni che tra loro non dispongono di una evidente correlazione logica, e Mosca utilizza questa attitudine distorcente con la stessa fiducia cieca e febbrile con cui il rabdomante si affida al proprio bastone per trovare l’acqua, perché «il talento è qualcosa che ha che fare con l’irrequietezza e il sogno».
Nella scena letteraria attuale molti si aggrappano ai “temi” e alle “tematiche”, credendoli fondamentali e salvifici, addirittura imprescindibili, senza accorgersi come spesso altro non siano se non vecchi tapis roulant, che a fine corsa li abbandonano, senza fiato, nell’identico punto da cui erano partiti. Questo scenario rende ancora più eccitante e rinvigorente imbattersi in un autore come Mosca, uno scrittore capace di affrontare il mondo con una enorme fiducia nella letteratura. Ma si badi bene, la fiducia nella letteratura è ben diversa dalla fiducia nella vita, essa infatti vive una propria parabola al tempo stesso aristocratica e parassitaria, e sempre morbosa: la fiducia nella letteratura spinge a visitare i paesaggi mentali vicini alla delazione, alla bugia e all’assassinio, dipinge figure giocose e cannabili, nutre burroni, si disinteressa in modo violento di qualsivoglia salvezza. La letteratura di Mosca e dei suoi simili si svolge con maggiore intensità negli scantinati e nei vicoli ciechi, nelle catacombe e nelle campagne avvelenate, piuttosto che lungo i grandi boulevard delle belle intenzioni. E infatti eccoli, i protagonisti di queste storie, ecco i santi coatti, ecco gli uomini incaprettati, ecco le mappe tratteggiate con i lividi, i manicomi, le transumanze, ecco le divinità remote che riemergono accanto a superstrade e capannoni in attesa di sangue come fossero altari sacrificali. Le vicende che questi personaggi vivono, patiscono e impongono al mondo, lette una di seguito all’altra producono una melodia inebriante, che spaventa e affascina, e infine ipnotizza.
La lingua di Mosca procede per contrazioni sinuose come quelle di un serpente ma anche per salti improvvisi, da pulce o da cavalletta. C’è molto amore e molta asprezza nel suo fraseggio, quasi si trattasse di una partitura per frantoi chiamati a triturare microchip mischiati a fiori, scarti di macellazione e litografie di guerra. Il fatto che molte di queste storie percorrano sentieri confinanti con il delirio non deve trarre in inganno: si tratta di narrazioni altamente più credibili delle tante storie verosimili che affollano gli scaffali delle librerie; e lo sono perché avvengono davvero sulla pagina, non scimmiottano la realtà ma la convincono o la costringono a partecipare. E lei, la realtà, finalmente libera dai vincoli e dalle etichette, deraglia. Deraglia in modo meraviglioso senza mai smettere, tracciando linee come fanno gli aratri, oppure spalanca gli spazi, getta in aria cespugli e rocce, palazzi e piscine, facendoci scoprire nuovi territori, nuove destinazioni, antiche ossessioni.