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Il sesso è esoterico. L’ultima fatica non troppo letteraria di Francesco Pacifico



Il nuovo libro di Francesco Pacifico, una raccolta di racconti, si intitola Solo Storie di Sesso (nottetempo, 2022). Indubbiamente al suo interno ci sono storie di sesso, ma forse non “solo”. O meglio, sembra che per il suo autore il sesso non sia una cosa da poco, ma che rimandi ad altre dimensioni dell’esistenza, a volte misteriose, e forse a qualcosa di inconoscibile.
A fianco di questo c’è anche una riflessione sulla monogamia e sul tradimento che si estende lungo tutta l’opera, e che in generale sembra essere al centro di molte delle ultime iniziative di Pacifico.

Abbiamo provato a farci spiegare da lui che cosa c’è dietro. Per quanto sia possibile.

Partirei dalla domanda più facile possibile, ma la risposta forse non lo è altrettanto: perché hai scelto di scrivere di sesso?
Mi verrebbe anche da chiederti se è un tema che ti interessa più che in passato, per quanto sia più o meno sempre stato presente nei tuoi libri. E, se sì, se ti sei chiesto come mai.
Questo libro è nato a novembre 2021 dopo che avevo già scritto un racconto porno, uno erotico-filosofico, e un monologo a sfondo porno-spirituale. Erano usciti su raccolte varie. Quell’autunno forse ero diventato parte della cosiddetta Grande Rassegnazione: non avevo più voglia di fare cose fatte in passato; per esempio, di bazzicare sempre posti dove si parla con troppa ritualità di letteratura. Mi è venuta voglia di andare in giro a leggere e parlare di sesso, così per cambiare aria, per uscire dalla depressione del Covid. Ho chiesto a Nottetempo, in particolare ad Alessandro Gazoia, con cui ci eravamo sempre cercati per fare qualcosa, se poteva stamparmi un piccolo libro da portare in giro nelle mie serate. Poi il libro è diventato meno piccolo, mi è venuta voglia di scrivere altre cose.
Nei mesi che portavano a novembre avevo letto con la mia voce tre audiolibri: il mio saggio letterario Seminario sui luoghi comuni e soprattutto i miei due romanzi Storia della mia purezza e Class. Anche se uno parlava di religione e l’altro di soldi, leggendoli mi sono accorto che scrivo di sesso da sempre, è sempre la chiave, la porticina segreta che i personaggi infilano quando scoprono cose. Credo di avere una visione gnostica del sesso. Non è mai un’attività a sé, a parte, ma sempre una porta dimensionale, il buco del bianconiglio. Il buco, d’altronde… E quindi da lì mi è entrata in testa l’idea di essere onesto per una volta e scrivere sesso in copertina.

Sesso Pacifico

Allora mi tocca chiederti verso quali altre dimensioni conduce questa porta. Non a caso parli di gnosi: perlomeno in Istruzioni e probabilmente anche nell’ultimo racconto, quello presentato come postfazione, ho sospettato una forte dimensione allegorica.
Sì, vero. Dove conduce questa porta? Essendo una dimensione gnostica, non posso rispondere in modo diretto. Facciamo così. Esistono tante forme di controllo della mente che noi scambiamo per dati di realtà. Il vastissimo ceto medio su cui è fondata quest’epoca vive più su certi assi cartesiani che nei dati di realtà. Si sentono tutti poveri, soprattutto i ricchi. È difficile stare nel momento, perché il momento è solo un ingranaggio di un meccanismo industriale. Certi infrattamenti improvvisi, certe riorganizzazioni delle geometrie sessuali… possono improvvisamente illuminare e smascherare il lavoro del demiurgo pasticcione che ci chiede di tenere la telecamera accesa in call, che ci chiede di dimagrire, che ci chiede di essere fedeli. Più di così non si può dire. Si possono fare degli esercizi. Chiedi a qualcuno di metterti una mano tra le gambe. E basta.

A proposito di forme di controllo: la monogamia, che è forse il bersaglio principale dei tuoi ultimi scritti, è ovviamente un costrutto sociale. Volendo fare l’avvocato del diavolo, ci sono una serie di ragioni per cui è culturalmente così dominante. In primis mi sembra che fosse nato dal bisogno di certezze sul piano ereditario. Si torna ancora una volta ai soldi quindi. Possiamo dire però che forse nel mondo di oggi è un concetto del tutto superato, che non ha più alcuna funzione pratica? Perché resiste allora? Almeno pubblicamente.
Poi si potrebbe aprire un altro capitolo sul pubblico/privato. Nel tuo realizzare quasi un manifesto prendi una posizione chiara rispetto a quel sentimento molto diffuso per cui “regolamentare le cose, renderle ufficiali, normarle… toglie tutto il gusto del proibito” che per esempio sta alla base delle posizioni di molte persone omosessuali (spesso anziane, spesso artisti) contrarie a istituzioni come il matrimonio. Del resto la nostra cultura popolare, la nostra commedia, quanto è basata sul concetto di tradimento? C’è un rischio che si corre anche nel normalizzare la trasgressione, forse. Cioè la scomparsa della trasgressione, che però magari è un concetto molto zen.
L’altro giorno a una presentazione del libro, in momenti diversi, ho detto due cose che sembravano in contraddizione, e un ragazzo me l’ha fatto notare: «Tu hai detto che per superare una serie di problemi, nella coppia bisognerebbe seguire il consiglio “Venite già cornuti”. Ma poi hai detto che non ha senso fare la “coppia aperta”». Io gli ho risposto: «Esatto». Poi ho articolato e gli ho detto che non le avevo mai viste insieme così, le due immagini, ma mi ci rivedevo molto. Il vero problema della gelosia è che ci si sente oltraggiati dal desiderio della persona con cui stiamo. Il tradimento è quella cosa lì. E si fa la coppia aperta per evitare in ogni modo quel senso di essere oltraggiati. Allora si diventa molto seri e regolativi e ancora più normativi di prima per evitare in tutti i modi… la sensazione di essere cornuti. Secondo me per lasciare spazio alla persona che ami, con cui sei complice, con cui ti dividi mutuo o affitto, devi avere molta più autoironia e dolcezza. Devi vederti come persona cornuta. È quello lo scandalo in fondo a tutto il discorso. Va bene la terminologia “monogamia non etica”, ma non la si può usare, con tutto il suo armamentario, per non sentirsi cornuti. Gli umani vogliono essere visti, capiti, riconosciuti. Quando un’altra persona fa sesso con una terza persona lo prendiamo come una negazione della nostra identità. Ma non è diventando forti forti quando parliamo di sesso, non è diventando dei preti della monogamia non etica, sempre a predicare col sorriso da preti tutto ottimista, che possiamo davvero sfuggire all’unica sensazione di fondo, che è quella di non essere visti. Ma essere visti è anche uno scambio: per essere visto devo non essere completamente rigido. Cosa c’è di meno rigido che abituarsi all’idea di essere cornuti?
Ma tutto ciò lo dico partendo da un’idea che io stesso potrei non condividere: che la coppia sia necessaria. Magari non lo è. Sento però che in questi anni di grandi discorsi sul sesso si resta molto sul vago su cosa sia davvero, negli anni, la vicinanza in casa di una persona amata. Credo che la vicinanza della persona amata richieda una stratificazione di sentimenti e di scelte, richieda di seminare gli avversari culturali e psicologici, richieda molto più autoironia, anzi una posizione di guerriglia autoironica.
Ho scritto le mie cose nella narrativa e non nella saggistica perché non voglio essere parte della massa di predicanti di quest’epoca. Va insabbiato tutto. Bisogna parlare per enigmi. Non stiamo facendo ingegneria sociale ma esoterismo. Il sesso è esoterico.

Ti trovi a tuo agio nella narrativa, con queste tematiche? Te lo chiedo perché mi rendo conto che la prima domanda, “perché hai scelto di scrivere di sesso?”, forse nasceva comunque da una serie di pregiudizi cui siamo anche inconsciamente abituati. Nonostante il desiderio e il sesso siano, tra le altre cose, il fondamento della sopravvivenza della nostra specie, la letteratura che tratta di queste tematiche è ancora vista in molti casi come “di genere”.
Sì capisco quello che dici, ma lo capisco come un turista, non lo sento in modo profondo. Ho avuto la fortuna di formarmi letterariamente chiuso in casa per tutti i vent’anni. La letteratura per me non è una cosa che si fa con il consenso su temi e modalità, ma uno spazio di libertà suicida. Non ho mai venduto ma mi hanno sempre pubblicato. Ho il terrore di chi legge. E soprattutto ho il terrore di chi – come dice Vincenzo Latronico – è diventato il tipo di lettor* che si identifica con la letteratura (e non con l’arte in genere) e vuole certe cose precise dai libri, un’educazione, una morale, un’elevazione, una conferma. Io scrivo perché è la cosa che riesco a fare avendo bisogno di esprimermi. Ma non ho una preferenza per la letteratura rispetto alle arti e alla cultura o, boh, alle scritture religiose. La letteratura per me ha senso solo perché si perde insieme a queste altre cose. Non riesco a vederla da sola come un feticcio. È un feticcio magari dal punto di vista interno, dell’apprendistato permanente di chi scrive, ma dal punto di vista esterno, la letteratura per me è una cosa disciolta nelle altre esperienze fondamentali della mia vita – arte, spirito, sesso, religione, economia, politica – e deve adattarsi a questa promiscuità.
Latronico dice – ma te lo dico con parole mie, non ricordo in che termini lo dice lui – che una certa editoria ha inventato un tipo di libro che ti dà la sensazione che stai leggendo un libro, che stai nel letterario. Ed è fatto per chi non ama l’arte, cioè per chi non ha modo per confrontare la paccottiglia di sapore letterario con altra arte. Ti leggi il librino fatto bene, poi ti guardi la serie tv, poi commenti la biografia di Sorrentino e ti chiedi se è tutto vero quello che c’è nel film. Dio cosa mi importa.
Per me è tutto qui. Io non vivo così, non sono quel tipo di lettore, quindi non ho aspettative precise rispetto alla letteratura. Quel tipo di lettore è stato creato dall’industria del libro e noi dobbiamo sognare di distruggere quel tipo di industria del libro anche se ci campa. È qualcosa che ci fa male e che non ci dà niente e che ci trasforma in droidi protocollari che fingono di avere una vita morale e di avere un’anima. 

Dici “ho avuto la fortuna di formarmi letterariamente chiuso in casa per tutti i vent’anni”: questa cosa presuppone anche un’educazione più letteraria che sentimentale? Magari sono completamente fuori strada, ma te lo chiedo perché ho sempre l’impressione che molti di noi siano cresciuti coi libri anche a discapito di altro, e questo magari dà anche una spiegazione al nostro, da adulti, riflettere intorno al sesso più di quanto non si faccia solitamente?
Interessante. Diciamo così. A vent’anni mi sono fidanzato inutilmente, per non dare dispiaceri a mia madre facendo il libertino. Ma quel che ho letto in tutto il mio tempo libero è stato meraviglioso. Ho amato dopo i trenta. Non credo esista una educazione sentimentale vera e assicurata. A mia moglie (la mia seconda moglie) ho sempre detto che ero felice di essermi messo con lei a trentacinque anni, passata tutta quell’ossessione di trovare la persona giusta. A quel punto ho iniziato a ragionare più seriamente sul sesso. Sono contento che nella mia vita non sia successo niente dell’ordine giusto.





Photo credits
Copertina –
Deon Black

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