“Per me all’inizio c’è il corpo.
È ciò che siamo, ciò che abbiamo.
Siamo tutti come degli attori che si agitano
sulla scena della vita e la prima cosa che abbiamo
sono i nostri corpi fisici, la nostra esistenza fisica.
Nei miei film il corpo è sempre al centro.
Non me ne allontano mai. E se ciò accade,
più me ne allontano, meno mi sento sicuro di me”
David Cronenberg
Un linguaggio sotterraneo e silenzioso, un carattere radicale, una funzione al limite. L’impossibilità di una mediazione, l’esperienza del corpo sceglie un agire che diviene dichiarazione di esistenza, la discussione di sé e del mondo in cui si vive. E il corpo diviene un confine che determina un percorso intricato e complesso, un flusso culturale che si trasforma, in rapporto al contesto storico-culturale in cui si inserisce, in simbiosi con l’ambiente in cui vive.
«Il tuo corpo ha già subito molti cambiamenti. Ma è solo l’inizio. In te sta nascendo la nuova carne» (da Videodrome), un cinema della contaminazione quello di David Cronenberg, un cinema che è uscito dagli schermi ed è dilagato fuori dai canali ‘specializzati’, che ha creato luoghi, direzioni, intrecci, che ha la capacità di costruire schermi mentali su cui proiettare i desideri e le trasformazioni, nuove situazioni cognitive, nuove estensioni, una dimensione dell’arte, quella più viva, quella che ha assunto una rivoluzionata concezione di ciò che si intende per corpo, che pensa gli organismi come ribellione, che immagina nuove categorie di umani.
Dopo un apprendistato nei cortometraggi e nel softcore, Cronenberg nel 1975 realizza il film Il demone sotto la pelle, dove un parassita si diffonde, prendendo possesso dei corpi e annullando la loro razionalità a favore dell’istinto. Nel 1976 segue Rabid – Sete di sangue, la cui trama è scritta da un’epidemia trasmessa da un morso, a cui segue Brood – La covata malefica (1978). A seguire, arriveranno titoli come Scanners, Videodrome, La zona morta, La mosca, Crash, eXistenZ, fino a A Dangerous Method, Cosmopolis e Map to the Stars. Dunque Freud e Burroughs, Ballard e Don De Lillo. Dunque l’invadenza della tecnologia, la follia dei ruoli nella civiltà dello spettacolo, la perdita di controllo, la violenza, la confusione di reale e virtuale: David Cronenberg ha identificato precisamente generi, autori, tematiche di un tempo alla fine della storia.
Finora la scienza non ha cambiato profondamente la natura fisica della specie umana, anche se i suoi effetti culturali hanno notevolmente alterato alcuni dei comportamenti stabiliti nel corso dell’evoluzione. Forse nelle prossime decadi le domande rispetto al corpo, alla mente, all’Io, diventeranno prive di senso. Le nuove tecnologie, così come l’ingegneria genetica, l’intelligenza artificiale, la cibernetica e la realtà virtuale, stanno rapidamente ridefinendo le condizioni dell’esperienza fisica, il corpo è ormai una superficie significante, un sistema di comunicazione dotato di codici di accesso. Cronenberg interroga e indaga il luogo dell’umano, dove per umane si intendono tutte le mutazioni, anche quelle di carattere cognitivo, che non presuppongono alterazioni neurologiche. Si definisce come umana la specie caratterizzata dalla carne, la malattia, la morte. «Se per identificare una data malattia dovuta a un dato microbo si devono applicare i postulati di Koch, forse sarebbe utile riscrivere il test dell’AIDS tenendo presenti i ‘postulati’ di Turner: 1) la malattia è un linguaggio; 2) il corpo è una rappresentazione; 3) la medicina è una pratica politica», scrive Paula Treichler, teorico e professore di studi sulle donne e di comunicazione medica presso l’Università dell’Illinois, autrice di importanti studi su medicina, cultura e potere narrativo, attraverso uno sguardo da vicino alle comunità e risposte culturali alla diffusione dell’AIDS in Africa.
Sono le metamorfosi, le malattie, i segni sulla pelle, le geografie del desiderio, le alterazioni, i veri protagonisti dei film di Cronenberg in un universo allucinatorio. Ed è uno spazio allucinatorio quello che costruisce il registanell’edizione cinematografica de Il pasto nudo, dal romanzo di William Burroughs. Nel film Cronenberg riesce a ‘corporizzare’ il processo creativo della scrittura trasformando le macchine da scrivere in scarafaggi dotati di un orifizio labiale-anale, macchine parlanti e pensanti che dialogano con Bill Lee, il protagonista che sprofonderà in un allucinato spazio denominato ‘Interzona’, nel quale farà la conoscenza di strani individui, i Mugwamp.
Cronenberg è uno degli autori che attraversa l’ossessione del mentale e del corporeo: «Perché una mente sana deve morire, solo perché il corpo non è altrettanto sano? Come può un uomo morire, ridotto a un rottame nel fisico, mentre la sua mente è assolutamente lucida?». Per esistere bisogna avere un corpo, una carne, e Brood – La covata malefica, Shivers – Il demone sotto la pelle, Rabid – Sete di sangue, Videodrome, Inseparabili e Crash mettono in scena la nuova carne, le alterazioni prodotte della malattia, il contagio, in un processo di antropomorfizzazione di corporeità sfuggite completamente al controllo della mente.
Il regista canadese indaga la perdita di controllo del proprio corpo, crea gli spazi di nuove alterazioni mentali. «Con Videodrome ho voluto suggerire la possibilità che un uomo sottoposto ad immagini violente cominci ad avere delle allucinazioni»: la contrazione del ‘cancro creativo’, un’alterazione che si contrae dai media, dalla TV, che trasforma il corpo in uno strumento controllato da un dispositivo che induce a disfarsi della vecchia carne per la nuova carne.
In tutti i suoi film Cronenberg sceglie la malattia come elemento narrativo, una malattia, sia mentale che corporale, strettamente connessa al sesso, la malattia come punto di fusione tra il corpo e la mente. E dopo Burroughs, Cronenberg incontra l’immaginario di un altro grande costruttore di mondi, James Graham Ballard, realizzando la regia di Crash, il più estremo romanzo dello scrittore inglese:
«RAGGI X: il corpo esiste veramente, oltre il senso più terreno del termine? Il suo ruolo è stato progressivamente sminuito, tanto che sembra ormai poco più di un’ombra spettrale osservata sulla lastra radiografica della nostra riprovazione morale. Stiamo entrando in una fase colonialista del nostro atteggiamento rispetto al corpo, piena di atteggiamenti paternalisti che ne celano lo sfruttamento selvaggio, spacciato come suo interesse. Questo essere brutale deve essere alloggiato, frugalmente nutrito, limitato a quel minimo di attività sessuale che gli necessita per riprodursi, sottomesso a ogni forma di protezione illuminata e progressiva. Riuscirà alla fine il corpo a ribellarsi, a gettare nelle acque del porto di Boston tutte le vitamine, le saune, le ginnastiche aerobiche, per scacciare l’oppressore coloniale?»
Racconti psicotici, allucinati, deliranti, di una unità mentale esplosa in schegge autonome di alterazioni psicotiche. Anche per Ballard il contemporaneo si caratterizza in una nuova carne e in un alterato rapporto tra questa e una psiche modificata. Una nuova contaminazione: l’introduzione allo straordinario La mostra delle atrocità che Ballard pubblica nel 1970 con il titolo Love and Napalm: Export U.S.A. è scritta da William Burroughs:
«Love and Napalm è un libro intenso e inquietante. La linea di demarcazione tra paesaggio interno e paesaggio esterno è crollata. I terremoti possono essere originati da sconvolgimenti sismici all’interno della mente umana. (…) Poiché le persone sono fatte di immagini, questo è alla lettera un libro esplosivo. L’immagine dell’uomo esplode…»
Per Cronenberg, come per i suoi visionari referenti, saltano le categorie di corpo umano/corpo artificiale, corpo sano/corpo malato, oggetto/soggetto, e traccia le anatomie di un nuovo corpo. Afferma: «Noi non siamo mai soddisfatti del modo in cui le cose si presentano. Cambiamo in continuazione, trasformiamo anche i nostri corpi, il nostro spirito e tutto ciò che ci circonda, compresa la Terra. Se potessimo cambieremmo l’intero pianeta. Certe volte questo cambiamento ha un fine buono, altre volte malvagio ma è così che funziona e io lo trovo affascinante». Cronenberg sa che i cambiamenti sono a rischio. L’orrore di una metamorfosi mutante, la trasformazione in ‘alieno’ in un delirio di onnipotenza della scienza e della tecnologia si accompagnano con la paura di esistere, la paura della trasformazione organica, della coesistenza del fuori e del dentro. L’inquietante disagio del vivere quotidiano plasma la società contemporanea: la paura, il contatto, la malattia.
Scrive Julia Kristeva:
«Stranamente, lo straniero ci abita: è la faccia nascosta della nostra identità, lo spazio che rovina la nostra dimora. Riconoscendolo in noi, ci risparmiamo di detestarlo in lui. Sintomo che rende appunto il ‘noi’ problematico, forse impossibile, lo straniero comincia quando sorge la coscienza della mia differenza e finisce quando ci riconosciamo tutti stranieri, ribelli ai legami e alle comunità».
L’identità è plasmata dal riconoscimento o, spesso, da un misconoscimento. Questa continua mutazione dell’organico in Cronenberg è il segno di una ossessione, di una forza pulsionale che Crash riprende trasferendo le allucinazioni di Ballard all’interno di un processo tecnologico, dove ancora la macchina è co-protagonista e avversario; in questo universo l’automobile diviene il soggetto di pulsioni indicibili: un apparato meccanico dove una serie di pezzi metallici, che ricostruiscono un corpo ferito, danno forma ad una protesi, oggetto di desiderio, in una esasperazione mentale, attraverso cui i corpi mutilati ritrovano, negli amplessi, lo stato di ebbrezza di una sessualità inorganica e artificiale.
Sono ancora pezzi organici e mutilazioni protagonisti di eXistenZ, in un senso sospeso e in un mondo possibile, una riscrittura dei mondi immaginari del sogno e dell’allucinazione. La mutazione del corpo avviene attraverso il contatto fisico con la macchina: protesi, cicatrici, consolle, diventano elementi coincidenti. Per Cronenbeg in ogni inquadratura potrebbe esserci una trasformazione, uno sfasamento di prospettive, una mescolanza di colori, una distanza.
E il corpo con David Cronenberg diviene sin da subito extracorpo, gioco di illusione, fenomeno, traduzione istantanea di corpo in fantasma e viceversa. Rivestimenti come ‘pezzi’ di rivolta e di desiderio, il corpo come frontiera, come shock, come relazione sconosciuta, il corpo come progetto di smaterializzazione… identità mutante, dispersa, dissolta.
Il corpo diviene un luogo da esplorare: chirurgia plastica, ingegneria genetica, nano-tecnologie intraorganiche, protesi, innesti e derivati vari. Sono molte le tensioni: letteratura cyberpunk (da Ballard a Sterling, Gibson), corpi scomposti, rifigurati, frammentati, corpi riplasmati, ricostruiti, rimodellati: un corpo capace di assecondare i cambiamenti che stanno emergendo nel tessuto sociale e culturale.
Un corpo che si disperde in un infinito divenire che non ha soggetto, che si estende in una serie di strati che sono mescolanze, concatenamenti, incastri.
In copertina: eXistenZ, 1999