Comma 22

I taccuini di Blaise Cendrars. A bordo del Volturno



In un libro per me prezioso, scritto da Francesco Poli e Anna Maria Merlo, Modigliani e le sue donne (24 Ore Cultura), c’è un passaggio che mi ha svelato una natura inedita di Modì, ovvero la sua insofferenza verso “i viaggi”. Lo scopriamo quando vi si racconta dell’amicizia con la poetessa Anna Achmatova. «Potei conoscere solo un aspetto della sua vita (quello splendente)», scriverà nelle sue Memorie, «ero solo un’estranea, una straniera, una ventenne, probabilmente non molto comprensiva». Ancora meno comprensivo era il marito, che dirà poi di avere avuto uno scontro con lui, dopo aver notato che Anna era rimasta affascinata da Modigliani, incrociato alla Rotonde, luogo noto quale ritrovo di artisti. Gumilëv, quando parlava di Modigliani, lo definiva “mostro ubriaco”; il pretesto per quel litigio era stato il giudizio “sprezzante” – riferirà Anna – sui viaggiatori: «Riteneva che i viaggi fossero il surrogato dell’autentica azione».
Probabilmente, anzi quasi sicuramente, Modigliani lo aveva detto per provocare il marito geloso dell’evidente attrazione della consorte per l’artista italiano, altrimenti ci è davvero inspiegabile la grande amicizia che lo legava al più mercuriale dei protagonisti dell’Âge d’Or, ovvero Blaise Cendrars, il bourlingueur, il giramondo. Per anni ho portato in giro la sbronza memorabile dei due al Vert-Galant, alle prese con bottiglie di vino calate nelle acque gelide della Senna e le calorose dispute con le lavandaie “arpie” del bateau lavoir che era giusto di fronte, sull’altra sponda del fiume. E per anni ho pensato che non esistesse una migliore rappresentazione dell’amicizia tra due artisti di quell’episodio.

Cendrars

Nessuno più grande di lui nel concepire reportage talmente perfetti da instillare il dubbio nei propri lettori nonché amici quanto alla veridicità di quelle traversate, di mondi che a detta di molti erano solo il frutto dell’immaginazione del poeta. Le stesse accuse rivolte a Dino Campana che a mio avviso condivide molto con il nostro, compresa la non fortuna letteraria, sottolineata da Cendrars che quasi ridendoci su, di fronte al silenzio della critica sulla sua ultima opera dei memoirs, quella che segue nell’ordine L’Hommefoudroyé (1945), La Maincoupée, Bourlinguer, scrive:

«Le lotissement du ciel est le livre qui a fait taire la critique. Pas un seul grand ténor n’a donné. Ce n’est pas un mince résultat.»
(Un libro che ha zittito la critica, il che non è da tutti).

Bourlinguer, vagabondare, gironzolare, viaggiare – flâner però in modalità interurbana – andrebbe tradotto con veleggiare, se vogliamo attenerci ad una delle più probabili etimologie del termine, e che l’apparenta al mondo dei naviganti boulingue (voile supérieure voisine de la hune). Veleggiare fino a diventare «la gialla velatura» invocata da Esenin nelle sue confessioni di un teppista. Dei viaggi per mare effettuati da Cendrars abbiamo minuziose descrizioni, ma potremmo dire che i viaggi in generale sono corredati da mappe orizzontali, disegni, note, in grado di allineare il tempo sulla geografia dei luoghi, come per esempio in Panama ou les aventures de mes sept oncles, secondo grande poema di viaggio di Cendrars.

Cendrars

In una rara intervista diffusa su RTF nel 1950, Blaise Cendrars racconta del suo più bel viaggio:

Le plus beau voyage que j’ai fait est un voyage que j’ai fait de New York à Paris en passant par Rotterdam pour 5$. Le dollar valait à l’époque 100 sous ça doit faire 25 francs. Maintenant si vous me demandez pourquoi c’est mon plus beau voyage je vous dirais qu’à bord de ce bateau. Il y avait 400 passagers hommes et femmes et enfants refoulés par la police américaine. C’est à dire des gens qui n’étaient pas en règle, qui n’avaient pas les papiers en règle ou qui avaient fait des bêtises aux états unis qui n’avaient pas eu de veine, en sommes tous les malchanceux rien que qui n’avaient pas fait fortune en Amérique.
Chacun d’eux  m’a raconté son histoire, j’ai pris des quantités de notes, chose très rare chez moi mais j’ai perdu le cahier qui contenait tous ces récits sténographiés mais un jour, un jour je l’écrirai.

Il più bel viaggio che ho fatto è un viaggio che ho fatto da New York A Parigi passando per Rotterdam a 5 $. Il dollaro lo davano all’epoca a cento sacchi che fanno 25 franchi.
Adesso se mi chiedete perché è il mio più bel viaggio vi dico che a bordo di quella nave c’erano quattrocento passeggeri, uomini, donne bambini respinti dalla polizia americana. Gente per dire non in regola che non avevano i documenti in regola o che avevano fatto qualche sciocchezza negli Stati Uniti e che non erano in vena di aver fortuna, insomma tutti miserabili, solo miserabili che non avevano fatto fortuna in America.
Ognuno di loro mi ha raccontato la sua storia, ho preso un sacco di appunti, cosa assai rara per me ma ho smarrito il taccuino che raccoglieva tutti quei racconti stenografati però un giorno, un giorno lo scriverò.

A questo punto Cendrars racconta del suo amore per New York, un amore che lo spinge a consigliare ai suoi amici di trascorrere un mese a New York, perché un mese a New York è molto meglio di un mese in Svizzera. Nella vera storia, Cendrars in Svizzera è Frédéric-Louis Sauser ma sarà a New York che nascerà Blaise, Blaise Cendrart, per pochi attimi, prima di definirsi per sempre Cendrars. La trasfigurazione si compierà proprio in quel viaggio di andata e ritorno per New York, dove comporrà la magnifica ode dei reietti che è Pâques, seguita da Panama.

Cendrars dimentica le cose. E quando le dimentica se le inventa. Oppure semplicemente dimentica di averle inventate. A proposito di questo, Alberto Savinio scrive nei suoi souvenirs:

«Ai documenti della statuaria negra, il poeta Blaise Cendrars ha aggiunto quelli della letteratura negra, raccogliendo in una Antologia negra leggende cosmogoniche, racconti e aneddoti, favole, poesie e canzoni. Taluni dicono che molti di questi fiori della poesia negra sono creazioni dello stesso Cendrars, ma sono coloro stessi che hanno fatto a Cendrars una fama di mistificatore. Blaise Cendrars perdette un braccio nella Grande Guerra, e per compensarlo lo stato francese gli fece dono di parecchie braccia artificiali perfettamente articolate. Cendrars non riesce ad abituarsi all’arto posticcio, e poiché è un fervente viaggiatore e assieme un uomo distratto, egli lascia in consegna il finto braccio al deposito bagagli della stazione nella quale arriva, poi si dimentica di ritirarlo. Si dice che in ogni stazione della Francia ci sia in giacenza un braccio articolato del poeta Blaise Cendrars.»
Parigi, dicembre 1932

Però quel viaggio non lo dimentica, anzi lo cita quarant’anni dopo come il suo più bel viaggio e si ricorda perfino del nome del famoso battello che lo ha reso testimone e sodale di chi non ha fortuna. Si chiama Volturno.

Cendrars

LE VOLTURNO [1]

IL VOLTURNO

Le Volturno n’est pas ce que l’on pourrait croire: un vautour
C’est un simple bateau avec une cargaison
De peaux de veau, d’émigrants, de poutres de fer
De minerais, de volailles et de pauvres diables
Parmi les passagers qui sont dans l’entrepont
Se trouve aussi, au bout du rouf, tout au fond,
Le poète, qui avec un crayon au doigt
Noircit le cahier grand ouvert dans sa tête
Soumis à son destin qui l’a conduit là-dedans
Il voudrait profiter du milieu et du temps
Pour essayer une suite de petits tableaux
Sombres, louches, rauques, troubles à la manière de Rembrandt
Donc, le Volturno est un très mauvais bateau
Lent, vieux, rouillé, rabistoqué, rafistolé
Les hommes d’équipage ont l’aspect du bateau
L’un est manchot, l’autre borgne, un autre sourd
Le capitaine est toujours saoul et ses lieutenants
Font la cour aux trois quatre Juives de passage.

6 juin 1912

Il Volturno non è quello che si potrebbe credere: un avvoltoio (Vautour)
È semplicemente una nave con un carico
Di pelli di vitello, di emigranti, di travi di ferro
Di minerali, pollame e poveri diavoli
Tra i passeggeri che si trovano nei ponti inferiori
Trovi anche lui, all’estremità del casotto, nella parte più in fondo,
Il poeta, che con la matita al dito
Scarabocchia il taccuino spalancato nella sua testa
Soggiogato dal destino che lo ha trascinato liddentro
Vorrebbe poter approfittare dell’ambiente e del tempo
Per abbozzare tutta una serie di quadretti
Alla Rembrandt, foschi, ombrosi, arcigni, afflitti.
Un pessimo battello il Volturno di certo
Lento, vecchio, arrugginito, raffazzonato, rappezzato
I membri dell’equipaggio gli assomigliano
Uno è monco, guercio quell’altro, un altro ancora è sordo
Il capitano è sempre ubriaco e i suoi luogotenenti
Corteggiano tre, quattro ebree di passaggio.

6 giugno 1912

Nel poema dell’andata a New York, in quello stesso anno, Les Pâques à New York – di cui segnalo la traduzione e magnifica messa in scena audiovisiva di Orsola Puecher su Nazione Indiana – v’è una profonda appartenenza del poeta alla gente, che con lui approda alla promessa di resurrezione; quella poesia scritta di getto quando, scrive Orsola «il giorno di Pasqua del 1912, Domenica 7 aprile, esattamente cent’anni fa (l’articolo è del 2012), Freddy entra in una chiesa di Manhattan e ascolta La Creazione di Haydn» al passo aggiungiamo noi di una preghiera profondamente laica, di una realtà trasfigurata, straziante ma ancora animata dalla speranza. In Volturno è Blaise Cendrars ad apparire trasfigurato poeta, e infatti è da qui che cambia il nome, le fiamme del fuochista a bordo del Volturno lo riducono a brace Braise/Blaise e cenere Cendrars.

La metamorfosi uomo macchina è ormai realizzata, compiuta, a imbarcarsi non c’è più la speranza dei naufraghi ma la disperazione dei reietti e il poeta questa volta non può, come aveva scritto nel primo viaggio, affrancarsi da Rembrandt, e ne disegna i profili:

«Rembrandt amava molto dipingerli con il loro vestiario.
lo, ho, stasera, contrattato per un microscopio.»

Forse ha ragione Savinio a dire che Cendrars si confonde nelle memorie, come quando riprende il suo viaggio sul Volturno alla fine della notte nell’altro poema Panama ou les aventures de mes sept oncles, in un rapido ma essenziale passaggio:

Ça m’est égal
J’ai des adresses
Vivre de la tape
Je reviens d’Amérique
à bord du Volturno
pour 35 francs
de New York à Rotterdam

Tanto per me è lo stesso
Ho qualche buon indirizzo
Vivere a scrocco
Ritorno dall’America
imbarcato sul Volturno
per 35 franchi
da New York a Rotterdam

Trentacinque franchi invece di venticinque e soprattutto, nei versi che seguono, la descrizione del battello ormai fiaccato agli ormeggi da cui se ne allontana senza rimorsi, come si lascia una vecchia puttana.
Siamo partiti – del resto il tema era quello del viaggio – con l’invettiva di Modigliani contro i viaggiatori. Quel che sappiamo di certo è che a conclusione dei suoi memoirs, nel Lotissement du ciel, scritto nel 1949, Cendrars scriverà in margine «[…] le voyage continue mais sur les voies du monde intérieur». Il viaggio proseguirà ma attraverso i cammini del mondo interiore.

Seconda puntata (annuncio)

Quello che mi ha colpito della plaquette del Volturno, autori Blaise Cendrars, Pierre Alechinsky, pubblicata dalle Éditions Atelier Clot, 1989, è che la nuvola sbuffata via dai fumaioli del piccolo battello disegna nel cielo l’incerto percorso del fiume Volturno con le sue anse, soprattutto a ridosso di Capua. Ripartiremo dal bellissimo docufilm di Raffaela Mariniello, ZioRiz, dove si coglie in pieno il senso della parola bourlinguer, su cui ritorneremo.

Cendrars

[1]
POÉSIES COMPLÈTE Savec 41 poèmes inédits
Textes présentés et annotéspar Claude Leroy DENOËL.

Nota sul VOLTURNO

Parti de Libau (Courlande) pour New York sur le Birma, Cendrars est
revenu en Europe sur le Volturno. Écrit pendant le voyage, ce poème
resté inachevé est à peu près inconnu. Retrouvé par Miriam Cendrars,
il a fait l’objet chez Fata Morgana, en 1989, d’un tirage confidentiel de
27 exemplaires comportant tous en frontispice un dessin original signé
de Pierre Alechinsky. A la fin de la même année, l’Atelier Clot a publié
à nouveau le poème dans un portfolio comprenant trois lithographies
en couleurs du même artiste, format 60 x 90, accompagné d’une planche
reproduisant en fac-similé le manuscrit du poème et des croquis de
Cendrars, extraits d’un cahier inédit intitulé Le Retour, ainsi que de sept
feuilles, même format, reprenant soixante-trois dessins et études inspirées
par le poème. Le tirage était de 99 exemplaires.

Partito da Libau (Courland) per New York sul Birma, Cendrars ritornò in Europa sul Volturno. Scritta durante il viaggio, questa poesia non terminata è stata a lungo ignorata. Trovata da Miriam Cendrars, è stata pubblicata di un’edizione limitata a cura di Fata Morgana nel 1989. 27 esemplari con un disegno originale firmato sul frontespizio di Pierre Alechinsky. Alla fine dello stesso anno pubblica Atelier Clot, la poesia è riproposta in una cartella comprendente tre litografie a colori dello stesso artista, formato 60 x 90, corredato di tavole che riproducono in facsimile il manoscritto della poesia e con bozzetti dello stesso Cendrars, estratti da un taccuino inedito intitolato Le Retour, nonché sette fogli, stesso formato, contenenti sessantatré disegni e studi ispirati dalla poesia. La tiratura complessiva è stata di 99 copie.

Le traduzioni nel testo sono dell’autore, Francesco Forlani
Immagine copertina: da Repubblica.